Sono ormai trascorsi 16 anni, ma la notte di Istanbul è sempre presente nella storia del Milan. Da 3-0 a 3-3 col Liverpool, poi la sconfitta ai rigori e la Champions League che finisce nelle mani dei Reds. Un incubo per tutti e anche per Andriy Shevchenko, che quella sera fallì un goal da zero metri e anche uno dei rigori finali: “La ferita sanguina ancora – racconta oggi l’ex centravanti ucraino a ‘Sette’, magazine del Corriere della Sera – Scrissero che tra il primo e il secondo tempo ci lasciammo andare a festeggiamenti anticipati. Tutte balle. Anzi. Paolo Maldini fu il primo a dire di fare attenzione, che il Liverpool non avrebbe mollato, anche se era sotto 0-3. Ce lo ripetemmo l’uno con l’altro”.
Se la ferita sanguina ancora oggi, figuriamoci nelle settimane successive alla partita: “Nei primi tre mesi dopo quella sconfitta così acida mi svegliavo gridando nella notte e cominciavo a pensarci. Mi capita di pensarci ancora oggi che sono passati sedici anni. Tanti miei compagni non hanno più voluto rivedere quella partita. Io la so a memoria. Eravamo la squadra migliore. Stavamo giocando benissimo”.
Eppure, nonostante il Milan fosse la squadra migliore, a conquistare quella coppa fu il Liverpool: “Avevano una sola chance su 100, ci si sono aggrappati con tutte le forze che avevano. Bravi loro. Adesso che sono allenatore, penso che forse avremmo dovuto spezzare quei maledetti sei minuti in cui ci fecero tre gol. Fermare il gioco, cambiare qualcuno. Ma non è una critica a Carlo Ancelotti, che ci aveva preparato benissimo”.