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Aldair: il difensore moderno del passato

Brasiliano soprannominato "Pluto", difensore iconico della Roma. Aldair ha inventato il ruolo del difensore moderno.

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Simone Biancofiore

Simone Biancofiore

Giornalista

Laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Bologna. Il calcio è da sempre una grande passione. Scrivere di calcio? Merito di mio nonno, gli devo tanto.

Aldair: il difensore moderno del passato Fonte: Imago Images

Aldair Nascimento dos Santos, conosciuto da tutti semplicemente come Aldair, è stato uno dei precursori della figura del difensore moderno. All’inizio voleva giocare in attacco per emulare il suo idolo Roberto Dinamite ma poi finisce in difesa: “Giocando da attaccante prendevo troppi calci”.

Brasiliano dal fisico possente con tanti chili (muscoli) e una forza fuori dal comune. Non era un velocista ma era in possesso di una tecnica sopraffina e al tempo stesso mostrava eleganza, anche nei tackle. Imbattibile nel gioco aereo ma era un calciatore che sapeva anche impostare come un perfetto regista. E se a guardarlo probabilmente nessuno lo direbbe, era un’atleta che, attraverso il silenzio, era un leader.

Nasce a Banco de Vitoria, a pochissimi chilometri da Ilhéus. Sul giorno della nascita aleggia un po’ di mistero visto che, come ribadito dallo stesso Aldair, lui sostiene di essere nato il 30 ottobre del 1965. Però, per via di un errore anagrafico risulta registrato il 30 novembre. Poco importa anche perché il brasiliano è stato un giocatore che ha incantato sin da subito. La sua è stata una carriera di tutto rispetto anche se probabilmente poteva vincere di più di quanto recita il palmares. Con la nazionale brasiliana ha vinto due coppe America e un Mondiale in USA nel 1994 contro l’Italia. A 38 anni compiuti con la Roma di Fabio Capello fa gioire i tifosi giallorossi alzando al cielo il tricolore. Tutto questo nella stagione 2000/01, ovvero quello dell’ultimo scudetto della storia.

Il Brasile e l’approdo in Europa

Come è successo per molti giocatori provenienti dalle zone povere del mondo, il calcio per Aldair è stato un mezzo, uno stimolo per uscire dalle difficoltà quotidiane e anche economiche. Aveva quindici fratelli ed un padre quasi mai presente e lontano da casa.

A 16 anni viene scelto dal Vasco da Gama per sostenere un provino. Non è un momento facile per Aldair che soffre probabilmente la lontananza dal suo luogo di origine. Non riesce ad esprimersi secondo le sue potenzialità e alla fine del periodo non viene ritenuto idoneo e quindi scartato.

Un’esperienza che segna un po’ il giovane brasiliano che torna a casa e per un momento crede anche che il calcio non sia effettivamente la sua strada. Però, quando sei destinato, ogni cosa che ti appartiene trova la strada. Un giorno stava facendo una partitella con i suoi amici e casualmente passa un ex giocatore del Flamengo. Rimase sbalordito da quel piccolo Aldair e lo segnalò subito alla società con sede a Rio de Janeiro.

Nel 1985 il brasiliano diventa un giocatore del Flamengo. Pur di giocare in questo prestigioso club si trasferisce nella Baixada Fluiminense, in un quartiere popolare ma anche violento. Le riviste, parlando di Aldair, lo descrivevano come un ragazzo che “non fuma, non beve che una birra ogni tanto, non si butta nel ballo e riduce i suoi lazzi ad alcune uscite al cinema con la fidanzatina Maria de Penha, 17 anni”. Inizia il percorso nelle giovanili e gradualmente, grazie alle sue notevoli qualità, riesce ad arrivare in prima squadra. Al primo anno nei professionisti vince anche il campionato brasiliano, aiutato e sostenuto da una leggenda come Mengao.

Aldair cresce e il suo exploit lo porta in Europa. Il Benfica perde il centrale José Carlos Nepomuceno Mozer, che chiede di essere ceduto al Marsiglia. I portoghesi individuano nel brasiliano l’erede perfetto. Un anno dove riesce a vincere una Supercoppa portoghese (1989) e arrivare addirittura a sfiorare la vittoria della prestigiosa Champions League. In finale ci sono i rossoneri di Fabio Capello, il Milan si aggiudica la coppa dalle grandi orecchie grazie ad un gol del mostro sacro del calcio olandese: Franklin Edmundo Rijkaard. Un’esperienza breve ma probabilmente chiave della sua carriera perché gli permetterà di farsi conoscere al mondo intero facendo intravedere le caratteristiche di difensore diverso rispetto a quelli in circolazione.

