Mattia Furlani, azzurro del salto in lungo si è raccontato in un’intervista a Gazzetta Dello Sport dopo il suo incredibile salto a 8.44, misura purtroppo non omologata a causa di una bava di vento di troppo.
Mattia Furlani e quel balzo che promette bene
Fulani, classe 2005 nonostante quel salto non si è montato la testa, anzi ci tiene a ribadire come la misura non valga molto. «L’.8.44 è grandissimo, ma non vale ancora niente, perché le misure bisogna farle al posto giusto e al momento giusto». Furlani, che ha preferito il lungo al salto in alto è seguito da mamma Kathy e da papà Marcello entrambi ex atleti che l’anno avvicinato allo sport. «Papà è un atleta, mamma pure. Sono in pedana praticamente da sempre».
Gli inizi con il basket
Prima di iniziare con l’atletica c’è stato spazio per la pallacanestro come racconta a Gazzetta dello Sport. «Cinque anni di basket, dagli 8 ai 13. Giocavo guardia, ma ero fragili, se avessi continuato non sarei stato un super eroe. Come Kobe Bryant, il mio preferito. A un certo punto ho dovuto scegliere e ovviamente ho scelto l’atletica». Dal campo di basket alla pedana con un idolo dell’alto, ovvero Barshim visto che agli inizi, seguendo le orme del padre aveva scelto l’alto.
Gli obiettivi del futuro
Furlani, che dal 2022 ha scelto di concentrarsi solo sul salto in alto ora si prepara a una annata lunga. Ad agosto gli Europei Juniores a Gerusalemme e i poi i Mondiali di Budapest. «Budapest è una finestrella in un percorso. Certo darò il massimo, con la mentalità di chi si sente di non valere meno degli alti ma non si sente superiore a nessuno. Spavelderia e umiltà».