Se è diventato allenatore lo deve a Gianni Di Marzio, che lo spinse ad accettare la Vigor Lamezia da dove è partita la sua scalata ma il suo sogno Claudio Ranieri lo aveva già realizzato, cioè diventare calciatore. Lui, ultimo di quattro fratelli che al Testaccio dava una mano in negozio (ma meno degli altri) al papà macellaio. Con i suoi ex compagni di Catanzaro, la sua isola felice, si vede ancora: Silipo, Nicoletti, Spelta, Braga, Arbitrio, Novembre, Vichi e Pellizzaro ma della vita da pensionato si è già stufato.
Ranieri e l’addio al calcio
Quando ha maggio Ranieri ha lasciato il Cagliari disse basta: niente più panchine. Ma ora tutto questo gli manca. Intervistato dal Corriere della Sera Sir Claudio ammette di amare Cagliari più del Leicester dove pure ha vinto uno storico scudetto: «Cagliari è tutto per me, il mio posto nel mondo. Quando sono arrivato la prima volta ero un giovane tecnico senza certezze e sono stati tre anni bellissimi, dalla serie C alla serie A con relativa salvezza. La seconda temevo di deludere la gente. Mi sento figlio di quella terra. Poi però mi sono detto: non fare l’egoista. Il Cagliari aveva bisogno e mi sono lanciato».
Ranieri e l’amore per la Roma
Il primo grande amore però si chiama Roma, che ha allenato due volte. E dove, chissà, potrebbe tornare. Le voci che lo vorrebbero dirigente con De Rossi in panchina al posto di Juric circolano da giorni. Lui non entra nello specifico ma ammette: «Confesso che ho voglia di rimettermi in discussione anche se ho già detto di no a più di una proposta. Vediamo se arriva la chiamata di una Nazionale. Non quella italiana: ho la massima fiducia in Spalletti».
Ranieri e la sorpresa De Rossi
Da tecnico giallorosso ebbe il coraggio di sostituire De Rossi e Totti all’intervallo di un derby: «Ma poi abbiamo vinto. Erano troppo coinvolti e così ho responsabilizzato la squadra. Daniele è diventato un allenatore. Non me lo sarei immaginato. È un mestiere particolare. La prima dote che serve è la pazienza. Mi spiace che lo abbiano esonerato, aveva avviato un progetto». Ora però quel progetto potrebbero condividerlo. Due romani al comando della Roma, solo un sogno?