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Il calcio italiano piange Alberto Michelotti

L'ex arbitro internazionale è scomparso a Parma a 91 anni: l'amore per la lirica, il Mondiale sfiorato e quell'omaggio dei tifosi del Napoli.

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Il calcio italiano piange Alberto Michelotti Fonte: Getty Images

Il calcio italiano e il mondo arbitrale in particolare piangono la scomparsa di Alberto Michelotti.

Uno dei fischietti italiani più famosi e apprezzati anche a livello internazionale è scomparso a 91 anni a Parma, sua città natale. Era ricoverato da qualche tempo presso l’Ospedale Maggiore.

Michelotti ha diretto in Serie A 145 gare, dal 1968 al 1981, 115 di Serie B, tre finali di Coppa Italia (1975, 1980 e 1981) e 86 gare internazionali, tra le quali due match dei Giochi olimpici di Montreal 1976, il ritorno della finale di Coppa Uefa del 1979 tra Borussia Mönchengladbach e Stella Rossa e la gara inaugurale degli Europei 1980 tra Germania Ovest e Cecoslovacchia.

Due anni prima sfiorò la partecipazione al Mondiale 1978, ma con un solo posto a disposizione per l’Italia gli fu preferito Sergio Gonella, che avrebbe poi diretto la finale Argentina-Olanda.

Dotato di un fisico imponente, ma anche di una personalità molto forte, Michelotti è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2020.

Celebre il saluto che gli tributartono i tifosi del Napoli prima della sua ultma partita della carriera, il 17 maggio 1981 contro la Juventus, quando sulle tribune del San Paolo fu srotolato lo striscione “Alberto, tu si ‘na cosa grande”, inusuale, per l’epoca e non solo, per un arbitro.

Michelotti è poi rimasto nel mondo del calcio come opinionista nelle emittenti private di Parma per commentare le vicende della squadra.

Grande appassionato di lirica e in particolare della musica verdiana, Michelotti era uno dei membri del prestigioso ‘Club dei 27’, associazione composta da 27 persone che rappresentano un’opera del musicista di Busseto. Per sé aveva scelto il ‘Don Carlo’. 

Questo il ricardo del Parma sul sito ufficiale del club: “Michelotti era un figlio dell’Oltretorrente, il quartiere della vecchia Parma, dove era nato, era cresciuto e ha vissuto. È stato uno degli autentici simboli della parmigianità, quella sanguigna, combattente, impetuosa e passionale, che la storica maglia bianca con la croce nera incarna. Lui, lo sottolineava sempre, con le sue battute in vero dialetto pramzàn”.

 

 

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