Può il cambio di una maglia svoltare la carriera di un giocatore? Chiedere a Moise Bioty Kean. La tripletta contro il Verona è solo il punto esclamativo su un inizio di stagione da incorniciare per chi era un predestinato ma che nelle ultime annate sembrava più che altro destinato a un ruolo da comprimario nel calcio che conta. Ed invece gli è bastato svestire la maglia pesantissima della Juventus e indossare quella più leggera, sicuramente con meno pressione della Fiorentina, per riscoprirsi protagonista.
Come quando nelle giovanili bianconere bruciava le tappe e le categorie con lo strapotere fisico e tecnico che faceva intravedere in lui doti e geni da campione. Confermati nelle prime apparizioni, giovanissimi, in prima squadra ma che poi col tempo avevano perso smalto. “A Torino ero precipitato nel buio, a Firenze sono tornato a rivedere le stelle” dirà Moise che a suon di gol si è ripreso pure la maglia azzurra dove contende una maglia da titolare a Retegui.
Contro il Verona tre sigilli, uno più bello dell’altro sfoderando tutto il campionario: un inserimento perfetto e tiro sul primo palo al pronti-via; una zampata sotto porta su calcio d’angolo in avvio di ripresa e poi la ciliegina sulla torta con progressione in contropiede, rientro sul piede destro a disorientare l’avversario e conclusione perentoria nell’angolo e di potenza che non lascia scampo a Montipò. Kean è rinato, come l’araba fenice e ora che ha ritrovato gol e serenità non si pone limiti.