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Basket NBA, Bronny James ammette: "Giocare mi mette ansia". Jaylen Brown lo boccia, spunta l'ipotesi G-League

Il figlio di LeBron, dopo l'ennesima brutta prestazione in Summer League, ammette di essere in difficoltà: "Non gioco sereno". E pure Jaylen Brown lo stronca

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Con quel cognome lì, difficile pensare di sfuggire a occhi indiscreti. Perché Bronny James è suo malgrado uno di quei giocatori che se mai riusciranno a passare per i campi dell’NBA dovrà sempre e comunque fare i conti con il nome che porta sulle spalle. E che pesa un macigno, come sta dimostrando l’incipit di un’estate che non sembra essere affatto foriera di buone notizie. Perché il primogenito di LeBron James, scelto alla numero 55 dai Los Angeles Lakers, è diventato in fretta il bersaglio preferito di tutto il mondo NBA. Complici prestazioni decisamente rivedibili in Summer League, ma anche quel cognome scomodo che rischia di rivelarsi il verso ostacolo sulla via che conduce a una carriera “normale”.

Brown ci mette il carico: “Bronny non è da NBA”

Anche stanotte Bronny ha fatto una fatica immane a tirar fuori un ragno dal buco. Nella sfida contro i Celtics, persa dai Lakers 88-74, il figlio di LeBron è rimasto sul parquet quasi 25’, ma ha messo a referto appena due punti tirando 1/5 dal campo, e soprattutto allungando la striscia negativa dall’arco, che recita 0/15 dopo 4 partite giocate nei tornei estivi targati NBA.

Solo che stanotte ad assistere alla sfida c’era anche Jaylen Brown, il grande deluso dalle convocazioni di Team USA (Grant Hill, il reclutatore della squadra delle stelle, gli ha preferito il compagno di squadra Derrick White quando c’è stato da sostituire l’infortunato Kawhi Leonard), che per non perdere il vizio di esprimere sempre a parole i concetti che gli passano per la testa (e senza filtri) è stato immortalato dalla telecamere mentre conversava amabilmente con le giocatrici WNBA Kysre Gondrezick e Angel Reese, dicendo loro che Bronny “non è un giocatore professionista”, ma che avrebbe potuto giocare in NBA “solo perché figlio di LeBron. Giusto per mettere altra benzina sul fuoco che è divampato ormai da settimane.

“Giocare mi mette ansia”. E spunta l’ipotesi G-League

I numeri del primogenito di casa James sin qui si sono rivelati abbastanza deludenti, ma tutto sommato sono numeri che possono anche essere associati con una scelta numero 55 al Draft. Insomma, niente di così scandaloso, ma se ti chiami James non puoi avere la benché minima possibilità di commettere errori. L’hype che s’è creato attorno a Bronny è talmente alto che mai in passato si era assistito a un simile “processo mediatico” per una scelta tanto alta.

Ma tutto ciò ha comportato già un carico pesante di attese che proprio dopo la partita con i Celtics è sfociato in un vero e proprio sfogo. “Non gioco sereno, non mi diverto. Mi sento come se fossi un po’ depresso. Giocare mi mette ansia, a prescindere dal livello della partita”. Parole che suonano sinistre e che lasciano intendere che il futuro a breve scadenza di James jr. potrebbe essere in G-League con i South Bay Lakers. Non era il piano di papà LeBron e dell’agente Rich Paul, ma forse sarà la scelta migliore, per tutti.

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