In una lunga intervista rilasciata a Studio Robur, Pasquale Padalino ha definito il suo percorso da giocatore in maniera molto onesta e umile, caratteristiche che identificano la sua persona: “La mia carriera è partita discretamente, poi c’è stato un periodo di flessione, poi di nuovo molto stellare e bello ed è finito in malo modo”.
Un tragitto ricco di emozioni e di momenti belli ma anche di periodi poco fortunati. Il suo curriculum non è niente male visto che ha indossato delle maglie molto prestigiose come quelle di Foggia, Bologna, Lecce, Fiorentina, Inter e Como. Squadre di tutto rispetto e di un certo blasone.
- Chi è Pasquale Padalino
- Il Bologna e l’opportunità Fiorentina
- Padalino e la Nazionale
- La nuova vita da allenatore di Padalino
Chi è Pasquale Padalino
Padalino nasce a Foggia il 26 luglio 1972 e ha amato il calcio sin da piccolo. Il padre è stato centrale nel suo percorso perché è proprio Luigi a trasmettergli questa passione. Spesso ha ammesso che senza il calcio avrebbe fatto l’artigiano, proprio come il suo babbo. Pasquale, però, ha avuto la fortuna di fare ciò che ha sempre desiderato. Ricorda con affetto la parrocchia di San Michele, un luogo di riferimento per Padalino e per la conoscenza dello sport e dei suoi valori. A 12 anni entra a far parte di una squadra chiamata proprio Juventus San Michele.
Una passione molto forte nata per le strade e per le vie della sua città. Arriva nel settore giovanile del Foggia, passa in Primavera e a 16 anni e mezzo debutta nei professionisti in Serie C. Accadde l’11 dicembre 1988 in un Giarre-Foggia finito 2-1. È l’anno in cui il club pugliese vince il campionato. Padalino non dimentica chi gli ha dato la possibilità di concretizzare un sogno: “Non posso mai dimenticare colui che mi ha dato l’opportunità di entrare nel professionismo e che è stato Giuseppe Caramanno”.
Pasquale, prima di debuttare in Prima squadra, finisce sul taccuino dell’Inter. Lo ha svelato lui stesso a ‘Calcionapoli24.it’: “Sarei potuto andare all’Inter già all’epoca di Pellegrini. Una volta lo incontrai in un ristorante di Milano e mi disse: ‘Mi avrebbe fatto piacere averla nella mia squadra, ma purtroppo il suo presidente (Casillo, ndr), fece una richiesta eccessiva per un ragazzo di 17 anni…”.
Non solo, su di lui si interessa anche la Juventus: “Mi venne detto che quando ero un ragazzo anche la Juventus mi seguiva, ma andare lì avrebbe voluto dire aspettare tempi tecnici che avrebbero ritardato o, forse no, nessuno lo può sapere, il mio ingresso in campo: non mi sarei ritagliato subito quello spazio che pensavo potessi avere, o comunque chi era al mio fianco pensava potessi avere. Purtroppo, per fortuna o meno, devi prendere decisioni: non sono arrivate solo da me ma soprattutto da altri”.
Nel 1989 a Foggia arriva un certo Zdeněk Zeman, uno che ha scritto pagine memorabili della storia del club pugliese. Nel 1990/91 i Rossoneri conquistano una storica promozione in Serie A e Padalino è uno dei titolari inamovibili di quella squadra, o meglio ancora di quella meraviglia calcistica. A referto ci sono 25 presenze in Serie B e 4 in Coppa Italia. Il debutto nella massima serie con la maglia della squadra della sua città avviene il 27 ottobre 1991 nella partita pareggiata per 1-1 contro la Roma. Il 3 maggio, invece, è il giorno della prima gioia. Al minuto 61’ di Foggia-Napoli Padalino sfodera un tiro a giro rasoterra che buca Giovanni Galli e regala ai pugliesi la vittoria.
L’allenatore boemo cambia e non poco la sua storia da calciatore. Padalino nasce infatti come centrocampista ma poi viene trasformato in difensore. Una modifica che attua per la prima volta Balestri, allenatore delle giovanili: “Io nasco come mezzala di centrocampo, ero abbastanza esile. Poi con il passare del tempo si accorsero che per le caratteristiche che avevo non riuscivo a soddisfare le esigenze del tecnico boemo. Prima di Zeman questa prova venne fatta nel settore giovanile con Balestri. Per una necessità numerica mi chiese di sostituire il difensore centrale che per motivi di salute in quell’occasione era assente. Interpretai bene quel ruolo”.
