“Ecco se dicessi che non mi han capito sarebbe come cercare anche una via d’uscita, un alibi, una scappatoia. Sinceramente non mi interessa. So molto bene invece quanto sia importante l’intesa, quanto sia importante la connessione calcistica tra l’allenatore, nel mio caso, e il dirigente”. Marco Giampaolo è sempre stato un allenatore divisivo: un maestro incompreso per taluni, un tecnico sopravvalutato per altri. Intervistato da Rds Radio serie A il nocchiero del Lecce si confessa.
La grande delusione della Juventus
Il suo più grande rimpianto si chiama Juventus: sedotto e abbandonato dalla Signora Giampaolo: “Nel 2009 dovevo andare alla Juve, è risaputo, ma ero giovane e non ero stato un grande calciatore, ero semi sconosciuto e poter avere quella occasione era qualcosa di impensabile. La delusione fu tanta, ma ho cercato di dimenticare. Per alcuni le vicissitudini negative che ho affrontato erano figlie di quella delusione, ma non è così”.
Esploso ad Ascoli per Giampaolo tanti alti e bassi ma pochi rimpianti: “Nella mia carriera ho fatto quello che ho fatto, ho sfiorato una grande squadra e nell’altra mi hanno mandato via. Penso che non avrò più l’opportunità di allenare una big, quindi farò questo mestiere fino a quando ne avrò. Dopo mi dedicherò ai ragazzi di casa mia”.
L’esperienza al Milan
La big che l’ha mandato via è il Milan: durò poche giornate sulla panchina rossonera ma non porta rancori: “Mi sono portato dietro la grande professionalità dei calciatori che mi sono sempre venuti dietro, la loro disponibilità a fare le cose, non ho mai sentito la squadra distante. Calhanoglu era forte glielo dicevo sempre, gli dicevo che poteva diventare un grande play davanti alla difesa ma non era convinto, non era pronto, preferiva giocare mezzala, cosa che ha fatto anche anni dopo prima di cambiare ruolo”
Giampaolo maestro incompreso
Lui non si sente un maestro: “Dipende dall’accezione che si dà al termine, se in senso di rispetto e se ti prendono in giro. Non mi sento un maestro, al massimo organizzo le squadre allargando il mio lavoro a tutta la rosa e non solo agli undici in campo. Non mi ci sono mai riconosciuto in questo termine. Sono uno che ha cercato sempre di non fermarsi. Oggi ho ritrovato un calcio molto diverso rispetto a quello di due, tre o quattro anni fa. Sono stato due anni a casa e non mi sono annoiato.
Nel primo anno ho fatto altro senza pensare al calcio, poi non ho fatto altro che aspettare una chiamata che per rimettermi in gioco. Mi sono preparato, studiavo, mi aggiornavo per farmi trovare pronto. L’obiettivo è salvarsi il prima possibile, ma il campionato è durissimo e la lotta è bella tosta”.