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Addio a Roberto Perrone, il giornalismo perde un altro poeta dello sport

Muore a 65 anni dopo una breve malattia la storica firma del Corsera, amante dei libri e della gastronomia

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Era genoano dichiarato ma il suo ultimo articolo lo ha scritto recentemente su Vialli per il Corriere dello sport perché lo sport per Roberto Perrone andava al di sopra delle bandiere. Il Perri, come lo chiamavano tutti, è morto a 65 anni dopo una breve ma fulminante malattia. Lascia la moglie Emanuela, i figli Cecilia, Rachele e Giovanni, ma anche un’eredità da romanziere e giornalista dalla penna fine. Le sue grandi passioni lo sport e la gastronomia ma anche i gialli. L’ultima sua apparizione pubblica a Recco, lo scorso 7 luglio alla libreria Capurro, per parlare del suo libro “Un odore di Toscano”, l’ultimo di una lunga e fortunata serie.

Addio a Perrone, scrisse anche libri per ragazzi

Tutto iniziò da «Zamora», che ora finalmente dovrebbe diventare un film tv, per arrivare al commissario Toscano, la sua ultima creatura letteraria. In mezzo racconti, opere per ragazzi e libri di ricette. Ha scritto anche libri per ragazzi (la saga Banana Football Club per Rizzoli­-Fabbri, tre volumi, e La magia dell’acqua, dedicato alla pallanuoto, per Bompiani), quattro manuali di ricette per tifosi di calcio e ha curato con il suo amico Gigi Buffon la biografia del grande portiere della Juventus. E noir con la trilogia di Annibale Canessa.

«Ho viaggiato tanto e in ogni mio libro c’è qualcosa dei miei viaggi .- disse in un’intervista – Storie, aneddoti, cibo. Dopo Annibale Canessa, volevo un personaggio che fosse ugualmente forte ma caratterialmente diverso. Toscano si diverte ogni volta che può, è un “cazzaro”. Io ho cominciato a leggere i giall con Giorgio Scerbanenco, ancora oggi insuperabile. Mi piace Sciascia, per le tinte gialle dei suoi romanzi politici. Tra gli americani amo Michael Collins, Lee Child e Don Winslow. Tra gli inglesi preferisco il Le Carrè de La Talpa. Tra gli scandinavi, Henning Mankell e il suo commissario Wallander».

Addio a Perrone, una carriera da prima firma

Era grosso di costituzione il Perri, fumava il sigaro e amava i piaceri della vita ma sul lavoro era scrupoloso come pochi. Nato a Rapallo (“Mio nonno, impresario edile, aveva costruito la casa di Rapallo di un grande pittore torinese, Enrico Paolucci, che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare. Venivo a Torino alle sue mostre. La mia tesi di laurea fu su Mario Soldati“) Perrone ha lavorato al Giornale di Indro Montanelli dal 1981 al 1989. Dal novembre 1989 al giugno 2015 è stato inviato del Corriere della Sera, quando andò in prepensionamento dopo la finale della Juventus a Berlino.

Per il Corsera ha seguito, solo per citare le manifestazioni maggiori, 9 Olimpiadi e 7 Mondiali di calcio; inoltre ha scritto di tutti i grandi tornei di tennis, Wimbledon, Roland Garros, Us Open, Australian Open, della Coppa Davis e della Fed Cup e di tutti gli avvenimenti di nuoto e pallanuoto (sua antica passione) degli ultimi anni; ha raccontato 11 finali di Champions League, 4 finali Europa League e 5 edizioni degli Europei di Calcio; ha intervistato grandi campioni ma anche gente comune con una storia da raccontare.

Dal 2009 si è occupato anche di enogastronomia e viaggi, descrivendo le grandi e le piccole tavole d’Italia e d’Europa. Prima ogni sabato, poi di venerdì sul Corriere c’era la sua “Scorribanda”, molto seguita dove suggeriva luoghi dove sedersi a una buona tavola ma anche incontrare qualcuno o vedere qualcosa di speciale. Questi racconti li ha raccolti nel “Manuale del Viaggiatore Goloso”

Addio a Perrone, scrisse la biografia di Buffon

Tra i libri sportivi si ricorda la biografia scritta a 4 mani con Gigi Buffon: “E’ stata un’esperienza molto bella -rivelò – ma quello che mi ha più interessato è stata la frequentazione con lui, conoscere il suo lato umano, cementare un’amicizia. Una volta abbiamo parlato a casa sua, con lui che teneva suo figlio di sei mesi in braccio. Di lui è emerso che è un calciatore sui generis, assolutamente non calcolatore, immerso nel mondo dove vive. Mi stupì la rivelazione della depressione che apre il libro: nell’immaginario popolare i calciatori sono giovani, belli, forse un po’ scemi e senza problemi. Non è vero, li hanno e molti di loro se ne accorgono.

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