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Flavio Roda si difende dopo la caduta di Brignone: "La montagna non è uno stadio di calcio, il rischio fa parte del gioco"

Il presidente federale attacca coloro che hanno criticato la FISI e la poca sicurezza dopo l'ennesimo infortunio grave. "Questa è la montagna, solo chi la vive può capire"

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Sarà stato lo shock per l’infortunio (gravissimo) occorso a Federica Brignone, o forse quella triste abitudine di dove raccontare ormai troppo spesso di cadute e operazioni che riguardano da vicino anche le più grandi atlete del circo bianco. Ma Flavio Roda, presidente FISI, stavolta ha voluto metterci un carico da undici sopra. Perché è inaccettabile (e ha ragione di pensarlo) trasformare soprattutto il mondo dei social nella piazza ideale per accusare il sistema, soprattutto in tema di sicurezza. Soprattutto, spiega il presidente federale, dopo quanto è stato fatto per garantire l’incolumità degli atleti nel recente passato.

La sicurezza non si discute: “Fatti progressi enormi”

Roda è chiaramente scioccato per quel che è capitato a Federica Brignone. Ma riesce perfettamente a individuare chi, a suo dire, non dovrebbe permettersi di sputare fatti solo per la rabbia o la frustrazione del momento. “Non si può trasformare la montagna in uno stadio di calcio, dichiara il presidente, alludendo evidentemente alle abitudini un po’ più “rissose” degli habitué del pallone.

“La verità è che chi accusa la FISI di non aver fatto abbastanza per garantire la sicurezza degli atleti non sa quello che dice. Sia a livello nazionale che in ambito FIS, quindi nelle gare internazionali, le piste sono preparate benissimo da professionisti che non lasciano niente al caso. La cura del fondo, la barratura (se necessaria) e le reti moltiplicate nel corso degli anni hanno evitato spesso e volentieri danni molto più grandi.

L’adozione da parte degli atleti dell’airbag e delle tute antitaglio è stato un ulteriore passo evolutivo verso una sicurezza sempre maggiore, unitamente alla preparazione fisica degli stessi che oggi è all’avanguardia. Detto ciò, il rischio zero non esiste: lo sci è uno sport outodoor, svolto in un ambiente naturale che presenta irregolarità e imperfezioni. E soprattutto si basa sulla velocità, che non è controllabile al 100% da nessun atleta”.

Amara verità: “Una minima percentuale di rischio va accettata”

Roda è il primo ad essere abbattuto per quanto è capitato alla fuoriclasse di La Salle. Ma è anche il primo a sapere che episodi come questo, al netto di tutte le precauzioni che si possono prendere, possono capitare anche ai migliori interpreti della disciplina.

“Purtroppo un margine di rischio per chi pratica questo sport ci sarà sempre. La sicurezza però ha fatto passi da gigante, ed è stata trasferita anche in ambito turistico, per chi scia solo per divertimento. L’introduzione obbligatoria del casco, entrata ormai nell’uso comune, ne è un esempio.

In generale, chi ama la montagna e pratica sport all’aria aperta sa che una minima percentuale di rischio va accettata, e di sicuro non si mette a scrivere dietro una tastiera certe cose. Ogni incidente che capita per la FISI è una sconfitta: soffriamo con Fede, ma le staremo a fianco per cercarle di dare tutto il supporto possibile, come insegna la montagna”.

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