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Vialli, il ricordo commosso del fratello Nino: non voleva più lottare

Il campione indimenticato raccontato dal fratello maggiore ad un anno di distanza dalla morte: dall'amore per il calcio agli ultimi anni di sofferenza

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Alessio Raicaldo

Alessio Raicaldo

Sport Specialist

Un figlio che si chiama Diego e la tesi di laurea sugli stadi di proprietà in Italia. Il calcio quale filo conduttore irrinunciabile tra passione e professione. Per Virgilio Sport indaga, approfondisce e scandaglia l'universo mondo dello sport per antonomasia

Gianluca Vialli è stato un mito del calcio al quale tutti hanno voluto bene. Ad un anno dalla scomparsa dell’ex centravanti, tra le altre, di Juventus e Sampdoria, a raccontarlo al Corriere della Sera ci ha pensato il fratello Nino. Con quest’ultimo, più grande di 8 anni, si è ripercorso tutte le tappe dell’indimenticato campione: da bambino brillante e calciatore professionista per finire a quegli ultimi attimi drammatici della malattia che lo ha purtroppo sottratto prematuramente ai suoi cari.

L’ultimo anno del fratello Nino

Domani è in programma una messa per celebrare un anno dalla scomparsa di Luca Vialli. Naturalmente nella sua Cremona. A spiegare cosa sono stati questi 12 mesi senza una figura di riferimento come l’ex calciatore è stato il fratello Nino: “È un ricordo continuo, quest’anno. Anche perché io negli ultimi anni, da che mi sono trasferito per lavoro in Thailandia, Luca l’ho vissuto poco. Ci sentivamo per telefono. Molte volte, dopo che ha scoperto la malattia, nel 2017, non mi rispondeva, non rispondeva ai messaggi, io credo per l’imbarazzo che gli chiedessi: ‘Come stai, come va?’. Mi rispondeva quando si sentiva proprio bene, euforico, sennò si negava un pochino“.

Il terribile Natale della famiglia Vialli

Era il periodo natalizio quando nel 2022 Nino ricevette la terribile notizia: “Mia moglie Nadia ed io siamo stati ininterrottamente a Londra in quei giorni e io ho avuto la soddisfazione di riscoprire un rapporto che comunque c’era. Un rapporto da fratello maggiore. Io ero il fratellone che gli rompeva le scatole.. Quando lui ha cominciato a giocare, si è trasformato da nostro fratello in calciatore con tutti i lati positivi e negativi dei calciatori di allora, soprattutto. Ragazzi tolti da casa giovanissimi, messi in un ambiente che approfittava di loro anziché farli crescere con tutto quello che andava dietro anche in termini di abbigliamento e di stile“.

Troppa sofferenza: Gianluca non ce la faceva più

I giorni in clinica sono stati molto difficili per Gianluca Vialli: “Quando siamo stati là era ancora spiritoso – racconta il fratello -. Quando faceva il drenaggio, soffriva molto per cui cercava di appisolarsi. Luca era cosciente che la fine si avvicinava, l’attendeva con impazienza, voleva smettere di soffrire, smettere di lottare che non era da lui. Ma la malattia era durata troppo a lungo“. Il prosieguo è ancor più straziante: “Penso che la sofferenza fosse troppa. Si appisolava sempre più frequentemente, si svegliava poco e noi abbiamo solo potuto stragli vicino. Eravamo tutti lì quando è spirato. Sua moglie, le sue figlie. Ci ha lasciato le sue volontà“.

Una festa per ricordarlo in stile americano

Volontà che erano una specie di festa commemorativa in suo onore: “Voglio che quando il tempo si aggiusta – ricorda Nino Vialli – , vi riuniate per ricordarmi, che sia una cosa allegra, come quelle cose che si vedono nei film americani con la gente che si ritrova quasi per un party. Lui si immaginava una cosa del genere con la sua famiglia, i suoi amici più cari che ci ha elencato: gli Zjg e qualche calciatore. Noi ci siamo premurati di organizzarla lo scorso agosto a Grumello: c’è stata tanta commozione“.

Vialli e l’amore per il pallone nato a 2 anni

C’è spazio nel corso dell’intervista anche per ricordare le origini e la decisione di diventare calciatore da parte di Luca Vialli presa all’età di 2-3 anni: “Si applicava, rimaneva in cortile a tirare di destro e di sinistro contro la porta del garage. Era interista come me, mentre i miei fratelli e mio padre erano juventini. Gli piaceva molto Boninsegna, Bonimba. E poi Pelè, per tutti il numero uno in assoluto. Crescendo, ha avuto una venerazione per Johan Cruijff. Gli piaceva molto il gioco dell’Olanda“. In futuro poi Nino ha avuto occhi solo per il fratello: “Leggevo solo le pagine delle squadre in cui giocava, poi lo guardavo a Sky ed era molto divertente“.

Il calcio inglese e la lontananza dalla famiglia

Tra i consigli richiesti da Gianluca Vialli al fratello c’è stato anche il passaggio in Inghilterra: “Era innamorato di quel calcio così poco interessato al risultato. Eravamo preoccupati della lontananza, però i primi tempi tornava abbastanza spesso e l’ha portata via bene, perché là è diventato subito un beniamino, ha fatto tanti gol, è stato apprezzato dalla squadra, ho sentito dire che ha vinto più da allenatore che da calciatore. Da qui mi giungeva l’eco dei suoi successi“.

Con Mancini in Nazionale

Poi Mancini e l’avventura in Nazionale: “Lui non non voleva fare l’allenatore per non andare troppo in giro, per non rubare tempo alla famiglia. Quello era un ruolo che gli confaceva, perché gli impegni della Nazionale sono diradati nel tempo e poi non era in prima linea. Si poneva il problema di scavalcare Mancini, ma Mancini non si vergognava di chiedergli consigli. Anche perché quando erano alla Samp, Luca era il capo popolo“. Infine, il golf e il tennis – sport nei quali Vialli pure eccelleva.

Insomma, un aggettivo per definirlo Nino lo trova: “Brillante. Dire spiritoso è limitativo, intelligente è limitativo. Brillante forse mette insieme tutta la sua personalità. E un perfezionista in tutto“.

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