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Mondiali Rugby, Marzio Innocenti Presidente Fir in esclusiva: “Italia squadra del destino, vinciamo le prime due e sogniamo”

La Nazionale ha tutto per essere la sorpresa della competizione iridata, la squadra ha cambiato mentalità e per gli altri è dura affrontarci. L'intervista al Presidente della Federazione italiana Rugby

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

L’Italia del rugby è pronta a vivere il suo sogno. Perché non si parte per un mondiale senza riempire la valigia di desideri e speranze: 16 anni fa la terra di Francia era sembrata amica, offrendo la possibilità (sin qui) irripetibile di avanzare tra le prime 8 squadre al mondo.

Un proposito che l’Italia di Kieran Crowley torna a cullare, provando a vendicare l’amaro ko del 2007 contro la Scozia, che mandò in frantumi quello che all’epoca era sembrato più di un sogno.

Stavolta la montagna da scalare sarà ancora più impervia, perché oltre agli All Blacks (come nel 2007) ci saranno anche i padroni di casa della Francia a contendere agli Azzurri il passaggio del turno.

Tutto lascia pensare che proprio la gara in programma venerdì 6 ottobre allo Stade de France di Parigi finirà per decidere le sorti di un girone che, sulla carta, appare scontato sebbene ciascuno giocherà le sue carte.

Marzio Innocenti in esclusiva

Sarà forse per questo che Marzio Innocenti, presidente della Federazione Italiana Rugby, qualche timida speranza di farcela la coltiva. E in questa intervista esclusiva, rilasciata a pochi giorni dal debutto, prova a delineare l’orizzonte, convinto che la nazionale di Crowley abbia tutte le carte in regola per spingersi oltre i propri limiti.

Presidente, sabato con la Namibia (ore 13) comincia il mondiale dell’Italia: come arriviamo all’appuntamento?

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Bastano pochi click

“Credo che il warm up verso il mondiale sia andato nella direzione auspicata ed è sicuramente una buona base di partenza. Abbiamo affrontato due test durissimi contro Scozia e Irlanda, dando spazio a chi doveva guadagnarsi una chance per entrare nei 33 che Crowley avrebbe convocato per la rassegna. Poi abbiamo disputato due test meno complessi, uno con la Romania – nel quale le condizioni proibitive del campo ci hanno un po’ condizionato – e uno con il Giappone, che ci ha dato risposte incoraggianti. Era una partita che dovevamo e volevamo vincere, ma è stato importante farlo nella maniera giusta: il Giappone è più o meno al nostro livello ma, in passato, in gare come queste negli ultimi 10’ pagavamo la tariffa. Stavolta abbiamo chiuso in crescendo, come avevamo fatto in Irlanda. È un segnale importante: i secondi tempi erano il nostro tallone d’Achille, le abitudini stanno cambiando”.

Fonte:

Ange Capuozzo e Monty Ioane durante la Summer Nations Series 2023 festeggiano una meta

La vittoria sui nipponici ha portato entusiasmo: è l’aiuto di cui avevamo bisogno per presentarci al via con la giusta dose di convinzione e fiducia?

“Quella col Giappone è stata certamente la vittoria più importante dell’ultimo periodo. Ma allargherei il discorso alle ultime 12 partite: dopo la “maledetta Batumi”, quando perdemmo in casa della Georgia, nelle successive 12 gare disputate abbiamo sbagliato 30’ con il Sudafrica a Genova e il primo tempo del match del 6 Nazioni contro il Galles. Non c’è mai stato un periodo tanto lungo di competitività di una nazionale italiana: sono certo che in Francia questa striscia si allungherà. Per carità, nel rugby ogni partita fa storia a sé: magari un’imbarcata strada facendo la prenderemo, ma questi ragazzi li vedo duri a morire e difendono forte anche nelle sconfitte, come si è visto nel test match con l’Irlanda del mese scorso, dove nel secondo tempo siamo stati noi a mettere sotto una delle grandi favorite per la vittoria del mondiale. L’entusiasmo c’è, andremo a giocarci le nostre carte consapevoli dei pregi e dei difetti, rispettando tutti ma al tempo stesso sapendo che anche gli altri faranno altrettanto con noi”.

L’assenza di Menoncello

I test match estivi ci hanno privato di un talento come Menoncello: quanto peserà la sua assenza?

“Siamo dispiaciuti per lui, perché è un ragazzo d’oro, a 19 anni ha dimostrato di avere classe da vendere. Quando l’ho incrociato nei giorni scorsi, l’ho visto col braccio fasciato e gli occhi lucidi: mi si è stretto il cuore, lui sa che nel suo futuro ci saranno altri mondiali da giocare, ma questo non glielo darà indietro nessuno. Detto ciò, chi andrà in campo non lo farà rimpiangere: Morisi sta giocando benissimo e alle sue spalle ci sono elementi in grado di ricoprire quel ruolo senza alcun timore”.

