Conosciuto per essere protagonista di episodi problematici e per la sua tenacia nella battaglia contro la leucemia, Sinisa Mihajlovic è uno degli allenatori più discussi della Serie A. Il tecnico serbo, soprannominato anche il Sergente per la severità con cui allena i suoi giocatori, sa come far parlare di sé. Non di rado, infatti, si trova al centro di polemiche rilevanti a cui, però, pone rimedio con i risultati sul campo che, nel 2015, gli hanno permesso di ritirare il premio di Allenatore dell’anno.
Dalla Superliga alla Serie A
Mihajlovic fa il suo esordio nel calcio con il Vojvodina per poi passare, nel 1990, alla Stella Rossa. La potenza e precisione dei suoi calci piazzati gli consentono di accrescere la sua reputazione e di diventare uno dei maggiori specialisti dei calci di punizione. Dopo aver vinto una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale con la Stella Rossa, lascia il suo paese natale per partire alla volta dell’Italia. Fa il suo esordio in serie A con la Roma nel 1992, club con cui colleziona 54 presenze e 7 gol totali. Due anni dopo, nel 1994, sigla con la Sampdoria e inizia per lui un susseguirsi di stagioni soddisfacenti. Con i blucerchiati, oltre a perfezionare i suoi calci piazzati, cambia anche di ruolo: da centrocampista viene schierato al centro della difesa. Nelle vesti di difensore, le prestazioni del serbo migliorano al punto da essere considerato, sul finire degli anni ’90, uno dei migliori giocatori jugoslavi in circolazione. Le sue prodezze con la maglia del Doria attirano l’attenzione della Lazio che, nel 1998, lo acquista a titolo definitivo per 22 miliardi di lire circa. Con gli Aquilotti realizza diverse reti e diventa il primo marcatore della storia biancoceleste in Champions. Dopo sei stagioni con la Lazio, in cui vince un campionato (2000), due Supercoppe Italiane (1998 e 2000), una Supercoppa Europea (1999), una Coppa delle Coppe (1999) e due Coppe Italia (2000 e 2004), lascia Roma per andare in direzione del capoluogo lombardo. Arriva all’Inter nel 2004 e, dopo aver segnato un gol contro l’Ascoli all’età di 37 anni, si guadagna il titolo di marcatore più anziano del campionato. Con i nerazzurri, prima di appendere gli scarpini al chiodo, vince due coppe Italia e uno scudetto, assegnato a tavolino a seguito dello scandalo Calciopoli.
Protagonista di episodi dibattuti
È proprio durante il periodo di permanenza alla Lazio che si rende protagonista di episodi spiacevoli e controversi. Il primo di questi risale al dicembre del 2000 quando, durante una partita di Champions tra Lazio e Arsenal, rivolge degli insulti razzisti a Patrick Vieira. Nel 2003, invece, oltre a calpestare a sputare addosso ad Adrian Muto, lancia anche una bottiglietta addosso al delegato UEFA dopo la sua espulsione. Queste due ultime gravose vicende gli valgono non soltanto una squalifica di otto giornate, ma anche il pagamento di una multa salata.
Gli inizi in seconda e la chiamata del Bologna
Nel 2006 rimane nel capoluogo lombardo, ma questa volta la sua strada prende una direzione diversa da quella del campo: è la volta della panchina. Con Roberto Mancini a capo della panchina, diventa allenatore in seconda nell’Inter. Il suo contributo è fondamentale sia per il trionfo in campionato dei nerazzurri nelle stagioni 2006/07 e 2007/08, sia per la vittoria della Supercoppa italiana del 2006. Nel 2008, dopo l’arrivo di Josè Mourinho sulla panchina dell’Inter, saluta Milano e diventa tecnico del Bologna subentrando all’esonerato Daniele Arrigoni. Con i rossoblù il suo lavoro non porta ai risultati sperati e ad aprile 2009, dopo una serie di sconfitte, viene sollevato dall’incarico e sostituito da Giuseppe Papadopulo.
Tra Sicilia e Toscana
A dicembre 2009 subentra a Gianluca Atzori sulla panchina del Catania, club in cui riesce finalmente a far valere le sue capacità di tecnico. Dopo la vittoria contro la Juventus a Torino a dicembre 2009, seguono una serie di trionfi che permettono ai siciliani raggiungere il 13° posto e conquistare il record di punti (45). Dopo aver dato prova di essere un allenatore che sa il fatto suo, con una lettera mandata alla società rossazzurra, si dimette dall’incarico di tecnico. A giugno 2010 arriva la chiamata della Fiorentina che nomina il serbo come nuovo allenatore dei viola al posto di Cesare Prandelli. Mihajlovic, insieme al suo vice Dario Marcolin, prende in mano le redini dei Gigliati e termina la sua prima stagione in viola posizionandosi al nono posto con 15 pareggi all’attivo. Per il tecnico serbo sembra sia giunto un periodo di stabilità e di tranquillità al punto da ribadire la sua volontà di rimanere a lungo sulla panchina della Fiorentina e di mettere a tacere le voci che lo volevano all’Inter. Tuttavia, il suo desiderio di restare alla guida dei viola viene spezzato il 7 novembre quando, all’indomani della sconfitta fuori casa per 1-0 con il Chievo, il Sergente viene esonerato e sostituito da Delio Rossi.
La parentesi con la Nazionale serba
Mihajlovic sembra volersi mettere momentaneamente alle spalle l’esperienza con i club e il 21 maggio 2012, con un contratto quadriennale, diventa il nuovo CT della Nazionale serba. Insieme ai suoi vice Nanad Sakic ed Emilio De Leo, guida la squadra verso la qualificazione ai Mondiali 2014, ma non riesce a centrare l’obiettivo dopo essersi posizionato al terzo posto del girone dietro a Belgio e Croazia. La sua avventura con la Nazionale non ha vita lunga e il 20 novembre 2013, dopo 19 incontri ufficiali, lascia l’incarico e torna in Italia alla guida di un altro club: la Sampdoria.
Ritorno in Serie A
A novembre 2013, sempre insieme ai suoi collaboratori tecnici Nenad Sakic ed Emilio De Leo, diventa il nuovo allenatore della Sampdoria. Anche nelle vesti di allenatore, Mihajlovic porta avanti il buon lavoro iniziato da giocatore terminando la stagione al 12° posto della classifica e alzando la media punti della Samp da 0,75 a 1,38. Gli ottimi risultati gli garantiscono una conferma sulla panchina del Doria e gli danno la carica per iniziare una stagione che si rivelerà migliore della precedente. Infatti, per buona parte del campionato i blucerchiati si mantengono in zona Champions e, con 13 vittorie, 17 pareggi e 8 sconfitte, concludono la stagione al 7° posto. A giugno 2015, dopo aver annunciato il suo addio al club genovese con una lettera sul sito della squadra, ritira ad Amalfi il premio di Allenatore dell’anno e diventa il nuovo tecnico del Milan.
Due esoneri in arrivo
Con il Milan firma un contratto biennale e subentra a Filippo Inzaghi. Con un buon inizio in Coppa Italia contro il Perugia, che illude i tifosi rossoneri di una stagione positiva, per Mihajlovic comincia un periodo di alti e bassi sulla panchina del Diavolo. La vittoria nel derby e la conquista della finale di Coppa Italia non sono risultati sufficienti a garantire la permanenza del serbo sulla panchina del Milan. Ad aprile 2016, infatti, dopo una serie di gare negative, la società rossonera lo esonera e lo sostituisce con Cristian Brocchi.
Rimane senza panchina per un solo mese: a maggio del 2016, dopo l’addio di Gian Piero Ventura, diventa il nuovo allenatore del Torino. L’inizio con i Granata è senz’altro positivo, ma le vittorie vanno via via diminuendo terminando così la stagione al nono posto della classifica con il sesto attacco (71 gol fatti) e la quart’ultima difesa (66 gol subiti). A gennaio 2018, all’indomani della sconfitta in Coppa Italia contro la grande rivale Juventus, il tecnico serbo viene sollevato dall’incarico.
Una breve tappa a Lisbona e il ritorno al Bologna
Per Mihajlovic è arrivato il momento di cambiare aria: a giugno 2018 lascia l’Italia e accetta la chiamata in arrivo dallo Sporting Lisbona. Tuttavia, non fa nemmeno in tempo a disfare le valigie che, solamente nove giorni dopo, viene esonerato dal nuovo presidente della squadra portoghese e dice addio all’occasione di allenare un club non italiano. A gennaio 2019, con l’esonero di Filippo Inzaghi, fa ritorno sulla panchina del Bologna dopo dieci anni dal suo addio. Con i rossoblù fa un buon lavoro e alla fine del campionato si posiziona al decimo posto con 44 punti, 30 dei quali conquistati durante la sua panchina. Se a livello professionale le cose sembrano andare per il verso giusto, non si può dire lo stesso sotto il profilo personale: a luglio 2019, come una doccia fredda e a poche settimane dal rinnovo contrattuale con il Bologna, Mihajlovic comunica tramite una conferenza stampa di avere una forma acuta di leucemia. Il tecnico serbo deve sottoporsi il prima possibile alle relative cure, ma la società emiliana decide di mantenerlo lo stesso nel ruolo di tecnico della squadra nonostante lui non possa allenare regolarmente. Tuttavia Mister Mihajlovic, che fa ‘’tenacia’’ di secondo nome, dopo 44 giorni di ricovero, torna a sorpresa a sedersi sulla panchina del suo Bologna e lo fa il 25 agosto, nella gara d’inizio campionato contro l’Hellas Verona. Malgrado la sua assenza di 5 mesi dalla panchina rossoblù, il bilancio finale degli emiliani è positivo: concludono il campionato posizionandosi al 12° posto della classifica con 47 punti. I Felsinei di Mihajlovic si rivelano costanti e chiudono anche la stagione successiva al 12° posto con 6 punti in meno rispetto all’anno precedente.
Modulo e tattica del Sergente
Sinisa Mihajlovic è famoso per la severità e rigidità con cui allena i suoi giocatori, caratteristiche che gli valgono il soprannome di Sergente. Il suo modulo preferito è il 4-2-3-1 in cui la costruzione del gioco parte dal basso con i due centrali di difesa che si allargano e i terzini che si alzano per dare avvio alla fase offensiva. Inoltre, al centro del sistema di gioco dell’allenatore serbo ci sono i giovani: Mihajlovic cerca sempre di dare spazio e fiducia ai giovani presenti in rosa e, spesso, è riuscito anche a farne emergere alcuni che si sono rivelati dei veri e propri talenti. Tra questi, giusto per citarne alcuni, emergono Gianluigi Donnarumma, Joaquin Correa e, più recentemente, Arthur Theate e Jerdy Schouten.