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L’ex tennista Angelique Cauchy violentata per anni dall’allenatore: a 13 passi dall’inferno

La testimonianza shock di Angelique Cauchy e un'atroce storia di abusi. Lei era numero 2 al mondo tra le tenniste juniores, Andrew Geddes un allenatore 38enne oggi in carcere per violenze su altri quattro minori

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Angelique Cauchy, Andrew Geddes e una storia di violenza perpetrata per anni. Vittima e carnefice hanno tratti definiti e distintivi. Il tennis si infila nella vicenda perché per lei, Angelique, non c’era sogno più grande del diventare una tennista professionista mentre per lui il tennis era fonte di guadagno. Lo scricciolo e l’allenatore: 12 anni la piccola Cauchy, già adulto Geddes, per quel che significa esserlo se si tiene conto – solo e soltanto – di un documento di identità. La vicenda è stata ampiamente rendicontata dal quotidiano francese Le Figarò.

Quando lei ne aveva 15, lui era un trentottenne. Altro dettaglio: sia l’una che l’altro, per motivi diversi, si sono allontanati dal tennis. Cauchy ha 36 anni e un’altra vita, Geddes sta scontando in carcere una pena di 18 anni per altre storie di violenze ai danni di quattro minori tra i 12 e i 17 anni.

Si può smettere di avere paura del passato

Se non si può cancellare il passato, si può smettere di averne paura. Di subirlo. È quello che ha provato a fare Angelique, prendendo il coraggio a due mani e raccontando quello che – purtroppo – molte altre volte non si ha la forza di denunciare.

Violentata quasi 400 volte in un lasso di tempo relativamente breve, circoscritto in pochi anni. Cauchy era un prospetto importante del tennis transalpino: la numero 2 al mondo tra le juniores, una di quelle per cui il sogno e la realtà potevano arrivare a intersecarsi.

Il rapporto della commissione di inchiesta a dicembre

In Francia è diventato un caso così eclatante da indurre, fin dai primi racconti di Cauchy che sono datati, a dare vita a una commissione d’inchiesta avvallata dal Parlamento transalpino con l’intento di individuare e mettere al vaglio

i fallimenti operativi all’interno delle federazioni sportive, del movimento sportivo e degli organi di governo dello sport.

Il rapporto della commissione d’inchiesta francese è atteso a dicembre e, in questo lasso di tempo, verranno esaminati altri casi simili, come quello dell’ex pattinatrice Sarah Abitbol, ​anch’ella abusata – ancorché minorenne – dal suo ex allenatore.

5 settembre, Parigi, Palazzo Borbone

Quando, lo scorso 5 settembre, ha riferito nuovamente i dettagli di questo orrore, era proprio di fronte ai membri di quella commissione di inchiesta, riunita a Parigi, Palazzo Borbone:

È accaduto subito, pochi mesi, nemmeno un paio.

Le frasi che ha riportato sono nette, i ricordi lucidissimi.

Lei a lui:

Non dovresti, non è giusto, non voglio.

La risposta:

Questo accade spesso con le relazioni allenatore/allievo. Passiamo così tanto tempo insieme, è normale

L’inferno di La Baule-Escoublac

I ritiri lontano da casa, a La Baule-Escoublac, dove la famiglia non poteva vedere né sapere, sono purtroppo indelebili:

Sono state le due settimane peggiori della mia vita, mi violentava tre volte al giorno. La prima notte mi ha chiesto di andare nella sua stanza e non l’ho fatto: è entrato lui nella mia. Ero prigioniera. Le sere successive, per quanto possa sembrare folle, ci sono andata da sola. Dalla mia alla sua stanza: 13 passi per andare a farmi violentare

Qualcuno sapeva: “Ma ci porta i titoli”

Fa scalpore anche quello che sostiene in merito alle reazioni dell’universo tennistico francese:

Nel mondo del tennis si sapeva. C’era chi diceva: sta con, esce con… Ma a 38 anni non esci con una quindicenne e non la trascini con te.

La versione di Cauchy è che qualcuno avesse avvertito il club in cui allenava Gueddes ma la risposta sarebbe stata choccante perché presuppone se ne conoscessero i “metodi”:

Si ma ci porta i titoli.

Ha pensato al suicidio, poi è stato solo coraggio

Il suicidio quale pensiero ricorrente per uscire da un inferno, anni e anni di silenzio, un percorso (di crescita, sportivo, di vita) compromesso e per certi versi frantumato.

Avevo un taccuino con gli autografi dei giocatori del PSG che vedevo a Camp des Loges. Tra i fogli ho scritto: non ce la faccio più, deve finire, farò smettere tutto. Ho pensato di uccidermi. Per terrorizzarmi mi ha anche detto che avevo l’Aids: ho pensato che fosse così fino ai 18 anni.

Un controllo medico, successivamente, le rivelò di non essere mai stata infettata.

Poi la necessità di far sapere, denunciare ogni cosa spinta, probabilmente, anche dal realismo dei fatti: aver scoperto, per i procedimenti giudiziari di Gueddes, di non essere stata l’unica.

Casi anomali, rari, taciuti o celati

Si tratta di una vicenda di violenze che ha reso palesi i risvolti atroci (per fortuna casi anomali e rari, purtroppo in molti casi taciuti) che si possono celare dietro ciascun contesto nel quale arrivano a interagire generazioni che si danno decine di anni di differenza.

Il dramma è che spesso vicende di questo tipo, che interessano lo sport giovanile, vengono ignorate, non colte. Restano in una terra desolante: sconosciute o celate (e capire quale delle due casistiche sia peggiore è difficile).

Il caso italiano: Sara Ventura

La guardia deve restare altissima e nessuno pensare che vi siano prerogative che interessano e riguardano solo gli altri. Né isolati né circoscritti: dagli abusi nella ginnastica a quelli che hanno interessato il basket, in tempi recenti ne sono emersi più di uno. Tra essi, anche un episodio legato al tennis nazionale: un caso simile, infatti, è salito alle cronache anche in Italia pochi mesi fa. Anche in quel frangente, il contesto di riferimento era quello tennistico. Sara Ventura oggi è una professionista affermata, anche lei impegnata in ambiti che nulla hanno più a che vedere con la racchetta.

Oggi ha 47 anni ma è stata una ragazzina dal grande talento. Tra le migliori tenniste adolescenti italiane, per coltivare ambizioni legittime e una carriera agonistica di alto livello si trasferì da Cologno al Serio a Roma. Ha vinto 15 titoli nazionali ma le cicatrici sono insanabili:

“Ho subito abusi di ogni tipo. Anche sessuali, diverse volte. Avevo 13 anni. Le più grandi mi dicevano: eh sì, funziona così, ci siamo passate anche noi.

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