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Morte Emanuele Giacoia, il figlio Valerio attacca giornali e istituzioni

Il figlio della storica voce di 90esimo minuto dedica un commosso articolo al giornalista ma non risparmia bordate velenose

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Ha dato lui la notizia sui social, annunciando la scomparsa del padre Emanuele, colonna del giornalismo non solo calabrese ma di tutta Italia. Valerio Giacoia, giornalista come il padre, ha accompagnato fino all’ultimo giorno l’ex voce di 90esimo minuto e ora ha voluto condividere con tutti il ricordo del genitore con un articolo sul Quotidiano del Sud e uno sfogo su Facebook.

Il figlio di Giacoia attacca giornali e istituzioni dopo morte del padre

Scrive Valerio Gacoia: “Ecco qui condiviso il ritratto di mio padre, che ho scritto non so nemmeno io come staccandomi per un paio d’ore dalla camera ardente, affinché uscisse sul Quotidiano del Sud nel giorno dell’ultimo saluto e che in tantissimi mi hanno chiesto di leggere. È stato davvero difficile, ma glielo dovevo. E lo dovevo al giornale che gli ha reso onore per come lui meritava. E merita. È una piccola realtà, il Quotidiano, acciaccata economicamente come tutte le realtà editoriali di regione e locali. Ma dentro e fuori (mi ci metto anch’io, perché scrivo da collaboratore) ci sono ancora teste che pensano. E editori, anche. Tant’è che direttore ed editori hanno ben pensato – appunto, pensare, un verbo ormai desueto – di dedicare alla morte di Emanuele Giacoia l’apertura centrale in prima pagina e con tanto di servizi e ricordi (tra questi, il mio)”.

“Così non hanno fatto alla Gazzetta del Sud, invece, relegando la notizia della sua scomparsa, della scomparsa di un gigante come lui, a uno sterile trafiletto interno firmato da Tonino Raffa, suo alunno radiofonico. Una piccola, provinciale vergogna. Contro proprio l’Abc del giornalismo. E contro l’Abc dell’educazione anche le istituzioni, assenti alle esequie….Ma tant’è, lui resta quel gigante e gentiluomo che era. Voi quei nani che siete”.

L’articolo di Valerio Giacoia sul Quotidiano

Questi i passaggi principali dell’articolo di Valerio Giacoia sul Quotidiano del Sud: “Mio padre se n’è andato col soffio più caldo, come quello di cui parla l’imperatore Adriano, morente, nelle Memorie della Yourcenar. Ed era, per noi, un raffinato imperatore. Umanità, fierezza, debolezze. Come Adriano, allo stesso modo s’aspettava “tanto poco dalla condizione umana” che “i periodi di felicità, i progressi parziali, gli sforzi di ripresa e di continuità” gli sembravano “altrettanti prodigi che compensano quasi la massa immensa dei mali, degli insuccessi, dell’incuria e dell’errore”.

“le sigarette americane, il loden d’inverno al caffè Bastone, le camicie blu, i libri delle grandi letterature. Il suo lavoro. La punta marroncina delle dita, per via delle cicche che teneva in mano anche quasi dormendo. Quei lunghissimi anni dell’infanzia sembravano non finire mai, pieni com’erano già delle tristezze e dei timori che tutti abbiamo su questo pianeta e in questa vita che nulla ci risparmia ma che, nonostante le fatiche, ha un bel senso di mistero e spesso un bel carico di gioie”

Dentro questo lungometraggio universale c’era lui. Come in un’epica familiare, appunto, metà padre, metà sigaretta, e poi via via padre-Olivetti Lettera 32, padre-Rai, padre-Tutto il Calcio minuto per minuto, padre-Novantesimo, padre-cannelloni alla besciamella, padre-intera cassetta di arance la sera. Ma anche metà padre e metà madre, perché il suo stare con noi era dolce. E ricco. Comunitario, paritario, democratico.

Fumava, mio padre, guardandoci e amandoci di sottecchi. Nel frattempo cercando un sinonimo per quello che stava scrivendo. A notte inoltrata quel ticchettio sembrava come un sogno remoto, un presidio di pace, un cuscinetto dell’Onu contro le forze oscure. Era lui, in canotta bianca profumata di padre, la sua bionda, il posacenere, il piatto con l’ultima scorza d’arancia. Stava poco con noi, è stato sempre poco. Ma c’era, e questo bastava sempre.

Le ultime parole pronunciate da Emanuele Giacoia

L’ho guardato dormire, in questi lunghi mesi di malattia. “Quattro volte, quattro volte”, ha ripetuto prima di andarsene. Forse un gioco che faceva da bambino, nella sua Umago d’Istria di fanciullo paffuto con papà finanziere e mamma napoletana campionessa mondiale di capretto al forno e pastiera. Poi è arrivato il novantesimo minuto, e quel rumore di scatto come nel cambio di una diapositiva: Come Adriano, il mio imperatore gentile si è voltato un’ultima volta. O quattro, come ha ripetuto”

Morte Emanuele Giacoia, il figlio Valerio attacca giornali e istituzioni Fonte: Youtube

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