Virgilio Sport

Il Pagellone del Giro d'Italia 2025: Yates, un premio al coraggio. Pedersen e Van Aert veri fuoriclasse, Ayuso e Roglic bocciati

La corsa rosa numero 108 ha emesso i suoi verdetti: Del Toro s'è rivelato al mondo, ma dovrà capire bene cosa vorrà fare da grande. Tiberi e Ciccone sfortunati, ma questa era una grossa occasione...

Pubblicato:

Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Da Durazzo a Roma la strada è stata lunga e impervia, e tanti corridori non sono riusciti a tagliare l’ultima retta d’arrivo. Ma il Giro d’Italia edizione 108, quello tanto bistrattato per via dell’assenza dei big conclamati del mondo del pedale (che si daranno tutti battaglia al Delfinato a partire dal prossimo week-end) e soprattutto criticato per via di un percorso definito troppo poco selettivo sino all’ultima settimana, i suoi tanti responsi e verdetti li ha emessi. Tanto che a qualcuno è andato persino di traverso, con ripercussioni anche sul futuro a lungo termine. Un pagellone è quello che ci vuole per provare a riassumere tutto ciò che è stato.

  • SIMON YATES 10: impossibile non partire da chi la maglia rosa la inseguiva da 7 lunghi anni. E il destino ha voluto che quel Colle delle Finestre che gliel’aveva sottratta gliel’ha restituita sotto forma di premio alla dedizione e all’astuzia. La birra da pagare a Van Aert è un dazio tutto sommato equo, con la tattica Visma perfetta nell’ultima tappa. Ma Simon c’ha messo molto del suo: guardingo e quasi nascosto per 19 tappe, alla 20esima ha deciso di sparare il colpo, e ha centrato mirabilmente il bersaglio. Ha avuto coraggio e sfrontatezza e ha avuto pienamente ragione lui. Adesso il conto col destino è definitivamente estinto.
  • MADS PEDERSEN 9: un paio di volate per strada l’ha lasciate, altrimenti sarebbe stato un cannibale alla Merckx. In un Giro povero di velocisti, con Milan e Philipsen con la testa già rivolta al Tour, il danese ha sfruttato l’occasione e s’è preso la ribalta con pieno merito. Quando batté Trentin al mondiale nel 2018 molti dissero che l’italiano s’era fatto fregare da un ragazzino. Beh, quel ragazzino è cresciuto tanto. E merita solo elogi.
  • ISAAC DEL TORO 8: da gregario a capitano “sul campo”, per meriti acquisiti. Favoloso sulle tappe mosse, scaltro nel prendere abbuoni ovunque, ma alla fine “sacrificato” sull’altare di un Giro che ha perso quando il più sembrava fatto. Ma occhio a dire che ha sbagliato a marcare solo Carapaz e non Yates: se l’avesse seguito, probabilmente sarebbe andato fuori giri. Ha 21 anni e un futuro importante davanti, sebbene tutto da decifrare. La lezione gli servirà, ma il secondo posto rimane tanta roba. E con una squadra in grado di sostenerlo, chissà come sarebbe potuta andare (spoiler: probabilmente, alla stessa maniera di come è andata).
  • WOUT VAN AERT 8: il pessimo avvio di Giro aveva fatto temere che potesse anche tagliare la corda e salutare tutti dopo una settimana. Ma proprio l’ultimo giorno della prima settimana è diventato lo spartiacque: da Gubbio è ripartito trasformato (la mattina aveva ricevuto la visita dei genitori prima della partenza) ed è scattato qualcosa che solo certi campioni sanno di avere. A Siena ha vinto alla grande domando gli sterrati e la salita di Santa Caterina, poi poco prima di salire al Sestriere ha preso per mano Yates e l’ha trascinato di forza sul primo gradino del podio. Uno così farebbe comodo a Vingegaard anche sulle strade del Tour: gregario a chi?
  • LORENZO FORTUNATO 7,5: voleva la maglia azzurra di leader della classifica degli scalatori e se l’è presa. Quando ha scortato Scaroni sul traguardo di Brentonico ha dimostrato di essere anche un vero compagno di squadra, non uno di quelli che vuole tutto per sé. Ha rinunciato a una tappa, ma ha guadagnato la stima e la simpatia di tutti. Che non è mai poco.
  • GIULIO PELLIZZARI 7,5: chiamato per fare da gregario a Roglic, quando lo sloveno s’è ritirato ci si è accorti che il ritardo che aveva in classifica era proprio figlio dei compiti che la squadra gli aveva assegnato. Chissà se sarebbero cambiate le cose, qualora fosse stato realmente in gioco per la maglia rosa. È mancato un po’ nelle ultime tappe alpine, ma alla fine ha chiuso sesto, che per uno che ha fatto da gregario per due terzi di corsa è tanta, anzi tantissima roba.
  • DAMIANO CARUSO 7: se davvero è stato l’ultimo Giro, Damiano l’ha onorato come meglio non avrebbe potuto. La top 5 finale vale tanto e lo consacra a una sorta di totem per i tanti giovani italiani che da lui avrebbero solo da imparare. Con Tiberi avrebbe fatto un lavoro più da gregario, ma la sorte ha deciso che questo non sarebbe stato il Giro di Antonio.
