Il nuovo numero nove del Milan Olivier Giroud, che fino a questo momento, infortuni a parte, sta vivendo una buona prima parte di stagione nonostante la maledizione che riveste il numero di maglia che indossa fin dall’addio di Pippo Inzaghi, ha parlato in una lunga intervista a The Athletic. Molte sono state le rivelazioni e i retroscena della sua carriera che Giroud ha svelato, a cominciare dalla propria storia come calciatore:
“Superare difficoltà e dubbi è stato molto importante per me nel corso degli anni. Mi riprendo sempre, sono così. I miei amici e mio fratello dicevano che ero sempre al meglio quando ero con le spalle al muro. Se 20 anni fa mi avessero detto che avrei vinto così tanti trofei e vissuto così tante cose incredibili, non l’avrei mai immaginato. Mi sento molto fortunato”.
L’ex attaccante di Lille, Arsenal e Chelsea racconta anche un retroscena di mercato che ha come protagonista il Tottenham:
“Beh, c’era stata una possibilità molto piccola. Ho detto a Frank (Lampard, ndr) che ero così determinato a partire e giocare. Gli ho detto che avevo la Lazio, l’Inter e, sì, anche il Tottenham. Ad essere onesti, non sarebbe stata una buona idea per me che sono stato un Gooner (fan dell’Arsenal, ndr) per cinque anni e mezzo andare al Tottenham, vero? Avrei deluso tante persone, ma tutta questa faccenda fa parte di ciò che i calciatori devono affrontare”.
Ma come ci si trova ad essere veramente un calciatore professionista? Non sono tutte rose e fiori, successi e trionfi, ma per arrivare a quel punto i sacrifici da fare sono innumerevoli:
“Le persone vedono solo gli aspetti positivi di questo lavoro, ma devi fare sacrifici e affrontare le cose che non vanno per il verso giusto. È importante combattere sempre contro questo e il dialogo è molto importante. Con Lampard, ho spiegato che dovevo essere di nuovo felice. Gli ho chiesto di darmi quell’opportunità in un’altra squadra. Volevo che mi capisse. Gli ho detto che non puoi giocare con la carriera di un calciatore così. Ha capito le mie emozioni e gli sono grato perché sono rimasto e le cose sono andate bene dopo. Alla fine mi ha dato la possibilità di fare di nuovo grandi cose con il Chelsea, ho giocato di nuovo, ho segnato gol e ho contribuito a farci qualificare per la Champions League”.
Dopo di che anche una parentesi sul futuro. Olivier si è avviato ormai nella parte finale della propria carriera da calciatore, ma cosa farà dopo?
“l lavoro di allenatore mi sembra troppo stressante. Preferisco fare qualcosa con i giovani o fare il direttore sportivo. Ho parlato con qualcuno di tutto questo. Aiutare i giovani o aiutare un’accademia a trovare buoni giocatori. Ho qualcosa da offrire. Oggi i giovani giocatori devono fare i conti con un’atmosfera diversa intorno al calcio. Devi essere abbastanza intelligente da proteggerti dalle critiche e dai problemi causati dai social media. L’immagine è diventata importante. Devi stare attento a quello che dici e che fai. Devi mostrare umiltà. La gente non accetterà le cose cattive. Devi avere anche un buon entourage intorno a te. Le cose accadono così velocemente nel calcio che se non sei pronto a gestire i complimenti, puoi distrarti a 20 o 21 anni. È più difficile essere un grande giocatore di questi tempi perché tutte queste cose intorno al calcio rendono tutto più difficile”.
Infine, una chiosa sul Milan, un club storico come lo stesso calciatore ammette, nel quale giocava il suo idolo di un tempo, ovvero l’ucraino Shevchenko:
“Ho sempre ammirato questo club e questa fantastica maglia, quindi questa potrebbe essere una fantastica conclusione per la mia carriera in Europa. Quando arrivi al Milan senti il peso della storia. Ho incontrato il mio idolo Shevchenko molte volte. Gli ho detto che era il mio eroe. Ha riso, ma gli ho fatto firmare una maglietta ed ero felicissimo”.