L’ambizione è il profumo della vita, più dell’ottimismo che Tonino Guerra ha decantato per anni negli spot pubblicitari. E chissà se in casa Jumbo Visma qualche filmato dell’epoca non sia rimbalzato prima di confezionare il piano di conquista della Vuelta 2023. Che si presenta come una delle corse più belle e incerte degli ultimi anni, certamente impreziosita dalla contemporanea presenza dei vincitori dei due grandi giri stagionali già disputati, vale a dire il Giro (vinto da Primoz Roglic) e il Tour (bissato da Jonas Vingegaard).
I due campioni, che per la prima volta in assoluto correranno fianco a fianco, saranno le punte di diamante di una squadra che ha calato assi di prim’ordine per cercare di riportare la maglia rossa nella “parte giusta” del Nord. Già perché la Roja da quelle parti c’era tornata anche lo scorso anno, però in Belgio e grazie a Remco Evenepoel, che proverà a difenderla in un’edizione che si preannuncia densa di significati, aperta a qualsiasi scenario e destinata a riscrivere (almeno in parte) la storia recente del ciclismo.
Two is megl che one
Perché la Jumbo Visma s’è messa in testa un’idea meravigliosa: punta a diventare la prima squadra di sempre a conquistare tutti e tre i grandi giri nella stessa stagione. Sulla carta un’impresa più che realistica, pensando al fatto che Roglic si è allenato per tutto l’anno proprio per centrare la doppietta Giro-Vuelta, mentre Vingegaard aveva già messo in serbo di fare altrettanto, pur dando priorità assoluta alla riconquista della maglia gialla al Tour.
Proprio le condizioni fisiche del danese rappresentano il vero punto di domanda della storia: da un mese a questa parte Vingegaard non ha più corso, semplicemente affinando la preparazione per la corsa a tappe spagnola, affrontata soltanto nel 2020 ma senza ambizioni di classifica. La sua è stata un’estate ben diversa da quella 2022, quando l’imprevista popolarità scaturita dal trionfo al Tour lo travolse a tal punto da farlo quasi cadere in depressione (ammise di soffrire di un trauma da stress per l’incredibile sforzo fisico e mentale che richiese la grand boucle).
Pensare che possa correre solo in appoggio di Roglic è però azzardato: il danese ormai è un leader conclamato e soltanto la strada dirà chi tra i due potrà assumere i gradi del vero capitano. Dopotutto correre con due punte può essere visto come un azzardo, ma ha pure i suoi innegabili vantaggi: la Vuelta storicamente è una corsa esigente, dove spesso cadute e imprevisti rimescolano le carte con grande facilità (lo sa bene anche Roglic, che lo scorso anno fu costretto a ritiro prima della 17esima tappa proprio per i postumi di una caduta). E l’ultima volta che una squadra si presentò a un grande giro con due punte (la Ineos Granadiers nel 2019, con Bernal e Thomas) guarda a caso i diretti interessati chiusero al primo e al secondo posto.
Uno squadrone
Ai calabroni sulle strade spagnole interesserà ribadire la superiorità nel panorama Word Tour, ben consapevoli del fatto che una rosa di 8 corridori così forti è off-limits per chiunque: oltre ai due capitani ci saranno Kuss, Keldermann, Valter, Gesink, Van Baarle e Tratnik. Soprattutto Kuss, al terzo grande giro in stagione, si presenta come il gregario perfetto in salita, dove pure chi tra Roglic e Vingegaard dovesse uscire dalla classifica diventerebbe il vero valore aggiunto, un po’ come Van Aert sulle strade del Tour.
Sulla carta nessuno può resistere a un assortimento tanto vasto: l’UAE Team Emirates, senza Pogacar, proverà a rispondere puntando sul talento di casa Juan Ayuso e su Joao Almeida, ma la coppia non può certo essere paragonata a quella dei Jumbo Visma. Così come quella degli Ineos Granadiers, che prima della pandemia facevano razzia di grandi giri come adesso fanno i calabroni, che si presentano con Geraint Thomas e Pavel Sivakov (più Egan Bernal, alla Vuelta per completare la stagione di rientro dopo il terribile incidente di inizio 2022).
Le altre squadre avranno gerarchie ben definite: Remco è il capitano indiscusso della Soudal Quick Step, che come accaduto lo scorso anno chiederà all’ex campione del mondo di “salvare” la stagione del team del vulcanico Lefevere. La Bora Hansgrohe punterà forte su Aleksandr Vlasov, la Education First su Richard Carapaz, la Movistar su Enric Mas (questi due hanno ricalibrato il percorso in corsa dopo i ritiri lampo al Tour). Ma in fondo nessuno ha un arsenale come quello dei calabroni.
Quali strategie?
Che cosa potrebbe andare storto in casa Jumbo Visma al netto di cotanta abbondanza? Sulla carta, Roglic è la prima carta da giocare: perché negli ultimi due mesi e mezzo ha badato solo a preparare la Vuelta, tornando a Burgos e vincendo senza difficoltà la breve corsa a tappe di avvicinamento. E poi perché su percorsi più adatti a finisseur, con autentiche rampe poste a fine tappa piuttosto che lunghe salite (che pure non mancheranno strada facendo) ha dimostrato di trovarsi a meraviglia.
Quello di Vingegaard è piuttosto un esperimento: dimostrare che si può provare a vincere Tour e Vuelta nello stesso anno, cosa riuscita soltanto a Chris Froome nel 2017 (ci riuscirono pure Anquetil nel 1963 e Hinault nel 1978, ma allora la Vuelta si correva ad aprile, prima del Giro). Roglic vorrà invece provare a emulare l’impresa di Alberto Contador, ultimo ciclista a vincere nello stesso anno Giro e Vuelta (ci riuscì nel 2008), mentre Merckx (1973) e Battaglin (1981) fecero doppietta ma quando in Spagna si correva in primavera, prima del Giro. Tornando al Tour 2019, vinto da Bernal su Thomas, qualche polemica strada facendo emerse, unitamente a tattiche di gara non sempre lineari. Ma alla fine nello sport conta il risultato, e ai calabroni interessa semplicemente vestire un corridore di rosso.