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NBA Cup, la prima notte è tutta delle stelle: Jokic batte Doncic, Curry e Lillard vincono in volata

Nella notte che ha tenuto a battesimo la neonata NBA Cup, i big non steccano: Jokic batte Doncic, Curry regala la vittoria sulla sirena ai Warriors, Lillard trascina i Bucks.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Hanno scoperto la “coppa” in NBA, anche se certe abitudini sembrano restie ad essere abbandonate. Perché Nikola Jokic continua a dominare senza sosta, perché Steph Curry vede vasche da bagno al posto del canestro quando sta per suonare la sirena, perché Damian Lillard a Milwaukee è andato per fare la storia, non per subirla.

Insomma, tutto nella norma nella notte che ha aperto una nuova era: le gare disputate nella serata americana di venerdì servivano non soltanto per fare classifica nelle 82 partite di regular season, ma anche come round di qualificazione alla NBA Cup, il trofeo di mezza stagione che la lega ha deciso di istituire per rendere un po’ più “frizzante” il primo mese e mezzo di campionato.

E che vivrà il suo culmine tra il 7 e il 9 dicembre, quando a Las Vegas andrà in scena la final four che metterà in palio il trofeo. Dove alzare la coppa è la parte “meno” importante: chi vince si porta a casa assegni a cinque zeri abbondanti, l’unico incentivo che l’NBA ha trovato per convincere le sue stelle ad accettare di entrare nella competizione.

Jukic stravince il derby dei Balcani con Doncic

La prima vera novità per tifosi e appassionati è stata però cromatica: addio ai “vecchi” campi con la riproduzione del parquet in legno chiaro, spazio a sperimentazioni di colori (fin troppo accesi: poveri i nostri occhi…) che a tratti hanno finito per confondere le idee anche ai giocatori stessi. Se a livello grafico qualcosa è da rivedere, i fuoriclasse però si sono fatti riconoscere senza troppi problemi.

Prendete Nikola Jokic: affrontava l’altra stella dei Balcani, quel Luka Doncic che con Dallas ha cominciato la stagione a corrente alternata, ma che di fronte ai campioni in carica nulla ha potuto per limitare lo strapotere del Joker. Che ha chiuso con una doppia doppia da 33 punti (14/16 dal campo: in pratica, ha sbagliato appena due tiri…), 14 rimbalzi e 9 assist, facendosi “maledire” da chi aveva scommesso sull’ennesima tripla doppia.

Doncic di punti ne ha fatti 34, ma senza mai riuscire a mettere in partita Dallas, che è scivolata subito a debita distanza e nel finale è rimasta nella terra di nessuno. Irving continua a non trovare grossi dividendi (era al rientro dopo qualche turno di stop: 22 punti, ma in difesa è un disastro), Kidd, assente perché influenzato, capisce che la strada che porta a Eldorado è ancora lunga. E quella per Las Vegas, forse anche di più.

Splash Brothers, sempre loro: dopo Klay, ecco Steph

Due giorni fa c’aveva pensato Klay Thompson a regolare la pratica Kings, proprio a fil di sirena. Stavolta torna l’altro Splash Brothers, cioè Curry, che rimette i Warriors davanti su OKC a cronometro praticamente fermo. Qualche protesta dei Thunder per una presunta infrazione di Draymond Green che cattura un rimbalzo toccando il ferro (sarebbe vietato), ma in realtà c’è una retina che si muove per “colpa” di Giddey, e forse anche per questo gli arbitri hanno lasciato stare.

Curry decisivo in una gara dove Golden State soffre per lunghi tratti la vitalità di OKC, pur se orfana della sua stella più lucente (Shai Gilgeous-Alexander), con Dort che firma 29 punti, alcuni dei quali annullati dai 13 assist smazzati da Chris Paul, inseritosi a meraviglia negli schemi di Steve Kerr.

Dame Time a Milwaukee: New York cede nel finale

Un altro che s’è inserito a meraviglia negli schemi della nuova squadra è senza dubbio Damian Lillard, che a Milwaukee è già diventato il beniamino dei tifosi Bucks: con 8 punti realizzati nell’ultimo minuto di gara, l’ex Blazers trascina i compagni a un successo non così scontato contro i Knicks, trascinati da un super Brunson da 45 punti (però stecca Randle: 16 punti, ma quasi tutti a cronometro fermo).

Antetokounmpo lascia il proscenio all’ultimo arrivato e la mossa si rivela vincente, con i Bucks che dimostrano di avere molte più soluzioni per i finali di partita e tanti motivi per pensare in grande.

Vince anche Miami, che invero non è partita benissimo in stagione (4 stop di fila, striscia ora interrotta). Vince contro i Wizards di Gallinari, che resta in campo appena 9’, segnando 6 punti. Tyler Herro è l’MVP di serata con 24 punti, 10 rimbalzi e 9 assist, meglio di Butler che nel finale di partita lascia spazio ai compagni.

Le altre sfide: Bulls e Cavs in crisi, Grizzlies in caduta libera

Chicago perde in volata contro Brooklyn, che da di tutto per complicarsi la vita, ma alla fine riesce in qualche modo a sfangarla perché LaVine manda sul ferro il canestro che avrebbe portato la gara ai supplementari (harakiri di Simmons che sbaglia a rimbalzo, regalando l’ultimo possesso ai Bulls). Finney-Smith da 21 punti è il faro dei Nets, che cominciano a mandare qualche segnali di ripresa.

Cosa che non fa Cleveland, battuta a Indianapolis dai Pacers che devono vincerla due volte: avanti di 18 a metà terzo quarto, Haliburton e compagni s’addormentato, con Donovan Mitchell (38 punti) che guida la remuntada Cavs, andando anche a +4. Nel finale però mancano le energie e Indiana ne approfitta: Turner arriva a 27 punti e si prende la scena, i Cavs si consolano col ritorno (soft) di Jarrett Allen, sperando che il peggio sia passato.

Memphis, infine, resta la pecora nera della lega: ancora a secco di vittorie dopo 6 gare, l’ultima delle quali persa al supplementare a Portland, altra squadra che non è che se la passi granché bene. Non bastano i 33 di Desmond Bane a salvare i Grizzlies, con Shaedon Sharpe che nei secondi finali del tempo regolamentare stoppa il buzzer winner di Luke Kennard e poi sigla 7 punti nell’overtime, guidando i compagni alla vittoria. Ma intanto, cosa sta succedendo in Europa?

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