Inquadriamo i primi impegni: Namibia e Uruguay, sulla carta, sono alla portata, ma servirebbero due vittorie con bonus per pensare di spingersi oltre…

“Il calendario ci dà una grossa mano, le prime due gare sembrano fatte apposta per blindare il primo vero obiettivo, la qualificazione diretta alla Coppa del Mondo 2027. Dovessimo fare il nostro, e magari vincerle entrambe ottenendo il punto di bonus, avremmo la mente libera e la voglia di stupire per provare a cambiare il nostro destino. Chiaro che le prime due gare potrebbero anche rappresentare un’arma a doppio taglio, perché se dovessimo sbagliarne anche una sola ci complicheremmo tremendamente la vita. Ma ho la convinzione che questo non accadrà”.

Fonte:

“La fine del rapporto con Crowley? Ha capito le nostre ragioni. Quesada ha detto sì perché crede al progetto”

Da Crowley a Quesada

Affrontare un mondiale con un commissario tecnico che sa già che non resterà sulla panchina della nazionale può avere controindicazioni?

“Assolutamente no. Anzi, mi permetto di dire che la vicenda della fine del rapporto con Crowley è stata gestita benissimo da me e dalla federazione. Avevamo deciso di cambiare a marzo e, anziché aspettare, abbiamo comunicato la cosa a Kieran che s’è detto subito dispiaciuto e non era scontato: ricordo perfettamente il sollievo provato da Nick Mallett nel 2011 quando la Federazione gli comunicò che non sarebbe rimasto alla guida della nazionale. Crowley, da professionista qual è, ha capito le nostre ragioni e s’è messo subito al lavoro per ottenere il miglior risultato possibile nella Coppa del Mondo. Quanto alla scelta di Quesada, fuori dall’Italia in tanti si sono sorpresi che abbia accettato la nostra offerta. Come lo abbiamo convinto? Gli abbiamo mostrato tutti i giocatori potenzialmente convocabili in azzurro e ha capito che c’è materiale importante per poter costruire qualcosa di duraturo e vincente. Vincere anche solo una partita del 6 Nazioni con l’Italia vale come 10 gare del Championship vinte con gli All Blacks”.

L’Italrugby e il coach italiano

La nomina di Quesada ha deluso chi sperava che stavolta potesse toccare a un italiano: i tempi non sono ancora maturi?

“Esatto, bisognerà attendere. Quando, però, uno dei tecnici italiani che stiamo seguendo dimostrerà di essere maturo al punto giusto, la fumata bianca arriverà. I nomi li conoscono tutti: Massimo Brunello (tecnico dell’Under 20), Marco Bortolami (tecnico del Benetton), Fabio Roselli (tecnico delle Zebre). Uno di questi è forse un po’ più avanti nel percorso, ma il tempo parlerà per tutti”.

Che mondiale sarà quello francese? Non sembra esserci una favorita che spicca. C’è chi dice che potrebbe tornare a vincere una squadra europea: la pensa così anche lei?

“Difficile dirlo ora. Un mondiale dura 7 settimane: comincia l’8 settembre e finisce il 29 ottobre, un lasso di tempo talmente lungo da somigliare a un’era geologica. Ci sono squadre, vedi Nuova Zelanda e Francia, che cercheranno di arrivare al massimo della forma a ottobre perché sulla carta hanno un girone che non dovrebbe dar loro problemi, anche se noi non siamo certo di questo avviso. Altre – Sudafrica e Irlanda – dovranno farsi trovare subito pronte: sicuri che la Scozia non possa battere i sudafricani all’esordio? Nello stesso girone c’è Tonga, che ha una linea di tre quarti che è quella degli All Blacks di qualche anno fa (il nuovo regolamento permette a giocatori che da tre anni non sono più convocati in nazionale di giocare per quella di origine: Israel Folau è tra i beneficiari di questa regola, ndr). A un livello così alto, non esistono gare scontate. Per questo dico: anche noi dobbiamo credere di avere la possibilità per ribaltare il pronostico. Per All Blacks e Francia, affrontarci in questa fase della competizione non sarà facile, specie se dovessero incappare in una giornata storta. Così come sarà durissima per Galles e Australia affrontare le Fiji, o per Inghilterra e Argentina riuscire a spuntarla nel girone con Giappone e Samoa”.

La rivelazione possiamo essere noi

Nel 2019 proprio il Giappone fu il grande “Imbucato” nei quarti di finale: chi potrà esserlo quest’anno?

