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Tennis, che fine ha fatto Goran Ivanisevic: il brasiliano d'Europa che ha rilanciato Djokovic

La storia di uno dei tennisti più iconici degli anni '90, Goran Ivanisevic. Dalle finali perse a Djokovic, passando per quell'indimenticabile trionfo a Wimbledon 2001

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Matteo Morace

Matteo Morace

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Tennis, che fine ha fatto Goran Ivanisevic: il brasiliano d'Europa che ha rilanciato Djokovic Fonte: ANSA

Goran Ivanisevic è certamente uno dei tennisti più iconici degli anni ’90. Conosciuto per il suo carattere e il suo servizio, entrambi altamente esplosivi, è stato uno dei migliori giocatori sull’erba della sua generazione, ha raggiunto la posizione di n°2 al mondo ed è entrato nell’International Hall of Fame nel 2020.

Amatissimo in tutto il mondo, faceva divertire gli spettatori con il suo gioco e con la sua teatralità, sia comica, lo si è visto e lo continua a vedere ora nelle partite tra ex leggende scherzare in campo, che tragica, come quella volta che fu costretto a ritirarsi da un match perché rimasto senza racchette dopo averle spaccate tutte. Ma la sua memoria è senza dubbio connessa all’iconica edizione del 2001 di Wimbledon, dove si rese protagonista di un’impresa unica, sensazionale ed emotivamente coinvolgente come poche altre.

Quella generazione Jugoslava, mix di talento e follia

Goran Ivanisevic nasce il 13 settembre 1971 a Spalato, oggi città croata ma ai tempi facente parte della Jugoslavia, e viene scoperto in tenera età da Jelena Gencic, colei che individuò anche Monica Seles, Iva Majoli e un certo Novak Djokovic (oggi allenato proprio dall’ex tennista croato), che lo aiuterà a crescere e ad affermarsi come uno dei giovani talenti più interessanti di quel periodo.

Un talento che lo porta a diventare n°3 al mondo a livello Juniores e a debuttare tra i professionisti a sedici anni, stessa età in cui fa anche il suo esordio slam a Wimbledon, luogo che segnerà inequivocabilmente la sua carriera. Un talento vario che, come la grande generazione dei calciatori Jugoslavi di quel periodo, rinominati i brasiliani d’Europa, racchiudeva al suo interno un mix di genialità e follia, caratteristiche tanto opposte quanto vicine.

Un mix come il suo stato d’origine, quella Jugoslavia che si scinde proprio quando lui sta emergendo nel tennis che conta, dando vita a uno dei conflitti più cruenti sul territorio europeo dal secondo dopoguerra in poi, e che lo porta a rappresentare la Croazia.

L’importanza della vittoria, non solo per se stessi

Nel corso di tutta la sua carriera Ivanisevic ha avuto un solo e unico obiettivo in testa, la vittoria, perché nello sport poco conta più di vincere, come affermato dallo stesso Goran: “Qualcuno ha detto che nello sport l’importante è partecipare, ma è un’idiozia. Lo sport è vincere, vincere e ancora vincere”.

Un’ossessione necessaria per diventare i campioni, ma non solo. Perché anche in uno sport individuale non si gioca e vince solo per sè stessi, come ammesso dallo stesso Ivanisevic nel 2001: “Ho sempre giocato per qualcun altro. Prima per mia sorella che stava male e aveva bisogno di denaro per curarsi. Poi c’era la guerra e ho giocato per il mio paese”.

Perché vincere per lui significava poter pagare le cure contro il cancro alla sorella maggiore Srdana e a dare qualche buona notizia alla sua patria devastata dalla guerra. Quella patria rappresentata anche alle Olimpiadi di Barcellona 1992 dove conquisterà due medaglia di bronzo (una in singolare l’altra in doppio).

Quel campo stregato…

Sempre al 1992 risale anche la sua prima finale a Wimbledon, raggiunta dopo aver eliminato in semifinale Pete Sampras, suo futuro nemico giurato n°1 in campo. Nell’atto conclusivo sul Centre Court di quell’edizione dei Championships affronta Andre Agassi, in una partita che mette di fronte la micidiale risposta del Kid di Las Vegas al devastante servizio di Ivanisevic.

Servizio che però si inceppa proprio sul più bello. Sul 5-4 in favore dell’americano nel quinto set, Goran commette due doppi falli e non riesce a mettere in campo nemmeno una prima, permettendo ad Agassi di conquistare così il suo primo titolo Slam. Su questo campo Ivanisevic perderà contro Pete Sampras altre due finali (1994 e 1998), di cui la seconda, dolorosissima, nuovamente al quinto set.

