Ora che la magistratura argentina sta vagliando quanto accaduto la notte in cui Diego Armando Maradona, la mano de Dios, è mancato nella abitazione di Tigre, poco distante da Buenos Aires, emergono i dettagli di un contesto approssimativo e alquanto confuso che – nonostante le delicate condizioni mediche di Diego – evidenziano quelle incongruenze al vaglio degli inquirenti che hanno impresso una svolta nelle indagini e la decisione di indagare le figure che gravitavano attorno al campione.
L’interrogatorio di sette ore dell’infermiere di Maradona
Lunedì 14 giugno, le agenzia hanno ribattuto le prime informazioni trapelate dall’interrogatorio di Ricardo Almiron, 37 anni, infermiere che assisteva Maradona e che per circa sette ore ha risposto alle domande dei giudici argentini presso la procura di Sant’Isidro e che sono chiamati a ricostruire quanto avvenuto nelle ultime ore di vita del campione, spirato in circostanze da comprendere.
“Non sapevo che Maradona fosse cardiopatico e nessuno mi avvertì della circostanza”, avrebbe affermato l’infermiere che è uno dei sospettati di aver abbandonato Diego, non prestandogli l’assistenza dovuta a un paziente reduce da un intervento al cervello e sotto stretto controllo cardiologico. Almiron, secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa e riportato da ANSA, ha negato decisamente la circostanza e ha spiegato di aver avuto disposizioni precise “di non svegliare Maradona e di lasciarlo riposare”.
Morte Maradona, le dichiarazioni scioccanti dell’avvocato: “Nessuno ha risposto”
L’infermiere avrebbe aggiunto di aver notato che il paziente “aveva un ritmo cardiaco superiore ai 100 battiti, insomma una tachicardia in corso”. Almiron ha raccontato di aver segnalato il problema ai medici del campione “ma nessuno di loro mi rispose”. Franco Chiarelli, avvocato dell’infermiere interrogato, ha dichiarato che il suo assistito sarebbe stato chiamato al capezzale di Maradona per questioni molto diverse rispetto alle complicanze legate a fegato, cuore e reni di cui soffriva el Pibe de Oro.
“Il mio cliente ha sempre trattato Maradona come un paziente con implicazioni psichiatriche e problemi legati all’astinenza”, ha aggiunto l’avvocato alla stampa.
La scomparsa di Maradona: sette gli indagati
Per la morte del più grande campione di sempre, simbolo di una rivalsa politica e ideologica dell’Argentina che Diego ha voluto vivere senza riserve, sono ancora sette gli indagati accusati di negligenza; si tratta di medici e specialisti che facevano parte dello staff che lo assisteva, tra cui il neurochirurgo Leopoldo Luque (contro il quale si è scagliata più volte Dalma Maradona, al pari di sua sorella Giannina) e la collega psichiatra, Agustina Cosachov. Per i magistrati argentini avrebbero messo in atto cure “inadeguate e spericolate” determinando in tal modo il decesso a soli 60 anni di Diego, scomparso in solitudine e in un contesto di abbandono il 25 novembre 2020.
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