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Intervista esclusiva a Massimo Agostini, il Condor col Napoli nel cuore: "Boskov, Carmando e quel gol al Milan"

In vista di Napoli-Union Berlino, ennesima sfida tra i partenopei e una tedesca, abbiamo chiesto al “Condor”, Massimo Agostini, di raccontare le sue partite all’ombra del Vesuvio

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Pasquale Guardascione

Pasquale Guardascione

Giornalista

Da 30 anni racconta lo sport e la cronaca per diversi giornali ed emittenti, Per Virgilio Sport è lui che va a scovare i campioni del passato e con le sue interviste li riporta sul terreno di gioco Per Virgilio Sport è lui che va a scovare i campioni del passato, o emigrati all'estero a cercare fortuna e con le sue interviste li riporta sul terreno di gioco

Il Napoli affronterà questa sera l’Union Berlino in Champions League. Le compagini tedesche sono sempre state un avversario piuttosto ostico per le formazioni italiane in generale. Chi, con la maglia azzurra, le conosce bene è il “Condor” Massimo Agostini che all’ombra del Vesuvio ha giocato due campionati. In Coppa Uefa nella stagione 1994-’95 il Napoli superò i primi due turni eliminando Skonto Riga e Boavista ma, poi, non andò bene contro l’Eintracht Francoforte guidato da Heynches con Gaudino e Yeboah in campo.

“Furono due gare difficili dove perdemmo per 1-0 sia all’andata che al ritorno – dichiara Agostini -. Quegli anni lì le squadre tedesche e soprattutto l’Eintracht stava facendo bene e aveva atleti di qualità. Noi disputammo delle buone gare e prendemmo una rete un po’ stupida all’andata. Nel ritorno avevamo la possibilità di ribaltare il risultato ma non ci riuscimmo. A Napoli giocai solo mezz’ora, poi, ebbi un problema fisico sotto la pianta del piede nel momento di fare uno stop con la palla. Fummo sfortunati, però le squadre tedesche sono sempre state difficili da affrontare. Stasera il Napoli ha una buona possibilità per poter mettere le mani sul passaggio del turno. Anche se manca Osimhen ci sono Raspadori, che sta segnando con continuità, e Simeone che hanno tutte le caratteristiche per trascinare gli azzurri”.

Il “condor” mise a segno quell’annata in Coppa Uefa una doppietta nell’allora San Paolo al Boavista

“Pareggiammo 1-1 all’andata contro i portoghesi, un risultato che ci permise di guardare con un piglio diverso al match di ritorno a Napoli. Quella gara la volevamo vincere a tutti i costi ma non solo noi, era tutto l’ambiente che voleva passare il turno.

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Entrammo in campo determinati per non far giocare i nostri avversari. Facemmo un buon calcio e la chiudemmo dopo 35 minuti con due mie reti. Con i 70mila che c’erano sugli spalti la qualificazione la dovevamo centrare a tutti i costi”.

Anche quell’anno come adesso sulla panchina azzurra c’era un tecnico straniero: Vujadin Boskov

“Lui per noi rappresentava la tranquillità per poter giocare una partita di calcio di alto livello. Tutte le pressioni cercava di assorbirsele lui per farci stare tranquilli a noi per rendere meglio in campo. Boskov per me è stata una piacevole sorpresa. Per lui era importante che i calciatori stavano tranquilli perché in questo modo potevamo esprimere al meglio il calcio che ognuno di noi poteva dare. Poi, aveva concetti a livello tattico e di gioco straordinari. Nel primo anno solo per un minuto non andammo in Coppa Uefa perché l’Inter fece goal con Del Vecchio al 92’, nell’ultimo turno, se no noi quella stagione ci eravamo qualificati. L’anno dopo con una squadra ridimensionata ci salvammo. Fece in quei due anni un capolavoro”.

Il segreto oltre all’aspetto tattico e tecnico era la compattezza del gruppo

“Io mi divertivo tanto con il nostro massaggiatore Carmando. Per noi era l’allegria in persona. Quando andavamo in ritiro ad un certo orario dovevamo rientrare nelle nostre camere. Ci organizzavamo e c’era sempre uno di noi che si dirigeva prima verso le stanze. Passava dalla reception dell’hotel e si faceva dare il passpartout della camera di Carmando. Poi, entrava nella sua stanza e si nascondeva dentro l’armadio. In piena notte quando lui dormiva con un lenzuolo bianco sopra il capo ci coprivamo e ci mettevamo davanti alla spalliera del letto dalla parte dei piedi. Poi, cominciavamo a fare degli ululati. Carmando a quel punto accendeva la luce e vedeva questa persona con il lenzuolo addosso, mentre il resto della squadra era fuori alla porta a ridere. Aprivamo la porta e c’era Carmando attaccato alla spalliera a capo del letto con un’enorme paura in viso. Per noi questo era uno degli scherzi che facevamo nel ritiro del sabato sera che anticipava le partite della domenica. In questo modo stavamo tranquilli e rilassati. Ma in generale Carmando ci faceva stare bene a tutti. Il gruppo era questo, eravamo contenti di stare insieme anche per queste semplici cose”.

Nelle due stagioni in azzurro sono state 17 le reti realizzate da Agostini

“I più belli? Quello col Boavista in Coppa Uefa quando misi la palla ad incrocio – afferma -. Ma anche la rete da fuori area con il Padova anche se uno di pregevole fattura fu quello che realizzai di giovedì sera contro il Milan che ci permise di vincere per 1-0. Un goal da fuori area rasoterra a fil di palo che Sebastiano Rossi non riuscì a evitare. Nel secondo anno dopo 9 partite realizzai già quattro reti, poi, mi strappai e per quattro mesi ebbi problemi con il piede e questo condizionò molto la mia stagione”.

Oggi Agostini fa parte del Cesena che milita in Lega Pro

“Sono arrivato l’anno scorso con il gruppo americano che conosco da tanti anni e sono nel cda della società oltre a far parte dell’area sportiva. Mi sto divertendo tanto, stiamo facendo un buon lavoro e i tifosi sono splendidi. Quest’anno puntiamo a completarlo per provare ad andare in serie B. Siamo sulla buona strada anche se c’è da lavorare perché la Lega Pro è un campionato difficile con tante formazioni che puntano alla serie cadetta”.

Napoli è sempre nel cuore del condor

“E’ diversi anni che non riesco ad assistere ad una gara degli azzurri al Maradona. Ho degli amici che sento ancora oggi. Prima o poi, vorrei tornarci per vedere una partita del Napoli”.

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