Il cestista di Varese Alessandro Gentile in un’intervista al Corriere della Sera ha confessato le sue fragilità e il momento non facile a livello mentale: “L’argomento è delicato, ma è importante. La salute mentale è fondamentale, ma penso anche che sia sottovalutata, soprattutto di questi tempi. La gente si sente isolata e sola, ma forse si vergogna a dirlo. Dato che vivo situazioni simili, volevo dare un aiuto a chi soffre di certi disturbi ed è in difficoltà a raccontarlo”.
“L’ho scritto perché quando capitano certe cose è come se sentissi che stai impazzendo. Ti senti fuori luogo, fuori dal mondo: sono sensazioni brutte e difficili da spiegare – ha continuato Gentile -. Un altro aspetto complicato è appunto il fatto che è difficile parlarne, magari con persone che non hanno la minima idea di che cosa significhi vivere un’esperienza così. Per questo motivo è giusto chiedere aiuto a chi è competente. Non bisogna vergognarsi di farlo, ecco il mio messaggio”.
“Ho questo disagio da tempo, ma l’ho tenuto nascosto – ha confessato -. È diventato sempre più difficile da controllare, finché sono arrivato a un punto in cui non ce la facevo più a gestirlo. È successo l’anno scorso dopo il Covid: la paura e l’isolamento hanno creato brutti scenari”.
Come risolverlo: “Innanzitutto la regola è che… non ci sono regole. All’inizio mi hanno aiutato i genitori e mio fratello Stefano, poi mi sono rivolto a uno psichiatra, successivamente a una psicologa. Con lei continuo a lavorare, condividendo paure e sofferenze: ho capito che noi esseri umani non siamo delle macchine. La mia vita è molto più grande della pallacanestro ed è giusto dare il peso corretto alle cose. L’esistenza non si riduce a quello che succede in campo, nonostante il basket sia la mia passione e il mio lavoro e influenzi gli stati d’animo. A che punto sono? Non entro nei dettagli. Ma sottolineo che non è una battaglia che si vince o si perde: si impara al massimo a gestirla, convivendo con queste sensazioni per accettarle e superarle”.
Sul suo futuro a Varese: “Premesso che a Varese mi trovo bene, anche perché con Adriano Vertermati, l’allenatore, ho un rapporto di amicizia che esula dal basket, dico che le stesse piazze che ti accolgono nel migliore dei modi sono anche le prime pronte a voltarti le spalle non appena cominciano le difficoltà. Ma questa altalena di emozioni non mi condiziona più: ho quasi 30 anni, di alti e bassi ne ho conosciuti troppi. Usciremo da questa annata difficile? Ho fiducia, nonostante la situazione delicata: credo nel gruppo e nel coach”.