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NBA, Durant entra nel club dei 30.000 punti. Ma sta buttando via il suo finale di carriera...

Kevin Durant ha superato i 30.000 punti segnati in carriera, ma a Phoenix le cose non girano per il verso sperato e le chance di vincere un altro anello affievoliscono

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

È entrato in un club esclusivo, Kevin Durant, ma non può certo fare i salti di gioia. Perché i Phoenix Suns continuano a viaggiare a scartamento ridotto, minando le ambizioni di titolo dell’ormai 36enne nativo di Washington. Che però un traguardo personale l’ha tagliato: è soltanto l’ottavo giocatore nella storia NBA a superare quota 30.000 punti segnati in carriera. E poco male se l’abbia fatto nella notte in cui i Suns hanno ceduto ai Grizzlies di Ja Morant, infilando la 27esima sconfitta stagionale a fronte di 26 vittorie (finisse oggi la regular season, sarebbero fuori anche dal play-in).

Nel mirino Chamberlain, Nowitzki e… Jordan

Insomma, Durant un modo per fare la storia lo trova spesso e volentieri, ma la sensazione è che continui a predicare nel deserto (dell’Arizona, appunto). E il fatto che non se ne sia voluto andare durante il mercato delle trade dimostra da un lato quanto sia testardo e dall’altro (forse) quanto poco lungimiranti siano state le scelte fatte da qualche tempo a questa parte.

Dopo aver provato a creare una nuova legacy ai Brooklyn Nets con Irving e Harden (fallita miseramente), ora tutto lascia presagire che anche a Phoenix le cose non sono destinate a finire per il verso sperato.

Intanto però i 30.000 punti segnati in carriera certificano lo status di grande tra i grandi di KD: i due liberi segnati a un minuto e 11 secondi dalla fine del terzo quarto hanno certificato il traguardo, con l’ala grande dei Suns pronta a lanciarsi ora verso nuovi orizzonti e obiettivo più o meno ambiziosi. Il prossimo step sono i 31.419 di Wilt Chamberlain e a seguire 31.560 di Dirk Nowitzki, ma poco oltre c’è Michael Jordan con i suoi 32.292 punti (anche lui superò quota 30.000 con un libero).

Phoenix non va lontano: KD sta sprecando tempo?

Memphis gli ha riservato un’autentica ovazione a fine partita, con Morant che è andato anche a procurarsi e a regalargli il pallone della partita. Che piaccia o meno, Durant resta uno dei volti più riconoscibili della lega da 15 anni a questa parte, nonché uno dei giocatori che hanno saputo dare di più al gioco. I due anelli vinti a Golden State nel 2017 e 2018 (quando volle unirsi a Curry, Thompson e Green per formare un superteam e prendersi la rivincita sui Cavs di Lebron) restano l’apice di una carriera che pure ha promesso tanto, ma che non sempre ha mantenuto.

Perché uno del suo calibro avrebbe potuto vincere molto di più, anche se tra infortuni e scelte di mercato non sempre azzeccate di anni buttati alle ortiche se ne contano ormai parecchi, e questo potrebbe essere uno di quelli. E le polemiche legate al suo (presunto) rifiuto di trasferirsi a Miami o a Golden State nell’ultima finestra di mercato hanno riacceso le discussioni sulla sua stessa legacy. “Facciamo parte di un business, e come tali siamo sempre in vendita. Mi è capitato già in passato di essere scambiato a stagione in corso, ma ora non mi interessa e non ha importanza se uno viene colto di sprovvista”.

In realtà pare che sia stato proprio Durant a rifiutare qualsiasi proposta gli sia arrivata dal front office, a riprova di scelte che non sembrano poter pagare nell’immediato e tanto meno sul lungo periodo, perché i Suns oggi come oggi non hanno nulla che si possa addurre a una contender. Ma intanto 50 milioni all’anno KD li prende: il conto sorride, ma per il resto è tutto (quasi) un pianto.

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