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Schumacher 5 anni dopo: il ricordo commosso di Montezemolo

Aneddoti e ricordi dell'ex presidente della Ferrari.

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Schumacher 5 anni dopo: il ricordo commosso di Montezemolo Fonte: ANSA

A pochi giorni dal cinquantesimo compleanno di Michael Schumacher, e a 5 anni esatti dal maledetto incidente sugli sci a Meribel del 29 dicembre 2013, l’ex presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo in una intervista al Quotidiano Nazionale ha ripercorso gli anni leggendari dei cinque titoli di fila conquistati dalla casa di Maranello con il formidabile tedesco al volante.

“Con lui abbiamo vinto e rivinto tutto, più volte. Il nostro rapporto si era presto trasformato in amicizia personale… Condivido la scelta del riserbo voluta dalla famiglia sulle sue condizioni. Sono in contatto con Corinna, ho visitato il museo di Kerpen, spero in buone notizie e auguro a suo figlio Mick di ripetere anche soltanto in parte le imprese del padre”.

Il ricordo commosso di Montezemolo dell’uomo Schumacher: “Forse sorprenderò, ma la prima cosa che mi viene in mente, a proposito di Schumi, non riguarda il pilota. Ma l’uomo di famiglia. Era nato da poco Mick, il secondogenito. Vennero in vacanza a casa mia tutti gli Schumacher. Era estate, tempo di zanzare. Beh, ogni cinque minuti Michael correva a controllare se per caso il bambino era stato punto dagli insetti! Mi colpiva la sua attenzione maniacale ai dettagli. Con Schumi ti rendevi conto che il particolare più piccolo era comunque fondamentale. A parte l’immenso talento al volante, io credo che lui abbia lasciato una traccia nel DNA. della Ferrari”.

La sua precisione maniacale l’ha reso il più forte di sempre in F1: “Era spesso a Maranello per i test, che allora non erano limitati. Siccome andava sempre a giocare a calcetto con i meccanici e poi a mangiare la pizza, non amava far vedere che rientrava in hotel a tarda ora. Così mi chiese di poter usare l’appartamento che Enzo Ferrari aveva fatto costruire accanto alla pista di Fiorano. Facemmo anche allestire una palestra perché era ossessionato dalla efficienza fisica. Così gli sistemammo un garage per i suoi allenamenti”.

La vittoria comunque non arrivò subito: “Era sempre coerente con sè stesso anche nei momenti di difficoltà, che non mancarono. Oggi giustamente si ricordano le vittorie, ma lui ebbe bisogno di cinque anni per farcela. In mezzo ci furono sconfitte e polemiche. Almeno due volte, nel 1997 dopo la collisione con Villeneuve e nel 1998 dopo l’incidente con Coulthard, in Belgio, sono stato tempestato di inviti a licenziarlo! Licenziare Schumacher, capite? Mi dicevano che non sapeva controllare le emozioni, figuratevi. Pensate se avessi dato retta ai presunti opinionisti”.

Il binomio Todt-Schumacher: “Io mi fidavo di lui e di Jean Todt, della squadra. Soprattutto, vedevo come Michael favoriva la crescita dei giovani ingegneri, che imparavano da lui, dal suo esempio. Un uomo squadra al cento per cento. Ha guidato per la mia Ferrari dal 1996 al 2006. Non troverà una sua polemica nei confronti della azienda. Schumi ha sempre avuto una bella dose di emotività, anche se sapeva governarla, a tratti pareva quasi un meridionale”.

Nel 2000, il primo Mondiale: “E’ stato un momento storico, c’era un’ansia popolare per quel benedetto Mondiale che non si decideva ad arrivare. Schumi incarnava un’attesa quasi messianica. Quella domenica ero a casa davanti al televisore. Tormentavo amuleti e talismani e pregavo, mischiando profano e sacro. Mancano tre giri alla fine, sto in apnea, suona il telefono. È Gianni Agnelli. Luca, mi fa, complimenti, l’incubo è finito. E io a toccare tutto, con l’avvocato che non stava zitto un attimo, per fortuna arrivò la bandiera a scacchi”.

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