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Volley femminile, Velasco Ct dell'Italia è l'uomo giusto al ponte di comando

Perchè il neo tecnico di Busto Arsizio, che dai quadri federali è uscito non più tardi di tre mesi fa, sarebbe la figura ideale per ridare slancio all'Italvolley femminile

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Tutte le strade portano a Julio. Che invero dai quadri federali è uscito non più tardi di tre mesi fa: dietro ai trionfi in serie delle nazionali giovanili c’è molto dei consigli e delle linee guida dettate dal tecnico della “generazione dei fenomeni”, che alle soglie dei 72 anni (li compirà il prossimo febbraio) ha deciso di rimettersi in gioco per davvero, accettando l’incarico di capo allenatore di Busto Arsizio.

Una prima assoluta per lui nel mondo del volley femminile, che potrebbe dunque rivelarsi l’anticamera di quel che tutti dicono e sanno, ma che nessuno, nemmeno il diretto interessato, per ora si sogna di annunciare.

In attesa del Consiglio Federale

Per capire se davvero Velasco sarà o meno il nuovo commissario tecnico della nazionale femminile bisognerà attendere metà ottobre, quando è previsto il Consiglio Federale che ratificherà la fine del rapporto con Mazzanti e darà conto del nome del suo successore.

E per quanto il presidente Giuseppe Manfredi continui a dire che esiste una rosa di 5-6 nomi, quello dell’argentino è il nome sul quale tutti sono d’accordo.

Sportivo in tutti i campi

Quando 40 anni fa sbarcò in Italia, scovato da Giovanni Cormio (giornalista e dirigente) e portato ad allenare a Jesi, mai il buon Julio si sarebbe immaginato quel che il futuro gli avrebbe riservato.

Due anni dopo (era il 1985) a Modena gli danno in mano una squadra dal potenziale enorme, che lui fa fruttare eccome: la Panini domina in Italia e in Europa e il passaggio successivo è appunto l’approdo alla giovane ma ambiziosa nazionale azzurra.

Che sotto la sua guida conosce il periodo di massima espansione, tecnica e (soprattutto) mediatica: due mondiali, tre europei, 5 World League sono il biglietto da visita che manda a referto nell’arco di 8 anni densi di trionfi, e pure di qualche delusione, vedi le due olimpiadi sfumate entrambe contro l’Olanda (nei quarti a Barcellona ’92, in finale ad Atlanta ’96, sempre al tiebreak).

La Lazio, l’Inter e l’Iran

Un’epoca di trionfi irripetibile che è rimasta nell’immaginario collettivo e ha consentito alla pallavolo di uscire dalla “nicchia” e diventare uno degli sport più seguiti a livello nazionale.

Quando torna ad allenare le squadre di club, nei primi anni 2000, raccoglierà meno vittorie, mentre sulla panchina dell’Iran regalerà i primi titoli asiatici alla federazione locale. In mezzo c’infila pure un paio di esperienze da dirigente calcistico, la prima alla Lazio (con Sergio Cragnotti), la seconda nell’Inter (con Massimo Moratti).

La chiamata di Busto e il doppio incarico

Il riassunto è fin troppo breve per delineare davvero i contorni dell’uomo Velasco. Il classico “hombre vertical”, termine che spesso con gli argentini ci azzecca: conoscenza smisurata della materia, carisma da vendere, capacità di plasmare nel modo migliore possibile le menti dei propri giocatori.

Nel quadriennio in cui ha rivestito il ruolo di direttore dell’area tecnica delle nazionali giovanili azzurre i risultati non si sono fatti attendere, con vittorie diffuse in tutte le categorie. Ma quando c’è stato da rispondere alla chiamata alle armi di Busto, la tentazione di tornare in panchina è stata troppo forte: l’universo della pallavolo femminile l’affascina e la voglia di lavorare con un gruppo giovane, provandolo ad accompagnare nei piani alti del volley nazionale, evidentemente è stato troppo forte.

Strascichi, scelte e questioni dirimenti

Così come la volontà della FIPAV di impedirgli di dare seguito al suo ruolo nei ranghi federali: il doppio incarico resta un tabù nell’universo pallavolistico italiano, ma forse è destinato a cadere proprio in virtù della necessità di chiedere a Julio di farsi carico del “fardello” della nazionale femminile.

Chissà se proprio gli strascichi del mancato accordo con la federazione in merito a un possibile doppio incarico da tenere nella stagione corrente possano in qualche modo pesare nell’economia delle scelte del tecnico e della FIPAV.

Lo tsunami Mazzanti, con tutto quel che ne consegue, costringerà però il presidente Manfredi a prendere la situazione di petto: troppo importante l’appuntamento a cinque cerchi per incagliarsi su un cavillo (appunto il doppio incarico club e nazionale) e far saltare un matrimonio che tutti danno ormai per fatto.

La figura giusta e il momento ideale

Dopotutto Velasco sembra la figura giusta al momento giusto: chi meglio di lui, cioè quello che ha gestito in prima persona la cosiddetta “generazione di fenomeni”, può adoperarsi per riportare il sereno all’interno di quel gruppo che è deflagrato tra invidie, incomprensioni e gelosie negli ultimi 12 mesi?

Un gruppo, quello del volley azzurro al femminile, considerato (a ragione) come uno dei più talentuosi che la scuola nazionale abbia mai avuto in tutta la sua storia. Disperdere un capitale simile sarebbe imperdonabile: Velasco ha la sapienza, la conoscenza e le qualità umane e tecniche per provare a porvi rimedio.

Il fine che giustifica i mezzi

E attorno alla sua figura tutte le giocatrici più chiacchierate degli ultimi periodi, anche quelle rimaste fuori dal progetto di Mazzanti, finirebbero per comprendere chi è che comanda.

Velasco sarebbe un comandante capace di farsi seguire dal “suo equipaggio”: la maledizione olimpica che l’ha attanagliato, e che ha attanagliato anche le ragazze del volley, mai come stavolta potrebbe far loro unire le forze.

Dopotutto, diceva Machiavelli, il fine giustifica i mezzi. Un traghettatore come Julio sarebbe semplicemente oro colato.

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