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Rugby, All Blacks umiliati dal Sudafrica: contro gli Springboks il ko più pesante dei neozelandesi

A Twickenham finisce 35-7. Per trovare una sconfitta tanto pesante bisognava risalire ai due precedenti con l’Australia, del 1999 e del 2019, nei quali i Wallabies la spuntarono con 21 punti di vantaggio

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Peggio di così, proprio non poteva andare: a Twickenham gli All Blacks sono incappati nella sconfitta col maggiore passivo della loro ultracentenaria storia, battuti 35-7 da un Sudafrica che a un paio di settimane dal via della Coppa del Mondo dimostra di essere tirato a lucido come si conviene alle occasioni che contano.

Tanto che gli Springboks, dopo aver regolato la pratica Galles senza troppe difficoltà, hanno concesso il bis sotto la pioggia londinese in una serata che a suo modo è già entrata di diritto nella storia.

Nuova Zelanda a tratti irriconoscibile

Perché nessuno avrebbe potuto profetizzare una simile batosta rimediata da una Nuova Zelanda a tratti irriconoscibile, rinchiusa nei propri 22 per lunghi tratti di partita, nonché costretta ad affrontare tutta la ripresa con un uomo in meno per la sconsiderata espulsione rimediata da Scott Barrett.

Che tra l’altro adesso rischia anche di incappare in una squalifica, tale da precludergli i primi impegni della rassegna in terra di Francia: così fosse, il danno per Ian Foster e tutto lo staff tecnico neozelandese sarebbe davvero difficile da quantificare.

Peggiore sconfitta all time

Il Sudafrica ha vinto grazie a una prova maiuscola un po’ in tutti i fondamentali, sbancando innanzitutto sotto il profilo atletico e dell’intensità, al netto di qualche sbavatura di troppo dettata per lo più dalla pioggia.

Il passivo, insomma, sarebbe potuto essere anche peggiore per gli All Blacks, che hanno trovato i primi punti di serata soltanto al 71’, evitando di far registrare uno zero alla voce punti segnati a distanza di oltre 60 anni dall’ultima volta (0-13 proprio contro gli Springboks, ma era tutta un’altra storia).

Per trovare una sconfitta tanto pesante bisognava risalire ai due precedenti con l’Australia, quello del 1999 e quello del 2019, nei quali i Wallabies la spuntarono con 21 punti di vantaggio. Questo però fa notizia soprattutto perché arriva a ridosso di una Coppa del Mondo nella quale, strano ma vero, gli All Blacks non si presentano con i favori del pronostico: Sudafrica e Irlanda hanno dimostrato a più riprese di avere qualcosa in più, e la prova generale andata in scena sul prato teatro degli incontri casalinghi dell’Inghilterra, tempio del rugby mondiale, in qualche modo ha finito per rafforzare tale convinzione.

Pericolo Francia

La buona campagna di Rugby Championship, con tre successi su altrettante gare disputate (in trasferta con Argentina e Australia e in casa con il Sudafrica) aveva contribuito a riportare il sereno dopo una fine di 2022 a dir poco disastrosa, con 4 ko. e un pari su 12 gare che sono costati ai neozelandesi anche il primo posto nel ranking mondiale.

La batosta di Twickenham, al netto di un XV iniziale composto in buona misura dalla formazione titolare, ha rimesso tutto in discussione, con Ian Foster finito di nuovo sotto accusa, sebbene già certo di lasciare il posto a Scott Robertson a partire dai primi impegni del 2024.

Ma gli All Blacks ammirati nell’ultimo test match premondiale hanno fatto risuonare ogni tipo di campanello d’allarme, tanto che adesso diventa oltremodo delicata la sfida d’esordio nella Coppa del Mondo in programma venerdì 8 settembre a Saint Denis contro i padroni di casa della Francia.

Le due nazionali sono inserite peraltro nello stesso girone dell’Italia (che sfiderà i neozelandesi il 29 settembre) assieme anche alle cenerentola Uruguay e Namibia, e la gara inaugurale nelle analisi degli addetti ai lavori dovrà servire per stabilire chi potrà spuntarla nella corsa al primo posto (che sostanzialmente significa evitare proprio un probabile accoppiamento con il Sudafrica nei quarti di finale). L’ultimo precedente peraltro ha sorriso alla Francia, che due anni fa superò 40-25 la Nuova Zelanda.

Concorrenza interna

Le mete di Kolisi e Arendse nel primo tempo e di Marx, Mbonambi e Smith nella ripresa, tutte convertite dal piede fatato di Libbok (nel finale Cam Roigard ha reso meno pesante il passivo), hanno messo il dito nella piaga e acuito i mali degli All Blacks, alle prese con un ricambio generazionale assai più lento che in passato.

A ciò potrebbe aver contribuito anche la flessione dei numeri dei praticanti del rugby a 15 nel paese dei kiwi, che negli ultimi anni ha visto ridursi del 20% i nuovi adepti. Il rugby stesso sembra aver perso la presa sul popolo neozelandese, tesi dimostrata anche dagli stadi vuoti ammirati nel corso dell’ultimo campionato locale (il Super Rugby Pacific).

La concorrenza di altre discipline da un lato (basket su tutte) e la progressiva immigrazione di gente proveniente da altre regioni (asiatici soprattutto), poco avvezza alla pratica del palla ovale, sarebbero alla base di questa crisi di “vocazioni” che non promette nulla di buono per l’avvenire.

Altri guai in vista

Il problema però è piuttosto contingente e a brevissima scadenza: in vista dell’esordio con la Francia il commissario tecnico Foster perderà oltre a Scott Barrett anche il pilone destro Tyrel Lomax, uscito per infortunio dopo appena mezzora. Ma dovrà soprattutto lavorare sulla testa di un gruppo apparso smarrito, dominato in ogni zona del campo dagli Springboks e tornato ad essere vulnerabile come in quei mesi maledetti di fine 2022.

Scommettere contro i neozelandesi del rugby è sempre un azzardo, ma mai come stavolta i segnali arrivati dal campo paiono nefasti. A vedere “tutto nero” però per una volta sono i diretti interessati: solo nel 2007 gli All Blacks non sono andati al di là dei quarti di finale, guarda un po’ nel mondiale giocato in Francia, battuti dai padroni di casa.

Poi, tolto il quarto posto del 1999, nelle restanti 7 edizioni è arrivato sempre il podio, con tre vittorie, un secondo e due terzi posti. Ma i tempi cambiano. E a quanto pare, anche la haka oggi non incute più timore come un tempo.

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