Non è possibile che siano appena 400 i tennisti al mondo in grado di vivere con i guadagni della loro carriera. è una cifra irrisoria pensando a quanto è grande il numero dei praticanti. Ed è chiaramente un fallimento totale per il nostro sport.
Novak Djokovic al solito non ci gira troppo intorno: lui le cose le prende di petto e anche stavolta ha detto la sua, puntando il dito contro l’ATP, rea a suo modo di vedere di non favorire la sostenibilità economica di uno sport dove pochi sono gli eletti e tanti, anzi troppi coloro che non hanno risorse per poter competere con i migliori.
- Ricordo i miei inizi: non avevo niente
- Lo strappo in occasione dei lavori del PTPA
- Con Djoko c'è Ons Jabeur
- Le accuse mosse all'ATP
- Le intenzioni del PTPA
Ricordo i miei inizi: non avevo niente
Djoko non ha avuto alcun timore nell’esporsi in maniera netta, pescando nello scrigno dei ricordi fino ad andare a ritroso e richiamare i suoi inizi:
Mi metto nei panni di quei giocatori fuori dalle prime 100 posizioni e capisco le loro difficoltà. Pagarsi le spese di viaggio e dello staff non è semplice, specie se non si ha alle spalle una federazione forte in grado di sostenere quegli sforzi. Servono soldi per spostarsi da un continente all’altro, servono soldi per pagare allenatore e fisioterapista. Ricordo i miei inizi, in Serbia, dove non avevo davvero niente e mi sono costruito una carriera da solo.
Anche questo lo ha spinto a prendere posizione e non fermarsi di fronte all’evidenza. Djoko non ha voltato la testa ed è stato esplicito, al punto di parlare di fallimento:
Adesso lotto per tutti quei tennisti che non hanno la possibilità di emergere. Lo faccio perché so di essere influente e perché credo sia giunta l’ora di mandare un segnale forte. Si parla tanto di quanto guadagna chi vinse l’US Open, ma ci si dimentica che al mondo ci sono si e no 400 tennisti professionisti appena. È un numero inaccettabile: è un fallimento, punto e basta.
Lo strappo in occasione dei lavori del PTPA
Djokovic – fresco dello Slam numero 24 in carriera – ha parlato del tema qualche giorno fa, aprendo i lavori del PTPA, il sindacato dei giocatori che lui stesso ha creato come forma di tutela e di sostegno per tutti i suoi colleghi, una volta deciso di abbandonare il sindacato ufficiale (l’ATP Players Council).
Una realtà che il serbo ha pensato subito dopo l’inizio della pandemia, coinvolgendo alcuni colleghi per cercare di focalizzare alcuni temi non più inviabili, legati anche e soprattutto alla sostenibilità economica di una vasta schiera di tennisti.
Per qualcuno, sin dalle prime tappe del percorso, una sorta di movimento anti ATP e WTA, anche se in realtà il proposito più volte enunciato dal numero uno al mondo è stato quello di voler collaborare fattivamente con le due realtà che gestiscono il circuito professionistico del tennis mondiale per favorire condizioni migliori per tutti gli atleti.
Con Djoko c’è Ons Jabeur
Assieme a Djokovic, alla guida della sezione femminile del PTPA, c’è Ons Jabeur, la tunisina oggi numero 7 del mondo, che ha spiegato come proprio il fatto di aver scalato il ranking WTA le abbia consentito di essere una voce importante all’interno dell’universo femminile.
Prima non mi ascoltava praticamente nessuno, pur sostenendo le stesse cose che sostengo oggi. Adesso che sono rispettata per via dei risultati che ho ottenuto non posso restare in silenzio e non lavorare per correggere e migliorare ciò che non va.
Le accuse mosse all’ATP
L’ATP nelle scorse settimane ha presentato un piano a sostegno di quei giocatori compresi entro la posizione numero 250 del ranking, promuovendo un piano di ridistribuzione dei compensi più equo e sostenibile che prevede la divisione del 50% dei guadagni tra organizzatori dei tornei e giocatori.
Piano che in realtà Djokovic e i suoi colleghi del PTPA hanno in buona parte rigettato, considerandolo troppo “morbido” e poco incisivo nella sostanza. Rendere un tennis “più giusto e remunerativo” è l’obiettivo che il sindacato dei giocatori voluto dal serbo, di cui fanno parte come rappresentanti ufficiali Paula Badosa, Hubert Hurkacz, John Isner, Ons Jabeur, Bethanie Mattek-Sands, Vasek Pospisil e Saisai Zheng.
Le intenzioni del PTPA
Sindacato che sin dal principio è stato però anche fortemente criticato da una base piuttosto corposa di giocatori, della quale all’epoca (era il2020) facevano parte anche Roger Federer e Rafael Nadal.
Nelle intenzioni del PTPA c’è la volontà di defenestrare il potere che oggi rivestono le organizzazioni dei vari tornei (su tutti quelle degli slam), che di fatto si ritrovano a gestire somme di denaro enormi riversandone però soltanto una minima parte nei confronti degli atleti.
Da qui l’accusa diretta all’ATP, rea di non riuscire a rendere sostenibile un circuito pro dopo oltre la 100esima posizione del ranking si fatica ad arrivare a fine mese. Un allarme che qualche giorno fa ha visto il miglior giocatore indiano in attività, il 26enne Sumit Nagal (numero 159), dichiarare di aver speso tutti i 90.000 euro di montepremi conquistati da gennaio in qua per sostenere la propria attività, non beneficiando di alcun introito da parte di sponsor o federazione (e l’India ha la popolazione più numerosa al mondo). Se qualcosa deve chiamare, adesso o mai più.