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Eurolega, svolta in stile NBA: sì al salary cap, ma tra fasce ed eccezioni si rischia un buco nell'acqua

L'ECA ha diramato una nota con la quale annuncia l'arrivo di un nuovo sistema di sostenibilità finanziaria dei club di Eurolega. Ma già emergono le possibili "fallle".

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

L’NBA oggi è un po’ più vicina. Perché nella galassia Euroleague è sbarcato il salary cap e la mossa sembra improntata appunto a rendere la principale lega europea quanto di più simile a ciò che possa farla sembrare quella americana. Una svolta attesa da tempo, anche perché oggettivamente la disparità di valori era fin troppo elevata e tale da consegnare alla final four annuale sempre (o quasi) le solite note. E sebbene non è detto che cambierà chissà cosa (i valori di forza potrebbero anche restare tali), di sicuro per le big del vecchio continente qualche regola più stringente potrebbe finire per provocare piccoli scossoni non di poco conto.

Tre fasce di spesa, un occhio alla gestione dei ricavi

L’ECA, il board che detiene i diritti e al quale spetta l’organizzazione della stagione di Eurolega, ha spiegato quelle che sono le prime regole legate alla nuova formula del salary cap, denominata Competitive Balance Standards (CBS), che entrerà ufficialmente in vigore a partire dalla stagione 2027-28. E che terrà conto inizialmente dei ricavi medi delle ultime due stagioni, puntando soprattutto a fare in modo che la gestione e le finanze del club siano ricompensati dagli introiti, ancorché dai patrimoni dei legittimi proprietari.

La vera novità però risiederà nella volontà di promuovere sostenibilità ed equilibrio competitivo stabilendo fasce di spesa dei giocatori che siano uguali per tutte le squadre in gara, sulla base dei ricavi generati collettivamente dai club”. Questo verrà fatto attraverso tre fasce differenti, in base al valore attuale e a i ricavi generati da ogni singola squadra: si va da una fase “low” che impone che il 32% netto dei ricavi dovrà essere speso per la costruzione del roster, salendo poi a un livello “base” del 40% e uno “high” del 60%.

Per stabilire quale fascia ospiterà ogni club si terrà conto appunto dei ricavi commerciali generati nell’arco di due stagioni, che concorrono con sponsor, biglietti e altre attività legate alla promozione della squadra. Un gioco che piacerà soprattutto ai giocatori, che se faranno crescere i ricavi di un club potranno ambire a ricevere più soldi (proprio come avviene in NBA da decenni).

Luxury tax per chi sfora: cifre tutte da verificare

Cosa succederà però a chi sforerà i tetti previsti dalla rispettiva fascia di appartenenza? L’ECA ha stabilito una vera e propria luxury tax, che colpirà in base a fasce percentuali che vanno da 50 centesimi per ogni euro speso oltre la soglia del 10% di quanto consentito fino a 6 euro per ogni euro speso oltre la soglia del 130%.

Chiaramente però la stessa ECA dovrà tenere conto in fase di valutazione della singola tassazione di ogni paese: è forse questa la vera discrepanza con il meccanismo utilizzato in NBA, perché inevitabilmente finirà per produrre qualche differenza in base alla nazione dove risiede il club che partecipa all’Eurolega. Nella sostanza però gli scostamenti dovrebbero essere abbastanza minimi, contribuendo a riequilibrare un sistema che nelle ultime settimane ha dimostrato quanto fosse necessario arrivare a un punto di svolta, impedendo spese faraoniche destinate a incidere profondamente sulla stagione alle porte.

Spese folli, adesso basta: in Grecia cosa diranno?

Qualche esempio pratico? Sebbene in Grecia l’economia non sia tra le più floride d’Europa, i due club che partecipano con licenza pluriennale al torneo (Olympiakos e Panathinaikos) hanno investito budget enormi (oltre 30 milioni di euro) per allestire i roster 2024-25, aumentando sensibilmente il gap con le rivali.

Anche Real Madrid e Fenerbahce hanno trascorso l’estate a fare compere a prezzi non propriamente di saldo, tanto che al netto degli sforzi fatti da club come Olimpia, Virtus, Monaco, Maccabi e altri ancora per provare ad alzare il proprio livello, la sensazione è che la differenza rispetto al recente passato possa rivelarsi ancora maggiore. L’ECA ha tutto l’interesse a rendere Euroleague un torneo più incerto, combattuto ed equilibrato: da qui la necessità di mettere mano alle regole, anche se non mancano le “zone d’ombra”.

Occhio alle eccezioni: dov’è che il sistema potrebbe fare acqua

Tra le prime critiche mosse al nuovo sistema ci sono quelle relative alle cosiddette “eccezioni”: il comunicato spiega infatti che non verranno considerati all’interno del salary cap tutti i singoli giocatori a roster, poiché nel caso in cui un club rientri nella fascia media (“base”) ci saranno due elementi che saranno considerati “anchors players”, cioè le stelle più pagate, che non faranno parte del conteggio del salary cup. Non finiranno nel computo neppure gli elementi Under 23, quelli infortunati da almeno due mesi e soprattutto gli “extended tenure players”, ovvero quei giocatori che giocano da almeno tre anni nella stessa squadra, per i quali verrà conteggiato solo il 25% del totale remunerato.

Inoltre c’è da capire bene cosa s’intende per “medium range exception”: l’ECA l’ha definita come “l’intero salario di un giocatore per squadra, basato su una percentuale minima e massima della fascia “base”. Nel caso della fascia “high”, i due anchors players verrebbero nuovamente conteggiati nel computo. Insomma, salary cap si, ma occhio agli escamotage.

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