Sconfitte che spiegano il suo odio sportivo nei confronti del dominatore di Wimbledon in quegli anni e quattordici volte campione slam: “Sampras mi ha rovinato la vita. Mi piace, Pete: è un grande campione e un bravo ragazzo. Ma ho perso così tante semifinali e finali contro di lui! Lo odio, sportivamente parlando”.

Fonte: ANSA

Pete Sampas e Goran Ivanisevic alla premiazione di Wimbledon ’98

… che divenne luogo d’incanto…

Quel Centre Court dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club rappresenta un incubo per l’eterno secondo Goran Ivanisevic. Almeno fino all’edizione del 2001, quando si consuma uno dei miracoli sportivi più iconici della storia del tennis. Il croato arriva a Wimbledon 2001 da n°125 ATP a causa di un infortunio al tendine della spalla, sfilacciatosi a causa di quel movimento rapido e violento con cui sfornava ace su ace, e per entrare in tabellone deve usufruire di una wild card.

Le aspettative sul tre volte finalista sono nulle. Tutti si aspettano una meritata passerella d’onore e nulla più, ma Ivanisevic non è della stessa idea. Il croato batte Johnsson, Moya, Roddick, Rusedski e accede ai quarti di finale, dove invece non arriva il suo acerrimo rivale Pete Sampras, eliminato agli ottavi da un Roger Federer teenager.

…in quella finale epica

Il percorso di Goran continua con la vittoria su Safin ai quarti e quella in semifinale contro l’idolo di casa Henman che gli spalanca le porte alla quarta finale di Wimbledon, dove trova dall’altra parte della rete Pat Rafter. Ai due non basta un match normale per decretare un vincitore e arrivano sul 7-7 nel quinto set. Un serve&volley sbagliato da Pat e tre risposte vincenti su tre seconde permettono a Goran di brekkare e portarsi a un turno di servizio da quel titolo tanto bramato.

Proprio in quel momento le emozioni prendono nuovamente il sopravvento su Goran. Diventa cupo in volto, tiene lo sguardo basso, perde sicurezza, sbaglia una volée e commette un doppio fallo, ma non può, non può assolutamente mollare questa volta e sotto 15-30 ribalta la situazione portandosi a champioship point con due ace, di cui uno con la seconda.

A questo punto le gambe iniziano a tremare, Goran prega, sembra poter scoppiare in lacrime da un momento all’altro e commette un doppio fallo. Ma non importa, di championship point ne arriva un altro, peccato che anche su questo commetta un doppio fallo. L’appuntamento con la leggenda viene rimandato alla quarta chance di chiudere il match, quando una risposta a rete di Rafter fa stramazzare a terra Ivanisevic, in uno dei pianti più iconici e commmoventi della storia del tennis.

Al suo ritorno in patria Ivanisevic viene accolto da ben 150.000 persone. Mai nessuno aveva vinto uno slam da wild card e quel torneo, quella finale, che più che al tennis sembra appartenere al mondo delle opere greche, sarà d’ispirazione a Wimbledon, film del 2004 diretto da Richard Loncraine e interpretato da Paul Bettany.

Fonte: ANSA

Goran Ivanisevic con suo padre mentre celebra la vittoria a Wimbledon nel 2001

Come Ivanisevic ha migliorato macchina perfetta Djokovic

Appesa la racchetta al chiodo nel 2004, ma convocato lo stesso dalla squadra croata che nel 2005 vincerà la prima Coppa Davis della sua storia, intraprende la carriera da allenatore, portando il connazionale Marin Cilic alla conquista dello US Open 2014. Dopo aver seguito Tomas Berych e Milos Raonic, nel 2019 entra a far parte dello staff di Djokovic.

Con lui il fenomeno serbo ha vinto 10 tornei dello slam tutti da over 30 e battuto praticamente tutti i record possibili immaginabili. Proprio a Ivanisevic si deve uno dei miglioramenti recenti più evidenti nel gioco di Djokovic: il servizio.

Fonte: ANSA

Goran Ivanisevic con Nole Djokovic, che allena dal 2019

Da grande maestro di questo colpo, Goran ha aiutato Nole a migliorarsi in un fondamentale che più passano gli anni più fa la differenza, permettendogli di spendere meno energie possibili durante i propri turni di servizio.

Per il resto Ivanisevic sa trattare al meglio tutte le crisi emotive del n°1 del mondo. I due appaiono come una coppia estremamente affiatata. Si sorridono, festeggiano assieme, scherzano e… litigano, ma l’abilità di Goran, e di tutto il team, è proprio quella di saper trattare un carattere esplosivo come quello del serbo e farlo rendere al meglio.

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