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Tutte le tappe della vicenda Schwazer: il test a sorpresa, la squalifica, l'ostruzionismo e l'assoluzione

La ricostruzione di 8 anni vissuti nella speranza di riduzione squalifica mai arrivata. L'ostracismo di WADA tra le cause della mancata riabilitazione

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Il ritorno alle competizioni, per quanto simbolico esso sia, è di per sé una vera e propria chiusura del cerchio. Perché Alex Schwazer un ultimo assaggio di strada lo meritava: dopo anni passati a difendersi da accuse (spesso) infondate, al marciatore altoatesino non resta che chiudere definitivamente un capitolo e consegnarsi all’affetto di chi gli ha voluto bene (e non sono pochi quelli che glielo hanno dimostrato, specie in tempi recenti). Ma siccome il passato non si dimentica, ripartire da ciò che è stato è il minimo che si possa fare, ripercorrendo le tappe che ne hanno segnato gli ultimi anni di una carriera “mutilata” per evidente responsabilità altrui.

La prima epopea di Schwazer, e lo shock di Londra 2012

Nella vicenda sportiva di Schwazer c’è un prima e un dopo. Nel prima rientrano il trionfo di Pechino 2008 e quello agli Europei di Barcellona 2010, preceduti da due bronzi mondiali (Helsinki 2005 e Osaka 2007). Lo spartiacque però è la settimana che precede la partenza per Londra, dove nel 2012 l’altoatesino avrebbe dovuto difendere il titolo olimpico conquistato quattro anni prima: un controllo a sorpresa rileva tracce di EPO nelle urine di Alex, che crolla di fronte ai giornalisti ammettendo di essersi recato personalmente in Turchia ad acquistare il prodotto vietato.

Comincia un lungo calvario (anche mediatico) che porta all’esclusione dalla squadra per i giochi londinesi e a tre anni e mezzo di squalifica, cui si aggiungeranno ulteriori tre mesi. Nel frattempo però decide di affidarsi a Sandro Donati, guru della lotta contro il doping (ma inviso alle agenzie che combattono l’uso di sostanze vietate), per riabilitarsi anche agli occhi del mondo sportivo: l’obiettivo dichiarato sono i giochi olimpici di Rio de Janeiro, ma qualcuno ha già idee diverse.

Il test a sorpresa e la sospensione “a orologeria”

Schwazer, inutile dirlo, è diventato ormai un personaggio scomodo. E quel che accade nell’estate del 2016 lo dimostra in modo lampante: il 21 giugno 2016 viene annunciato che l’atleta è stato trovato positivo a metaboliti del testosterone in un controllo a sorpresa effettuato il 1° gennaio 2016. Alex respinge ogni tipo di accusa, accusando la WADA di voler trovare un pretesto per escluderlo e difendendosi dicendo che le tracce di testosterone riscontrate nel campione erano ben al di sotto dei limiti consentiti.

La IAAF (oggi World Athetics) lo sospende l’8 luglio e il TAS di Losanna respinge il ricorso d’urgenza presentato dai suoi legali, utile a consentire al marciatore di partecipare alla gara olimpica. Schwazer peraltro va in Brasile, dove riceve la notizia del rigetto del ricorso a due giorni appena dalla gara. Di fatto, la sua carriera agonistica termina in quel medesimo momento, complici gli 8 anni di squalifica comminati.

La battaglia in aula e il mancato sconto della squalifica

La vicenda legale però è soltanto agli inizi. I legali di Schwazer sin dal primo momento portano avanti la tesi della manipolazione del campione. Una tesi che peraltro viene accolta dalla giustizia italiana, che nel 2020 assolve il marciatore da qualsiasi addebito, ritenendo che non abbia commesso alcun illecito sportivo e tantomeno penale. È un punto focale della battaglia portata avanti da Alex: mentre la WADA insiste sulla validità del test effettuato, World Athletics agisce sul medesimo binario, di fatto utilizzando a proprio piacimento i tempi della burocrazia per consentire all’atleta di poter tornare alle gare.

Il caso più lampante è quello che vede Schwazer collaborare fattivamente con la massima organizzazione mondiale di atletica nel 2022, quando “smaschera” letteralmente un tecnico condannato per doping, intento a esercitare la propria professione in modo clandestino. Per questo tipo di situazioni agli atleti viene concesso uno sconto sulla pena proprio per aver collaborato, ma a Schwazer questo diritto (non privilegio) non viene concesso. Così viene confermata la fine della squalifica al 7 luglio 2024, fuori tempo massimo per ottenere il tempo di qualificazione a Parigi 2024. “Giustizia” a orologeria.

La perizia che scagiona Alex e porta all’assoluzione

La battaglia legale sul discusso campione di urine viaggia in parallelo. Schwazer ha sempre sostenuto che nel tragitto tra i laboratori di Colonia e soprattutto Stoccarda ci siano state molte opportunità per manipolare le provette. A Colonia nessuno sapeva da dove provenisse il campione: c’era scritto Racines, il paese d’origine di Alex, ma in realtà la provetta venne acquisita senza una provenienza nota.

I dati del test poi risultano a loro volta assai inusuali: il comandante del RIS dei Carabinieri di Parma, Giampietro Lago, nelle tre perizie svolte è arrivato a sostenere la tesi che “quella concentrazione di testosterone non è fisiologicamente corrispondente a un corpo umano”. Lo stesso Lago è arrivato a sostenere la probabile manomissione delle provette, oltre ad aver accertato uno scambio di mail tra WADA e IAAF dove ricorrevano soventi le parole “complotto” e “A.S.” (sono emerse dopo un attacco hacker russo di Fancy Bears).

Nell’inchiesta penale del Tribunale di Bolzano più volte si è parlato di “ostacoli all’indagine” da parte dei laboratori WADA, ma l’archiviazione del 2021 somiglia a una chiara assoluzione di Schwazer. Al quale però viene negata l’opportunità di vedere ridotta la squalifica, al punto che dopo l’ennesimo parere negativo ricevuto nel novembre del 2023 (mentre è nella casa del Grande Fratello) emerge chiaramente l’impossibilità di chiudere la carriera a Parigi. Così la QAlex 20k diventa il palcoscenico per salutare una volta per tutte il mondo dello sport.

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