Francesca Schiavone si è ripresa e ha postato sui social quel video. Con poche frasi, scarne ed essenziali, ci ha comunicato quanto la malattia l’avesse provata, ma mai vinta. Mai. Rivederla nelle immagini e negli scatti di questo nuovo momento di incontro condiviso tra i chiostri della Società Umanitaria emoziona. E impone dei quesiti nuovi, per il vigore con cui la tennista che per prima ha conquistato il Roland Garros tra le nostre, narra la lotta contro il tumore. E come abbia modificato la sua vita, la sua famiglia.
“Ho vissuto la malattia sulla mia pelle. Ci sono giorni in cui ti senti a terra, stramazzata. Ma poi la forza la trovi. E ricominci”, racconta al convegno “Stare insieme fa bene” organizzato da Casa Amica, da 35 anni accoglienza e solidarietà per i malati che migrano per curarsi.
Con lei, come ricorda Il Corriere della Sera, ci sono il professor Filippo De Braud e la dottoressa Laura Gangeri, esperta di psico-oncologia. “I sintomi sono la prima cosa che percepisci, una grandissima stanchezza e un mal di pancia continuo. Ti chiedi: cosa mi sta succedendo?. La prevenzione è fondamentale, va ricordato; ma la malattia ti porta a contatto con te stesso. Entri in uno stato improvviso, nessuno ti avvisa. E a quel punto sono molto importanti le persone che ti stanno accanto nelle cure: medici, infermieri, psicologi, famiglia… Diventi una squadra. Cure e affetti. L’unione fa sempre la forza”, ha affermato Francesca.
Le cure
“Dopo le cure devi fare delle scelte: io adesso non posso giocare a tennis, non posso correre. Per me ex atleta sono sacrifici. Però a quel punto inizia qualcosa di nuovo, di altro: impari della vita e di te cose che non pensavi di sapere”. La Schiavone è provata fisicamente, ma oltre ai capelli stanno ricrescendo la speranza e il sorriso: in attesa di poter tornare ad allenare, sta scrivendo un libro sull’esperienza della malattia.
Mamma e figlia, lottare insieme
Una prova che ha travolto la sua famiglia e non solo per la sua drammatica scoperta: “Ho avuto la fortuna/sfortuna che si ammalasse mamma prima di me. Papà naturalmente è impazzito: la moglie, poi la figlia… Ma a me la malattia di mamma ha insegnato tanto. Attraverso di lei mi sono resa conto di quanto importante fosse la mia presenza e, quando è toccato a me, la sua durante la mia malattia. Ci siamo sentite interconnesse. Questa esperienza mi ha aiutato ad affrontare la situazione con coraggio e a vedere le cose più chiaramente: bisogna investire sulle strutture, servono più letti. Tante volte per la chemioterapia stai dentro cinque ore, anche dieci, da sola. Servono più infermieri, più opportunità di curare e, quindi, dare vita”.
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