Zeman dà, Zeman toglie. Nel precampionato del 1992/93 il rapporto tra Padalino e il boemo si raffredda. Anzi si rompe, visto che insieme ad altri tre calciatori viene messo fuori rosa. I giocatori vogliono allenarsi ma il Foggia sistema i quattro esclusi in un albergo fuori dal paese. Pasquale ci resta male e reagisce così con la stampa: “Ci hanno esiliati per paura che contagiassimo i nuovi arrivati con una malattia di cui noi stessi ignoriamo la natura. Volevamo soltanto allenarci al meglio, per farci trovare pronti da chi eventualmente vorrà acquistarci a novembre. Sono dispiaciuto anche per il comportamento del signor Zeman. Invece di consolarci, ammesso che ne avessimo bisogno, non ci ha nemmeno rivolto la parola”.
Il Bologna e l’opportunità Fiorentina
I tre anni successivi furono stagioni davvero complicate tra mille disavventure e retrocessioni. Anni in cui però Padalino è cresciuto tanto. Nel 1992/93 venne ceduto al Bologna in prestito, visto che era ancora un giocatore di proprietà del Foggia. L’anno dopo torna in Puglia sponda Lecce. Disputa un campionato in Serie A con i salentini per poi fare ritorno al Foggia con Catuzzi allenatore. Padalino ricorda molto quegli anni: “Esperienze che sono servite molto. Ti fanno assaporare l’amarezza, le sconfitte e la formazione di un ragazzo è proprio questa. Ti danno la possibilità di mettere alle spalle queste esperienze che ti formano e ti fanno capire cosa significa mettersi in discussione, giocare per certi traguardi e di non abbassare mai la guardia. Nel calcio come nella vita nessuno ti regala nulla”.
Per Padalino, però, si apre un quinquennio d’oro in maglia Fiorentina. Forse è il periodo in cui il difensore raggiunge il picco più alto della sua carriera. Vince una Coppa Italia nel 1995/96 con Claudio Ranieri e gioca con calciatori di assoluto livello. Pasquale conosce anche l’Europa, collezionando in maglia Viola alcune presenze in Coppa delle Coppe, Coppa Uefa e Champions League. Nella prima competizione sfiora addirittura la finale ma Padalino e compagni devono arrendersi nel 1997 al Barcellona dei vari Ronaldo e Figo (1-1 in Spagna e 0-2 in Italia).
Il ricordo di quel periodo di Padalino: “L’ex direttore sportivo Oreste Cinquini, all’epoca Cecchi Gori, insieme a Giancarlo Antognoni furono gli artefici di una delle sette sorelle. C’erano giocatori di un certo spessore da Edmundo a Batistuta, allo stesso Torricelli, Rui Costa e Toldo. È stata la pagina più ampia e più completa dove ho toccato il vertice a livello nazionale e internazionale grazie alla Fiorentina”.
Il difensore poi conclude la sua carriera tornando prima al Bologna, passando poi all’Inter e infine indossando la maglia del Como: “A Bologna ci tornai per la seconda volta con Guidolin in panchina. Non ci fu quell’armonia con il tecnico che aveva altre esigenze e con la piazza. Qualche errore di gioventù forse l’ho commesso e quindi fui trasferito all’Inter. Ci fu lo scambio con Salvatore Fresi e all’Inter feci una presenza in Coppa Italia. Poi ho avuto un infortunio in uno scontro di gioco con Muzzi che mi tenne fuori dal campo per sei mesi. Infine, la parentesi per due anni al Como, in Seria A e in Serie B dove c’erano giocatori come Tarantino e Recoba e con un presidente che poi ha fatto la storia del calcio italiano come Enrico Preziosi. Non venne trattato benissimo a Como per come andavano le cose e quando entrano in ballo vicende personali si crea questo distacco che la squadra ha subito”. L’anno 2004 è quello del ritiro dal calcio giocato.
Padalino e la Nazionale
Il 6 novembre del 1996 è una data che Padalino non dimenticherà mai. È il giorno in cui indossa per la prima volta la maglia azzurra, quella della Nazionale. Per lui fu un momento importante, di orgoglio. Viene chiamato in causa da Arrigo Sacchi per la partita contro la Bosnia-Erzegovina. Il match venne disputato a Sarajevo, città che in quegli anni viveva dei momenti molto complicati e difficili. Padalino venne schierato in difesa accanto a Paolo Maldini e in quella squadra c’erano anche Albertini, Baggio, Zola, Chiesa e Casiraghi.
