Il suo Milan è al primo posto in classifica e sogna lo scudetto, avendone ben donde, al termine di un percorso iniziato ormai due anni fa. Stefano Pioli, dopo tanti anni a metà classifica, si è affermato anche ad alto livello.
Con i rossoneri ha costruito la sua strada, modellando la squadra sulle sue idee. E ora si gode il momento, ricordando anche dove tutto è iniziato. Lo ha fatto ai microfoni di ‘DAZN’, intervistato da Federico Balzaretti.
“Allenare è qualcosa che sentivo dentro, all’inizio mi avevano proposto un ruolo da team manager per rimanere sul campo, ma volevo allenare. Quando ero a Salerno al primo anno, prima del derby con il Napoli, andai da un giocatore che era sempre titolare e in quella partita non avevo schierato, proprio prima della partita, a dargli una pacca sulla spalla e dirgli due cose, che era comunque importante per me, lui mi rispose “mister, fai giustamente le tue scelte, ma non venire a coccolarmi”. Quello è stato un insegnamento. I ragazzi sanno che faccio le scelte per mettere la formazione migliore e se vogliono spiegazioni la mia porta è sempre aperta”.
Il percorso di Pioli è iniziato nelle giovanili del Bologna e poi a Salerno, ormai vent’anni fa. Esperienze che l’hanno segnato: “Sono diventato bravo nell’opinione popolare perché alleno il Milan. Ho avuto tante situazioni positive, anche se la prima esperienza e la salvezza con la Salernitana in Serie B è stato qualcosa di veramente importante. Anche se la più grande soddisfazione è stata vincere negli Allievi Nazionali con il Bologna. C’era Meghni, Della Rocca… Andavo a prenderli col pulmino, facevo colazione con loro, li accompagnavo. Una grande soddisfazione”.
Pioli parla anche delle sue abitudini pre e post partita, ad esempio il non parlare mai alla squadra, anche perché negli spogliatoi dopo le gare ci sono già i giocatori a farsi sentire. Uno su tutti, ovviamente: Zlatan Ibrahimovic.
“Nel post partita non parlo mai, ho preso questa abitudine, da quando c’è Zlatan entro anche meno in spogliatoio… Non siamo lucidi, né io né i giocatori, almeno loro hanno avuto modo di sfogarsi. Quindi nel post non intervengo mai. Noi abbiamo più giocatori che parlano prima della partita e sono molto attento a quello che dicono. Mi ricordo le discussioni del Trap con Platini quando avevo 18 anni ed ero alla Juve. Il Trap lasciava spazio a tutti. E anche nelle discussioni i più importanti sono i giocatori.
Anche con tutto quello che ha dimostrato, Zlatan vuole ancora far vedere di essere un campione e un professionista. Sta stringendo i denti per superare difficoltà oggettive e dolori, sta qua tutto il giorno, ha una motivazione incredibile. Il suo arrivo ha alzato il livello. La cosa che mi ha sorpreso è stata l’intelligenza nell’entrare con calma in un gruppo non ancora formato. Poi dopo ha iniziato a farsi sentire. Pretende tantissimo da sé stesso e dagli altri. Alza il livello e gli altri lo riconoscono come uno che li può far crescere. Ma se ti salta addosso, ti salta addosso…”
In grande crescita un altro talento che Pioli ha sviluppato, quello di Rafael Leao, arrivato a Milano pochi mesi prima di lui: “Leao ha una consapevolezza dei propri mezzi tecnici e fisici superiore, nell’uno-contro-uno in fascia diventa un giocatore difficile da controllare”.
Il segreto del Milan, però, sta soprattutto in una dirigenza unita e vicina alla squadra: “Abbiamo un club sempre presente che ci sostiene ci dà tutto il supporto possibile, è la forza di una squadra. Maldini, Massara e Gazidis vivono il nostro modo di stare insieme. La differenza la fanno la qualità e il talento, ma anche lo spessore delle persone. Gigio e Hakan sono stati fantastici fino all’ultimo secondo, poi la vita propone altre situazioni. E tutti gli altri di quest’anno fanno la stessa cosa, al centro c’è il bene della squadra”.