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NBA, Dio perdona... Luka no: Doncic (con Irving) asfalta Minnesota e vola alle Finals e la "birra rubata" diventa virale

Doncic e Ivring infieriscono sulla difesa di Minnesota e chiudono la serie in gara 5: sfideranno i Boston Celtics in una finale inedita e piena di talento

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

“E adesso chi piange?”.

Luka Doncic è nato in Slovenia, ma ha imparato a parlare la lingua degli americani in fretta, soprattutto rispondendo colpo su colpo a chi in ogni modo ha provato a scalfirne le (tante) certezze acquisite. Vive di trash talking, ma soprattutto con i tifosi presenti a bordo campo. Che pure non hanno capito che sfidarlo è la cosa peggiore che possono fare, se il loro intento sia quello di farlo innervosire. Perché Doncic dagli insulti trae linfa vitale: è bastato un fazzoletto bianco sventolato da un incauto tifoso dei Wolves (della serie: piangi sempre se non ti fischiano fallo a favore) per scatenare tutto il talento, la rabbia agonistica e la ferocia di Luka Magic, che puntualmente non s’è fatto scappare l’occasione per rispondere nel modo a lui più congeniale, cioè subissando di canestri la povera difesa di Minnesota.

Luka Magic, ma non solo: anche Irving è in fire

Debita era la premessa, perché nel ritorno alle Finals dei Dallas Mavericks, 13 anni dopo la favolosa campagna 2011 guidata da Dirk Nowitzki, c’è tanto di Doncic. Che in gara 5 firma 36 punti, tanti quanti Kyrie Irving, e spedisce i Wolves all’inferno, realmente mai capaci di tenere testa a una delle migliori versioni stagionali di Dallas.

Che domina in difesa tenendo gli avversari al 43% (in realtà, finché c’è partita, le percentuali di Minnesota sono infinitamente più basse), ma soprattutto straripa in attacco, tanto che nel solo primo quarto, vinto 35 a 19, sono più i punti realizzati da Doncic (20) che quelli segnati da tutti i Wolves messi assieme. Impossibilitati a replicare allo strapotere dei ragazzi di Jason Kidd, che alzano sensibilmente i giri del motore in avvio, deliziandosi con le triple a ripetizione da distanza siderale con le quali Doncic ammutolisce il pubblico di casa.

Da lì in poi è una cavalcata senza indugi: 28-5 di parziale e tanti saluti, anche perché nel secondo quarto il testimone passa a Irving, tornato quello ammirato negli anni d’oro di Cleveland (15 punti in un batter di ciglia e solco sempre più ampio). Il 69-40 all’intervallo lungo suona come una sentenza definitiva: finirà 124-103, e dopo minuti abbondanti di gargabe time che la dicono lunga su come sono andate le cose.

Doncic MVP, Gobert “tradisce” sul più bello

Minnesota la testa prova a rialzarla timidamente nel terzo quarto, con Edwards e Towns che combinano benino (28 punti a testa), ma mai danno la sensazione di poterla riaprire veramente. Anche perché Dallas nell’occasione ha recuperato Lively II, pedina fondamentale negli assetti di squadra dei Mavs, e quando infila due canestri uno dietro l’altro nel momento in cui i Wolves provano a rialzare la testa si capisce che non c’è modo di rimettere niente in discussione.

Kidd ruota tutti gli effettivi e la festa è completa: Doncic stravince il titolo di MVP della serie con numeri bulgari, visto che ha chiuso con 32.3 punti, 9.6 rimbalzi e 8.2 assist di media, col 57% da due e il 44% da tre. Irving è il secondo violino perfetto, ma tutta Dallas ha mostrato di essere cresciuta tanto rispetto alle versioni precedenti. Ha commesso solo un “errore” nella sua serata: mentre sorseggiava una birra negli spogliatoi, se l’è fatta sfilare dalle mani da Michael Finley, dirigente dei Mavs, forse “preoccupato” di preservare la salute dello sloveno.

Minnesota, “tradita” sul finale da Gobert (9 punti e 5 rimbalzi: è lui il grande sconfitto delle Western Conference Finals), paga lo scarso contributo del supporting cast (nessuno in doppia cifra tranne i due già citati) e soprattutto l’impossibilità di trovare un piano B contro lo sloveno, che trova la retina da ogni zona del campo. Un finale non scontato, certamente però meritato.

Doncic e la “birra rubata”

Fenomeno puro lo sloveno ma anche amante della bella vita, del cibo e forse anche di qualche birra di troppo. Nel corso degli anni le critiche sono state tante nei suoi confronti per una gestione fuori dal campo non sempre perfetta e a Dallas ora sono tutti molto attenti proprio a un passo dalla storia. A fine match il giocatore sloveno si rilassa e festeggia sorseggiando una birra, arriva però uno dei dirigenti dei Mavs, Michael Finley, che di fatto gliela toglie dalle mani e il video diventa subito virale.

Boston-Dallas, a voi due: una sfida inedita per tutti

Da giovedì 6 giugno al TD Garden di Boston scatterà così un’inedita finale per il titolo, quella che vedrà opposti i Celtics ai Mavericks. Per Kyrie Irving, che a Boston ha disputato due stagioni dal 2017 al 2019 (benino la prima, maluccio la seconda), è l’occasione per tornare alle Finals dopo 7 anni dalle ultime disputate in maglia Cavaliers.

Per Doncic, semplicemente, è il primo viaggio nella serie che può regalare la gloria immortale. Lo fa tentando di emulare quanto fatto da Nowitzki nel 2011, l’altro europeo capace di portare Dallas a dama nella serie contro i favoritissimi Miami Heat dell’epoca.

Boston avrà il fattore campo a favore, ma questa versione di Dallas sembra fatta apposta per mettere pressione a Tatum e compagni, nonostante i due precedenti stagionali (il primo a gennaio, il secondo a inizio marzo) abbiano sorriso entrambi ai Celtics, pur se con Doncic sempre in tripla doppia nelle due gare disputate.

Stavolta però sarà tutto diverso: fondamentale per Boston sarà recuperare una pedina chiave come Porzingis, che ha affermato di sentirsi pronto per tornare sul parquet. E così fosse, potrebbe fungere da ago della bilancia in una serie che si preannuncia decisamente incerta, tanto che di tutti i giocatori che la popoleranno soltanto uno (Irving) ha già vinto un anello.

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