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NBA, Indiana si butta via, un'altra volta: una tripla di Derrick White spedisce Boston alle Finals

I Pacers sprecano un altro vantaggio importante, i Celtics, chiudono la serie sul 4-0 e tornano alle Finals dopo due anni. Con dedica a Bill Walton

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

La tavola era imbandita e i Boston Celtics hanno deciso di accomodarsi. Chiudendo il più in fretta possibile la serie contro gli Indiana Pacers, che pure ne hanno di rimpianti stagliati sullo sfondo dopo 4 partite nelle quali l’inerzia è stata spostata da piccoli (ma decisivi) episodi. Vince Boston, come logica vuole, e grazie ai soliti due tenori che rispondono al nome di Jayson Tatum e Jaylen Brown, quest’ultimo eletto MVP delle Eastern Conference Finals. Ma vince soprattutto grazie alla lucidità nei possessi decisivi, con Indiana che ancora una volta si butta via sul più bello, pagando dazio a un po’ di inesperienza.

Boston completa l’opera: torna in finale dopo due anni

Lo sweep era nell’aria, e puntuale è arrivato. Ma ancora una volta c’è stato bisogno di alzare l’asticella nel finale di partita, recuperando da una situazione di svantaggio che pareva aver compromesso l’intera serata dei Celtics. Che debbono ringraziare Derrick White, autore della tripla che a 39 secondi dalla fine ha inchiodato il risultato sul 105-102.

Il tutto dopo che tre minuti prima il punteggio vedeva i Pacers avanti di 5 punti, che poi erano 9 solo qualche minuto prima. Un parziale di 10-2 consegna però agli uomini di Mazzulla la 23esima partecipazione alle NBA Finals, dove già stanotte potrebbe far loro compagnia Dallas, se Doncic e compagni sapranno sfruttare il fattore campo e battere a loro volta per 4-0 i Minnesota Timberwolves. In questi casi vale sempre la pena ricordare cosa dicono le statistiche: nelle 155 serie play-off nelle quali una squadra è stata avanti 3-0, per ben 155 volte ha poi vinto la serie. Se non è un’ipoteca questa…

Derrick White, l’eroe che non ti aspetti (ma c’è sempre)

Boston, che attende ancora con ansia il ritorno di Kris Porzingis (forse per il 6 giugno, data d’inizio delle Finals, il lettone sarà della partita dopo aver saltato per intero le serie con Cavaliers e Pacers), sa che dovrà però cercare di essere più continua se vorrà riportare l’anello in Massachusetts, da dove manca dal 2008.

La seconda finale negli ultimi tre anni (nel 2022 arrivò la sconfitta contro i Warriors) testimonia però che il progetto della franchigia, diretta dall’ex coach e oggi GM Brad Stevens, sta dando comunque i risultati sperati: Boston aveva dominato in regular season, mostrando la pallacanestro migliore e ottenendo un record di gran lunga superiore al resto del pianeta NBA, ma anche nella serie contro Indiana qualche piccola crepa l’ha mostrata, al netto della pesantissima assenza di Porzingis.

Tanto che ha avuto bisogno ogni singola serata di un nuovo “eroe” per chiudere i conti: Tatum in gara 1 con la complicità della tripla di Brown che ha mandato la partita all’overtime, lo stesso Brown in gara 2 (40 punti segnati), Holiday nel finale di gara 3 e stavolta Derrick White, autore di un paio di giocate e soprattutto della tripla (assist di Brown) con la quale ha sigillato il discorso qualificazione.

Nembhard fa tutto bene, meno che negli ultimi due minuti

Indiana esce con la consapevolezza di aver dato fondo a ogni residua energia. L’assenza di Haliburton nelle due gare casalinghe ha pesato, ma neanche troppo: chi l’ha sostituto s’è dato da fare, con Nembhard autore di 24 punti e 10 assist, seppur alla fine resteranno impressi gli errori nel finale di partita, con una palla persa sanguinosa e una stoppata subita da Brown a un minuto dalla fine che gridano vendetta.

E c’è anche spazio per un evidente errore arbitrale, con un fallo di Brown su Turner non ritenuto flagrant (nonostante la video review) a metà del quarto periodo, con Indiana avanti di 6 punti (e nell’azione successiva Boston ha trovato il canestro, accorciando la forbice).

Indiana, quanti rimpianti: poteva essere sopra 3-1, e invece…

Incredibilmente, i Pacers nella serie hanno perso tutte e tre le gare giocate punto a punto nel finale, dove pure avevano altissime percentuali di probabilità di vittoria: 97% in gara 1 (erano avanti di tre punti a 10 secondi dalla fine), 94% in gara 3, 90% in gara 4 (il calcolo tiene conto del punteggio e del tempo rimanente, collegandolo a tutte le gare della storia play-off NBA). Insomma, se la serie adesso fosse stata sul 3-1 per Indiana, nulla ci sarebbe stato da eccepire.

E proprio questo è il punto: Boston ha vinto 4-0, ma non è sembrata così dominante come il risultato vorrebbe far credere. E alla fine s’è fatta bastare i 26 punti con 13 rimbalzi di Tatum (30.3 punti di media nella serie) e i 29 di Brown (29.2 la media nelle quattro gare), le stelle conclamate che hanno portato i Celtics dove volevano arrivare. Anche se forse, senza Porzingis, non è tutto oro quello che luccica.

La dedica dei Celtics all’indimenticabile Bill Walton

La vittoria nella serie è stata anche il modo migliore per rendere omaggio a Bill Walton, leggenda del mondo NBA, scomparso all’età di 71 anni per un male incurabile. Walton è stato uno degli artefici del dominio di UCLA a inizio anni ’70, la squadra che vinse due titoli consecutivi NCAA (e 88 gare di fila senza ko.).

In NBA, scelto alla numero 1 al Draft 1974 dai Portland Trail-Blazers, al netto di una marea di infortuni e operazioni chirurgiche (38 in totale: sono le stesse che negli ultimi anni lo hanno costretto a portare con sé una sedia speciale ogni volta che andava a vedere una partita o a commentarle per convivere con i dolori alla schiena), ha vinto un anello a Portland nel 1977 e un altro a Boston nel 1986, da sesto uomo, in quella che viene ancora oggi considerata una delle squadre più forti di tutti i tempi.

Una persona che sprigionava simpatia e allegria, attento alle tematiche ambientali e ai diritti dei lavoratori, amante della musica (oltre 1.000 concerti visti, con una passione sfrenata per Bob Dylan e i Greateful Dead) e amato davvero da tutti. Una icona che mancherà tanto al mondo NBA, che non mancherà di celebrarlo come si conviene a personaggi del suo calibro.

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