“Non ho paura di dire che potremmo essere noi. L’Italia oggettivamente può diventare la sorpresa del mondiale: squadra giovane e di prospettiva, con un futuro luminoso ma un presente già importante. Aggiungo un particolare: a fine torneo cambierà la guida tecnica, ma questa squadra non è a fine ciclo, semmai all’inizio del percorso. Massimo rispetto per Nuova Zelanda e Francia, ma entrambe sanno che contro di noi dovranno faticare per tenere fede al pronostico”.

Fonte:

“Ange Capuozzo è un giocatore eccezionale, sarà determinante per finalizzare il lavoro fatto da tutta la squadra”

Capuozzo è l’uomo dei sogni?

Abbiamo recuperato Capuozzo, uomo copertina che piace per la spontaneità e l’estro con i quali si muove in campo. È giusto considerarlo l’uomo in grado di far decollare i nostri sogni?

“No, e mi spiego meglio. Ange è un giocatore eccezionale, ma è anche e soprattutto una persona di una bellezza unica. Diventerà un simbolo per tutti quei bambini e quelle bambine che vorranno avvicinarsi al nostro mondo, ma sarà determinante per finalizzare il lavoro fatto da tutta la squadra. Non abbiamo un Dominguez in grado di vincere le partite da solo, ma abbiamo un collettivo fondato su pedine essenziali in ogni singolo reparto. Penso a Ioane e Brex nel sistema difensivo, ad Allan e Garbisi che hanno qualità nella gestione della partita. Non abbiamo uomini del destino, piuttosto parlerei di squadra del destino”.

La prima volta senza Parisse

Una squadra che, per la prima volta dopo 6 mondiali, non ha Sergio Parisse, fresco di ritiro dopo oltre 20 anni di carriera.

“Sergio è stato un grandissimo giocatore, aggiungo io un simbolo del rugby italiano e non solo. A inizio anno mi rivolsi a Crowley con queste parole: “Tu decidi se portarlo e la decisione che prenderai diventerà la decisione della Federazione”. Kieran ha fatto altre scelte, motivandole come tecniche, ed è giusto parlare adesso di chi è stato portato al mondiale”.

Dove ci saranno ben 24 esordienti assoluti in Coppa del Mondo: tra questi anche Paolo Odogwu, che poteva scegliere di giocare per l’Inghilterra e ha preferito l’Italia.

“Paolo è felicissimo di essere con noi, anzi mi ha confidato che s’è pentito di non essere venuto prima. Perché ci ha scelti? Ha capito che si può vincere anche qui, e non è il classico modo di dire. Durante la presentazione della squadra a Palazzo Chigi, rivolgendomi a una schiera di politici e a due ministri, ho detto che la nostra è una nazionale “felicemente multicolore”. Abbiamo giocatori che hanno origini lontane, ma si sentono uniti quando partono le note dell’inno di Mameli. Di più: avere facce e culture diverse nello stesso spogliatoio aiuta a crescere e ad allargare gli orizzonti. Una delle prime cose che ho fatto a livello regolamentare dopo l’insediamento è stata cambiare la regola che impediva ai bambini in attesa della cittadinanza italiana di essere tesserati dai club giovanili. È vero che in Italia si fanno meno figli, ma è anche vero che di stranieri ne arrivano sempre di più e i numeri del nostro movimento di base ci dicono che siamo tra le poche discipline in crescita. Contare su una nazionale in grado di fare risultati con continuità aumenterebbe ulteriormente la base”.

Lo stato del rugby italiano

Presidente, un’ultima domanda con uno sguardo rivolto ancor più lontano: proprio nei giorni scorsi ha annunciato che intende ricandidarsi per un secondo mandato nel 2025, ma se dovesse dirlo oggi, qual è lo stato di salute del rugby italiano?

“Direi buono, anche se si può sempre migliorare. In questi due anni la Federugby è stata vicina ai club come mai lo era stata prima, e non sono parole mie ma di tanti presidenti di società italiane (ultimo in ordine di tempo il Rugby Gubbio del presidente Andrea Frondizi, che ha ospitato il presidente Innocenti e il delegato umbro Egiziano Polenzani domenica scorsa per celebrare la vittoria del campionato di Serie C umbro-toscana 2022-23, ndr). Tutte le risorse che arrivano le reinvestiamo su progetti dedicati allo sviluppo del rugby giovanile e alla crescita del movimento. Avere una nazionale che vince, o in grado di competere con le migliori, aiuta anche a reperire ulteriori risorse da destinare a tutte le società. I numeri per ora ci danno ragione, con tesserati in aumento anche nel mondo arbitrale. Il mondiale rappresenta una vetrina fondamentale, sebbene interessi solo una elite del nostro movimento, ma la ricaduta in termini di benefici può essere enorme. Per questo dico che è giusto essere ambiziosi e sognare: nello sport, come nella vita, le partite vanno sempre giocate”.

In collaborazione con Auden Bavaro

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