Una delle giovani promesse azzurre dell’arrampicata sportiva ha perso la vita sulle montagne dell’India: Elisabeth Lardschneider, 20 anni, è morta a seguito di una caduta di oltre 150 metri lungo una parete delle montagne del Ladakh, nella valle dello Zanskar.
L’atleta di Ortisei era partita verso l’India con altri 6 climber altoatesini, intenta ad esplorare nuovi percorsi in un’area piuttosto remota e sin qui poco sfruttata dal mondo dell’arrampicata. Durante una salita, per causa che sono ancora in corso di accertamento, Elisabeth ha perso la presa ed è precipitata per oltre 150 metri, tanto da rendere inutili anche i complicati tentativi di soccorso, dal momento che la morte è avventa sul colpo.
- Un talento naturale
- Quando Elisabeth aveva scalato la parete ovest del Pok Odessa
- Il sogno, la guida alpina e i Catores
- Il dolore di una comunità
Un talento naturale
Il tutto è accaduto nella mattinata italiana di mercoledì 26 luglio: poche ore dopo la notizia si è sparsa in tutta Ortisei, costretta a piangere una delle ragazze più promettenti del panorama nazionale, già decisa a prendere parte ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 (l’arrampicata sportiva ha esordito nel programma olimpico a Tokyo 2020).
Elisabeth per qualcuno era una sorta di predestinata: all’arrampicata si è avvicinata sin da bambini, accompagnando la passione per le montagne con la voglia di emergere in una disciplina tanto impegnativa, quanto affascinante.
Anche gli studi presso il ginnasio di Scienze Sociali di Merano (con specializzazione nello sport) andavano nella direzione indicata: la Lardschneider vedeva nel suo futuro una vita da atleta, e la sua fama è andata aumentando sin dall’età di 14 anni, quando scalò il Menhir, una parete 8b presente a passo Gardena.
Quando Elisabeth aveva scalato la parete ovest del Pok Odessa
La federazione nazionale s’interessò in fretta a questa giovanissima ragazza, che di lì poco sarebbe entrata a far parte del giro delle nazionali giovanili.
Lo scorso anno Elisabeth aveva scalato la parete ovest del Pok Odessa, una montagna alta 4.810 metri nel Kirghizistan, dopo quell’impresa (condivisa con altri 3 compagni di avventura) aveva cominciato a maturare in lei l’idea di riuscire a trovare posto nella squadra che si sarebbe andata a giocare una medaglia a Parigi 2024.
Il sogno, la guida alpina e i Catores
Il suo vero sogno era però quello di diventare una guida alpina e di entrare a far parte dei Catores, unità speciale di alpinisti e soccorritori delle zone dolomitiche. Tornata ad abitare in Val Gardena dopo aver conseguito la maturità, la Lardschneider aveva subito risposto con entusiasmo all’invito di diventare consulente in una palestra di arrampicata a Bressanone, concedendosi durante l’estate alcune avventure sulle montagne più affascinante e in parte sconosciute del mondo.
Il dolore di una comunità
La spedizione in India doveva rappresentare un’altra tappa importante della sua crescita, come atleta e come persona. Pianificata lo scorso inverno con una squadra composta da altri 6 scalatori, sembrava potesse rivelarsi alla stregua di una nuova grande avventura, magari esplorando percorsi poco conosciuti al di fuori dell’ambiente dei climber.
Una fatalità però le è costata la vita, rovinando tutti i suoi meravigliosi progetti e gettando nello sconforto un’intera comunità. Il sindaco di Ortisei, Tobia Moroder, non ha potuto far altro che commentare con sgomento le notizie arrivate dall’India.
Una perdita per tutta la Val Gardena, ma anche per il mondo dell’arrampicata sportiva, che dovrà abituarsi a non avere più a che fare con quel sorriso che apriva il cuore, oltre che con quella ragazza così spensierata e piena di vita che sapeva trasmettere tutto l’amore per la montagna. Un talento che ha pagato un dazio enorme, strappato tanto presto da un destino cinico e beffardo.