  • DEREK GEE 7: il quarto posto finale è un signor risultato, anche se poi Gee, al netto di un “balletto” con Carapaz e Del Toro nella tappa conclusiva (li riprendeva ogni volta che loro si marcavano e si fermavano), non s’è mai fatto notare troppo. Silenziosamente quarto, che non era una cosa tanto scontata prima di cominciare.
  • EGAN BERNAL 6,5: a tratti è sembrato quello di un tempo, e questo ha fatto felici tante persone. Poi s’è un po’ smarrito nelle ultime tappe tra cadute e altri acciacchi, ma se questo era un test, il colombiano può dire di averlo superato. Se sarà ancora competitivo per vincere un grande giro, questa resta un’incognita assai maggiore.
  • ANTONIO TIBERI 5,5: ha un’attenuante, quella di essere arrivato al Giro in condizioni non ottimali dopo il ritiro al Tour of the Alps. In Albania è andato discretamente, nelle prime salite e sugli sterrati ha tenuto, poi onestamente ha pagato dazio a una condizione che non c’era e a una caduta che l’ha messo ancor più spalle al muro. E ha finito per alzare bandiera bianca: è giovane, ma non giovanissimo. E il tempo per un ciclista passa veloce…
  • RICHARD CARAPAZ 5: arrivati ai piedi della Alpi, tutti avrebbero scommesso su Richie come l’uomo maggiormente indiziato di arrivare a Roma vestito di rosa. Invece nelle tappe che avrebbero dovuto vederlo fare la differenza, ecco che Carapaz s’è come bloccato: Del Toro ha battezzato la sua ruota e gli ha tolto sicurezze, innervosendolo. Però il vero problema è che le gambe che tanto bene erano andate nelle prime due settimane, di colpo sono sembrate indurirsi. E sulle salite “vere” lui non ha fatto la differenza. Il “balletto” lungo il Colle delle Finestre ha fatto il resto: non ha fatto vincere il Giro a Del Toro, ma non l’ha vinto nemmeno lui. Sicuri che “mal comune, mezzo gaudio” sia un bello stato d’animo?
  • PRIMOZ ROGLIC 5: al solito è indecifrabile la prestazione di Roglic. Che in Albania ha preso anche la maglia rosa per un giorno dopo una signora crono, ma che non appena ha rimesso piede in Italia ha cominciato a sbandare, mettere piedi e ginocchi a terra e perdere lucidità (è caduto anche nella ricognizione della crono di Pisa). A 36 anni, non ci saranno molte altre opportunità come questa: Roglic ama più la Vuelta che le corse in primavera, ma continua a buttarsi via da solo.
  • JUAN AYUSO 4,5: alla fine è stato anche sfortunato, perché la puntura di un calabrone è sembrata l’ultimo flagello fantozziano per un corridore che già le aveva viste e vissute di ogni colore. La caduta sugli sterrati, con tre punti di sutura, era stato il primo segnale di resa. Poi, una volta deciso di andare fuori classifica (per aiutare Del Toro), il ritiro obbligato con un occhio completamente fuori uso. Ma questo doveva essere il Giro della consacrazione di Ayuso, e invece è diventato probabilmente il Giro che l’ha messo alla porta dalla UAE, che in futuro pare decisa a puntare su Del Toro quando Pogacar deciderà di saltare qualche corsa a tappe di rilievo. E da Del Toro questa versione di Ayuso le ha prese abbastanza nitidamente anche quando stava bene.
  • GIULIO CICCONE senza voto: anche per lui questo era un Giro importante, ma la sorte non lo ha assistito. La Lidl Trek ha dominato la prima settimana, quella nella quale lui ha fatto (benone) il gregario per Pedersen. Quando era il suo momento, il destino ha avuto altri piani. A 30 anni, anche per lui le lancette scorrono veloci…
  • RCS SPORT 4: alla fine l’azione di Yates ha salvato un Giro che altrimenti sarebbe passato alla storia per quello che tutti già sapevano, cioè per un percorso troppo soft nelle prime due settimane che non ha offerto tutti questi spunti di fantasia. Anche se Del Toro s’era impegnato a renderlo vibrante, alimentando anche il dualismo in casa UAE con Ayuso. La vera colpa è aver messo gran belle salite troppo distanti dal traguardo. Tanto che l’unica dove aveva senso scattare e fare la differenza (il Colle delle Finestre) alla fine s’è rivelata tale. L’addio di Mauro Vegni non sembra una brutta notizia: chiunque verrà al suo posto, abbia il coraggio di far prevalere l’aspetto tecnico al semplice “ammiccamento” per avere i nomi più importanti. Che se il percorso merita, poi verranno da sé…

Leggi anche:

HeyLight

ULTIME GALLERY

ULTIME NOTIZIE

SPORTS IN TV
E IN STREAMING

GUIDA TV:
Eventi sportivi in diretta tv oggi

SPORT TREND

Caricamento contenuti...