Tacconi sta cercando di riprendersi in mano la vita. L’ex portiere della Juventus ha subito un aneurisma nel 2022, subendo alcune conseguenze per la quotidianità. La famiglia dopo il ricovero al San Giovanni Rotondo, ha partecipato al bando per la richiesta di una casa popolare, abitazioni fornite a chi vive in condizioni disagiate. Casa che è stata concessa dopo l’uscita della graduatoria, visti i requisiti rispettati. Ma a far mobilitare l’opinione pubblica è stato altro.
Tacconi e la nuova casa popolare
L’assegnazione di una nuova casa popolare alla famiglia Tacconi ha suscitato grande clamore. Dopo il rifiuto di un alloggio Aler nell’hinterland milanese, la famiglia ha ottenuto un’altra abitazione in periferia a Milano. Molti sui social hanno evidenziato come in tempi brevi l’ex giocatore abbiamo potuto ricevere addirittura due case, scartando la prima per problemi legati alla mobilità in carrozzina. Tuttavia, per la moglie Laura Speranza non c’è stato nulla di anomalo.
“Non abbiamo ricevuto favori”
“La nostra precedente casa aveva quattro rampe di scale. Stefano si spostava esclusivamente in carrozzina, e ci siamo resi conto che sarebbe stato un processo lungo. Ancora oggi, per le distanze più lunghe, usa la carrozzina, mentre per i tragitti brevi si sposta con le stampelle. L’ascensore era solo al primo piano, quindi c’era ancora una rampa di scale da fare. Non abbiamo ricevuto nessun favoritismo” – ha spiegato la moglie al Corriere della Sera. Oggi, invece, la famiglia vive al sedicesimo piano di un nuovo appartamento, ma in un edificio dove non ci sono scale da affrontare.
Il periodo delicato dopo l’aneurisma
Speranza ha poi riflettuto sul periodo difficile che hanno attraversato, soprattutto dopo l’aneurisma del marito: “Nella vita ci sono momenti di fragilità, situazioni in cui non c’è tempo per riflettere, ma solo per agire”, ha detto. “Con mio figlio Andrea, abbiamo deciso di trasferirci senza informare Stefano, per non metterlo in difficoltà o dargli ulteriori preoccupazioni. Non sapevo come l’avrebbe presa, avevo paura che, dopo la malattia, potesse sentirsi abbattuto o scoraggiato. Ma quello che mi ha sorpreso di più è stato il fatto che, una volta uscito dall’ospedale, ci ha ringraziato per tutto quello che avevamo fatto. Io lo ripeto sempre: lui ha la stoffa di un campione, non è uno che si abbatte, nessuna situazione lo spaventa. Ha trasmesso questo spirito anche a noi. Stare sempre al suo fianco ci ha dato forza; l’unità familiare ci ha permesso di andare avanti.”