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Basket NBA, LeBron sempre più nella leggenda: 50.000 punti in carriera. Doncic fa lo show mentre Dallas sprofonda

Niente regalo di compleanno per LeBron James: Cleveland passa a LA e rovina la festa al neo 40enne, che ammette: sono competitivo, ma smetterò prima

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

È nato per riscrivere record, LeBron Raymone James: 50.000 punti in NBA non li aveva mai segnati nessuno, nemmeno Micheal Jordan, che pure nell’immaginario collettivo rimane il più grande di sempre. Dovrà però continuare a sostenere tale tesi confrontandola con i numeri sempre più da “alieno” del figlio di Akron, che nella notte ha abbattuto una cifra che non pareva essere alla portata degli essere viventi. Lo ha fatto peraltro con una tripla, non necessariamente il marchio di fabbrica. Ma provare a trovare difetti a James è impresa sempre più ardua.

LeBron nella storia, ma Doncic è sulla buona strada

Vero è che il compito dei Lakers contro quel che rimane dei New Orleans Pelicans era piuttosto semplice: settima vittoria consecutiva in cassaforte, secondo posto nella Western Conference e messaggio recapitato forte e chiaro al resto della compagnia.

Perché da quando in città è arrivato Luka Doncic le prospettive per la franchigia di LA sono mutate a velocità supersonica: JJ Redick ha impiegato poco a trovare la giusta chimica, con lo sloveno che nella notte è diventato il quarto giocatore nella storia dei Lakers a chiudere una partita con almeno 30 punti e 15 assist (LeBron James, