Una mazzata arrivata ai tifosi mentre stavano guardando il match tra Jannik Sinner e Roman Safiullin. Un primo set in cui l’azzurro sembrava irriconoscibile contro il russo, poi quando la notizia arriva anche in Italia per i tifosi italiani è sia un momento di chiarezza che di profonda delusione, con il match dell’Open di Pechino che perde improvvisamente di senso e di significato.
La Wada contraddice sé stessa
L’appello della Wada è stato definito da tanti addetti ai lavori come una “decisione politica” e anche nel comunicato pubblicato questa mattina ci sono delle incongruenze evidenti. Di fronte a una richiesta di squalifica che va da 1 a 2 anni, c’è anche la decisione di non attaccare i risultati che Sinner ha ottenuto da Indian Wells in avanti e che lo hanno visto trionfare anche agli ultimi US Open. Una decisione della Wada che sembra di fatto “ammettere” che quello di Sinner non sia un atto di doping volontario ma una contaminazione.
Ma quello le contraddizioni della Wada si spostano anche più avanti visto che gli esperti della stessa agenzia antidoping hanno collaborato con l’ITIA in occasione della prima sentenza che ha riguardato Sinner. Sulla vicenda si sono espressi in tribunale tre medici indipendenti e legati proprio alla Wada: si tratta di Jean-Francois Naud (direttore del laboratorio di Montreal, accreditato Wada), di Xavier de La Torre (vicedirettore scientifico del FMSI di Roma, accreditato Wada) e infine di David Cowan, il nome più illustre di tutti, visto che è stato anche capo del laboratorio Wada a Londra.
I precedenti Palomino e Santos
La preoccupazione dei tifosi di Jannik Sinner in questo momento è legittima anche se esistono de precedenti in cui la Wada ha presentato appello al TAS con il tribunale di Losanna che ha dato ragione all’atleta. Uno degli ultimi in ordine di tempo è quello che ha riguardato il giocatore dell’Atalanta Palomino, trovato positivo al Clostebol e assolto per aver provato di essersi contaminato dopo aver somministrato un farmaco al cane. Ma un caso simile hanno riguardato anche il nuotatore brasiliano Gabriel da Silva Santos che venne scagionato in quanto riuscì a dimostrare che la contaminazione era per aver dormito nel letto usato anche dal fratello che aveva utilizzato il clostebol.
I tempi sono contro Jannik
Ora non resta che aspettare. Ovviamente Sinner dovrà fare affidamento sul team di legali che lo ha aiutato subito dopo Indian Wells e dovrà dimostrare ancora una volta che l’assunzione del clostebol è stata non solo involontaria ma è avvenuta senza che l’azzurro potesse fare molto per impedirla. Nel caso Santos c’è infatti un passaggio che potrebbe aiutare anche l’azzurro e riguarda la “fiducia totale dell’atleta verso i propri familiari o dello staff più ristretto, ritenendosi al sicuro da rischi”. In questo caso dunque la negligenza sarebbe del fisioterapista Giacomo Naldi, che avrebbe assunto il farmaco per curare una ferita al dito e poi lo avrebbe trasmesso a Sinner nel corso di un messaggio.
Il problema principale però in questo momento sono i tempi. La sentenza del Tribunale di Losanna potrebbe non essere celere, difficile pensare che arriverà in meno di tre mesi ma in alcuni casi i tempi si sono prolungati arrivando a toccare anche i sei mesi di attesa. Questo significa che Jannik dovrà giocare tutto il resto della stagione con la “spada di Damocle” di una sentenza ancora pendente. I prossimi mesi dovrebbero essere anche particolarmente importanti per l’azzurro che oltre a 500 punti di Pechino, deve difendere anche i punti conquistati nelle ATP Finals di Torino. E di mezzo ci sono anche le finali di Coppa Davis con Jannik che a questo punto potrebbe anche non essere in campo.