Aldair durante Roma Juventus Fonte: Imago Images

Aldair e la Roma

Il passaggio del brasiliano alla Roma è destinato ad essere ricordato come una vera e propria storia d’amore. Non a caso il club lo ha inserito nella sua Hall of Fame. Nel 1990, sotto la presidenza di Dino Viola, si trasferisce nella Capitale per una cifra pari a 6 miliardi di lire. Ci resta per 13 anni diventando un’icona del club e dei tifosi. Aldair viene chiamato “Pluto” perché in lui i supporters rivedono una forte somiglianza con il miglior amico di Topolino.

A Roma Aldair si consacra, trova la sua dimensione ideale e perfetta. Non sono mancati i momenti difficili perché nel 1999 è ad un passo da lasciare i giallorossi. L’Inter gli fa firmare un precontratto ma grazie all’intervento di Franco Sensi e Fabio Capello il brasiliano cambia idea. Una scelta che gli porta a vincere, prima della Coppa Italia della stagione 1990/91, il titolo di campione d’Italia. È il 2001 ma Aldair, per uno scherzo beffardo del destino, non è assoluto protagonista di quel percorso che ha portato Totti e compagni a conquistare lo scudetto. I problemi fisici limitano il brasiliano in quell’anno indimenticabile, fu costretto anche a saltare quel famoso Roma-Parma del 17 giugno a causa della rottura del legamento del crociato del ginocchio destro. Vince anche la Supercoppa Italiana diventando di fatto anche il primo calciatore del club giallorosso ad aver vinto le tre principali manifestazioni italiane.

Aldair è stato anche uno dei primi a credere fortemente in Francesco Totti. Nel 1998 riceve la fascia di capitano da Baldo e il brasiliano, dopo averla portata al braccio per diversi anni, decide consegnarla al numero 10 nella stagione 1998/99. Era precisamente il 31 ottobre, alla vigilia della sfida casalinga contro l’Udinese. Un gesto che lo ha legato ai tifosi anche perché la storia di Totti e la Roma la si conosce. Il 2 giugno 2003 Totti nel suo blog, parlando di Aldair, scrisse: “mi hai visto crescere e maturare come giocatore, e spero anche come uomo. Mi lasci il testimone, come hai detto pochi giorni fa, ma solo virtualmente, perché credo che nella Roma, il posto per te, ci sarà sempre”.

Un altro curioso episodio che è nella mente di molti tifosi romanisti è quello che succede il 23 marzo 2003. La Roma di Fabio Capello attende il Piacenza, i giallorossi dominano la partita e vincono con un netto 3-0 grazie alle reti di Cassano, Delvecchio e Totti. Al 73’, con il risultato già in cascina, viene fischiato un calcio di rigore per la Roma. L’Olimpico invoca e urla il nome di Aldair. Il brasiliano si presenta al dischetto ma Orlandoni gli nega la gioia parando il tiro. Al termine della gara l’estremo difensore piacentino lo abbraccia, triste per aver rovinato un momento così ricco di emozioni. Alla fine il suo bottino personale sarà di 436 presenze e 20 gol messi a segno. La sua lunga parentesi con la Roma si chiude due mesi dopo quel rigore, il club decide di ritirare la numero 6 per rendere onore ed omaggio ad un giocatore che ha scritto la storia. Però, per volere del giocatore, quel numero viene rimesso in gioco e il primo a riprenderlo è l’olandese Kevin Johannes Willem Strootman.

È il 2 giugno 2003 quando Pluto lascia definitivamente la Roma. Allo Stadio Olimpico venne organizzato l’Aldair-Day. Davanti a 40mila spettatori venne giocata un’amichevole tra la Roma e il Brasile. Inutile dirlo, non sono mancati i momenti di commozione.

Aldair durante Birkirkara - Olimpija Ljubljana Fonte: Imago Images

Genoa e il finale di carriera

A 38 anni Aldair ha ancora mercato. Dice: “Ho avuto tante offerte da Inghilterra e Qatar ma era importante rimanere in Italia per la famiglia”. Aldair, però, detta una condizione: non giocare contro la Roma. Una scelta che lo porterà, dopo aver rifiutato il Bologna e il Siena, a scendere in Serie B e a vestire la maglia del Genoa. In Liguria ci resta una stagione e ha l’onore di indossare anche la fascia da capitano del Grifone. Disputerà 17 partite complessive e mette a segno anche un gol nella gara del Franchi contro la Fiorentina del 16 novembre 2003.

