Su quel video è stata avviata una riflessione, sui social e nelle sedi opportune, che ha posto interrogativi ovvi per quanto mostrato nelle immagini.
A distanza di due giorni dalla pubblicazione del filmato che mostra il fermo del centrocampista del Milan Tiemoue Bakayoko – al centro del mercato -, da parte di alcuni agenti della polizia nel corso di una operazione di cui ha dato conto senza approfondire i dettagli anche il questore, è stato il giocatore a fornire la sua versione attraverso i social.
- Il post di Bakayoko sul fermo e il video virale
- Le indagini e l'alert che hanno portato al fermo
- La polizia ferma il centrocampista: pistola puntata
- La posizione di Amnesty International sul video
- Il malinteso sull’identità e le scuse
- L'intervento della Questura di Milano
Il post di Bakayoko sul fermo e il video virale
“Il problema non è l’errore ma la metodologia utilizzata. Mi sono ritrovato l’arma ad un metro da me e del passeggero.
Ci hanno chiaramente messo in pericolo a prescindere dalle ragioni che hanno portato a fare questo”, si legge su Instagram.
Bakayoko ha fornito, dal suo punto di vista, la versione sul fermo da parte degli agenti (armi in pugno), nell’ambito di una operazione seguita a una presunta sparatoria nella zona di corso Como tra alcuni sospetti. Scene contenute in un video, pubblicato poi su twitter, che ha sollevato inevitabilmente clamore attorno al calciatore, alla Questura e in merito alle modalità secondo le quali è stato attuato il controllo.
“Le conseguenze sarebbero potute essere più gravi se non avessi mantenuto la calma, se non avessi avuto la possibilità di fare il lavoro che faccio ed essere riconosciuto in tempo”.
Il video è sconcertante, per la freddezza e la crudezza di questa operazione che vede al centro dell’intervento degli agenti di polizia non un personaggio appartenente alla criminalità, ma Tiémoué Bakayoko e che, com’è stato confermato, si sarebbe concluso con uno scambio di persona.
Le indagini e l’alert che hanno portato al fermo
Le immagini del filmato hanno destato preoccupazione anche da parte di Amnesty International, che è intervenuta sull’accaduto.
I fatti risalgono al 3 luglio, siamo a Milano, tra piazza Gae Aulenti e corso Como. Dopo una sparatoria tra senegalesi per questioni legate presumibilmente al mondo delle sostanze stupefacenti, la polizia ferma un suv scuro con a bordo due persone che pare avessero un profilo assimilabili al profilo delineato dei malviventi ricercati. Il tutto viene ripreso da un automobilista di passaggio e postato su twitter, da qui anche il ritardo nell’esplosione della notizia.
La polizia ferma il centrocampista: pistola puntata
La scena è la seguente: la polizia intima a Bakayoko, che era al volante dell’auto, di scendere e subito lo immobilizza contro la volante e lo perquisisce in modo piuttosto veloce, molto deciso, con un agente che gli tiene fissa una mano sul collo mentre una poliziotta, si nota nel video, tiene costantemente sotto tiro chi era rimasto all’interno dell’abitacolo dell’auto del campione milanista.
La posizione di Amnesty International sul video
Scene molto crude, sulle quali c’è un dibattito innegabile sui social e che ha spinto anche Amnesty Italia a esprimersi, a riguardo.
“Le immagini del fermo di Bakayoko fanno pensare a una profilazione etnica. Una pratica discriminatoria su una persona non famosa avrebbe potuto avere conseguenze gravi”, si legge sull’account ufficiale della ong su twitter.
Il malinteso sull’identità e le scuse
Soltanto in un secondo momento gli agenti si rendono conto di aver fermato il centrocampista del Milan, dopo aver controllato i documenti del giocatore. “Chi è?”, si intuisce dal labiale del poliziotto che lo sta perquisendo. Quindi gli occhi alzati al cielo, la consapevolezza di aver commesso uno sbaglio e le scuse, contestualmente al rilascio.
L’intervento della Questura di Milano
In merito alle accuse, la Questura ha già replicato.
“Sono commenti fuori luogo – spiegano in Questura – il controllo è scattato perché Bakayoko e l’altro passeggero corrispondevano perfettamente, per un caso, alle descrizioni, e ovviamente è terminato quando ci si è resi conto di aver fermato una persona che non c’entrava”. Secondo quanto precisato dalla Polizia di Stato, infatti, la notte precedente c’erano state risse, anche con colpi d’arma da fuoco (poi rivelatasi non di pistola) tra stranieri, e si cercava un suv scuro con a bordo due uomini, uno dei due di colore con una maglietta verde.
Corrispondendo all’alert, alle 6 del mattino successivo, lo scorso 3 luglio, le volanti hanno effettuato il controllo e, trattandosi di una segnalazione che faceva seguito a un episodio con possibili armi da fuoco, gli agenti – secondo la ricostruzione – hanno operato con le pistole in pugno. La Questura di Milano avrebbe già chiarito la cosa anche con la società rossonera.