Un momento toccante sotto ogni punto di vista e che Padalino ricorda intensamente: “L’aspetto calcistico passò in secondo piano, la mia presenza è stata importante con Arrigo Sacchi che ho sempre stimato come tecnico. Diede la possibilità a me e a Carnasciali e lo stesso Toldo. Fu una bellissima esperienza, giocai anche se avevo dei problemi al ginocchio che mi impedivano di essere completamente libero. Però quando hai voglia e hai in palio queste chiamate si fa di tutto. È stata un’esperienza molto formativa”.
La nuova vita da allenatore di Padalino
Una volta appesi gli scarpini al chiodo Pasquale non rinuncia a vivere di calcio. Motivo per cui decide di effettuare i corsi per diventare allenatore. È il 2006 quando inizia la sua avventura nella nuova veste, facendo il vice a Gian Piero Ventura prima al Verona e poi al Pisa. Padalino racconta: “La mia esperienza da tecnico nasce un po’ per caso. Faccio i corsi per arrivare per tentare la scalata da solo, passando attraverso una telefonata casuale con Cannella che per un pourparler mi chiese che ambizioni avevo e cosa facevo. E io risposi che ero a Milano e che facevo il papà a tempo pieno e gli disse che la mia idea era quella di fare il tecnico. Lui mi disse di tenerci in contatto. Nacque questo rapporto tra Ventura e Cannella a Verona dove aveva bisogno qualcuno che gli desse una mano e mi chiamò. Da lì parte la mia esperienza. Come impatto non è stato felice perché non avevo conoscenze sotto questo punto di vista. Mi è servito molto. Fare il secondo e il collaboratore e vedere le cose da una prospettiva diversa, poi, ti insegna tantissimo. Esperienza non finita bene a Verona, perdemmo la Serie B grazie alla sconfitta della Juve al cospetto dello Spezia. Partimmo da Pisa con il direttore sportivo Petrachi e facemmo due campionati straordinari sfiorando la Serie A”.
Ad ottobre del 2009 si materializza il sogno di guidare una squadra come primo. Si siede sulla panchina della Nocerina in Lega Pro Prima Divisione. Una prima esperienza che si conclude dopo 16 partite (4 vittorie, 8 pareggi e 4 sconfitte). Viene esonerato dopo un Nocerina-Bassano 1-2 del 14 marzo.
Poi di nuovo Foggia, il suo Foggia. Riparte dalla Serie D, viene scelto per risollevare le sorti di una squadra e di una società vicina al fallimento. Il primo anno porta i rossoneri fino ai play-off ma poi vengono eliminati dal Matera. Il Foggia viene ripescato in Lega Pro Seconda Divisione. Nella sua seconda stagione, nella nuova Lega Pro, raggiunge un 6° posto.
Nel 2014 ecco la parentesi Grosseto che dura da novembre a gennaio. Viene esonerato dopo 9 partite. Nel 2015, nuovamente da subentrato, firma con il Matera e porta la squadra fino ai play-off.
Il Lecce lo sceglie nel 2016 per riportare il club salentino in Serie B. È una stagione un po’ particolare perché viene mandato a casa a due giornate dalla fine, con i play-off acquisiti. Ecco di nuovo il Foggia, in Serie B. Anche in questo caso è una breve parentesi di tre mesi. A livello societario è anche un’annata un po’ particolare.
Si riscatta nel 2020 con la grande opportunità Juve Stabia, in Serie C. Di certo è un’altra sfida ardua, con la squadra che era figlia di una retrocessione. Inizia la stagione con una rosa che non era al completo e con ben 12 giocatori della Berretti. Un grande mercato di gennaio aiuta Padalino a conquistare un 5° posto in classifica, ma nei play-off viene eliminato al 2° turno dal Palermo.
A dicembre del 2021 subentra a Paolo Negro sulla panchina del Siena, sempre in Serie C. Sfiora di poco i play-off. Ad agosto del 2022 viene nominato allenatore della Turris e ci resta fino al 25 ottobre, quando decide di dimettersi dopo 11 partite.
Il suo mantra da allenatore è quello di cercare di fare sempre la partita. Ovviamente senza reprimere la fase difensiva, con l’obiettivo di non essere mai passivi e di partire sconfitti a priori. Chissà se la nuova vita di Padalino potrà ripercorrere in parte quello che ha vissuto da calciatore ma una cosa è certa: la sua è già una carriera da montagne russe.