Tutto finito? Neanche per sogno. Nel 2007, a 41 anni, viene ingaggiato dai sammarinesi del Murata. Il club, dopo aver vinto il suo secondo scudetto consecutivo di fila, ha come obiettivo quello di superare lo storico preliminare di Champions League. Si presenta con un fisico perfetto, nonostante i due anni di inattività. La sua professionalità non viene a mancare. Disputerà qualche partita, gli acciacchi fisici condizionano e non poco la sua avventura.

Aldair in nazionale

Pluto con il suo Brasile vince tutto quello che c’era da vincere. Colleziona 83 presenze, a cui se ne aggiungono altre 6 nelle Olimpiadi. La prima apparizione risale al 15 marzo 1989, in occasione della gara contro l’Ecuador. Il suo inserimento è graduale, la nazionale verdeoro è composta da difensori di grandissimo livello. Questo non spaventa minimamente Aldair che riesce a conquistarsi un posto da protagonista. Nel 1989 viene inserito nella lista dei convocati per la Copa America. Nella prima contro il Venezuela è in panchina ma in quelle successive non uscirà mai dal campo. Risultato? La vittoria della competizione.

Poi il Mondiale USA ‘94. Aldair viene convocato ma è ancora dietro nelle gerarchie. È una riserva ma gli infortuni di Ricardo Gomes e Ricardo Rocha spinsero il ct Carlos Alberto Parreira a schierarlo titolare accanto a Santos. Quel Brasile arrivò fino in finale, battendo 3-2 ai calci di rigore l’Italia di Arrigo Sacchi. Un altro trionfo.

Pluto cresce e nel 1997 arriva un’altra convocazione per la Copa America. Questa volta, però, sarà tutto diverso perché parte come assoluto protagonista e titolarissimo della Seleçao. Sei partite vinte su sei, 7-0 sul Perù in semifinale e poi, il 29 giugno 1997, la vittoria in finale per 3-1 contro la Bolivia. Un altro trionfo per il Brasile, l’ennesimo per Aldair.

Nel 1998 Aldair ha la ghiotta occasione di vincere il secondo mondiale della sua carriera. La nazionale verdeoro arriva fino in finale ma alla fine furono i francesi guidati da ​​Aimé Jacquet a trionfare.

Cosa fa oggi Aldair

Aldair si è sposato con Claudia e hanno messo al mondo due figli: Stefano e Giulia. Il legame con l’Italia non manca considerando i nomi dati ai suoi discendenti. Oggi vive in Brasile, a Vitoria. È l’ambasciatore del footvolley e gira per tutte le spiagge del Mondo e continua a fare spettacolo. Ha partecipato anche alla Bobo Summer Cup con Ronaldo e Vieri. Lo scorso 22 ottobre 2022, ad Ostia, c’è stata la seconda edizione del torneo “Aldair&Friends”. Una manifestazione nata per rendere omaggio al campione brasiliano. Pluto ha fatto coppia con un altro ex giallorosso, Max Tonetto. Tra gli invitati c’erano anche Lima, l’ex Lazio Cesar. Il calcio è rimasta la sua passione perché si occupa anche di scouting. Ha dato vita, insieme a quattro soci, ad un’agenzia che ha l’obiettivo di proporre giovani talenti (soprattutto brasiliani) ai club di tutto il mondo. Pluto ha aperto anche una scuola calcio per bambini a Roma, precisamente al Circolo Le Palme, sull’Aurelia.

Aldair è stato un leader silenzioso capace di essere amato da tutti ed apprezzato per le sue qualità tecniche e morali. Il silenzio, molto spesso, viene confuso come un segno di debolezza oppure di passività ma Aldair è stata la forte dimostrazione che in realtà nel calcio, così come nella vita, ciò che conta sono i fatti. Pluto, con il suo modo di essere, ha impresso un grande cambiamento al ruolo e alla figura del difensore, introducendo la figura del difensore completo e moderno. È stato anche un regista, cosa che è diventata attuale solamente qualche anno fa. Resterà nella storia come uno dei giocatori più forti nel suo ruolo anche se magari, tenendo presente il suo potenziale, poteva vincere molto di più. Nel calcio, fortunatamente, esistono anche i sentimenti e quel legame decennale con la Roma è stato un segno indelebile, una risposta al fatto che esistono anche calciatori legati ad una maglia e dove tutto il resto passa in secondo piano. Grazie Pluto.

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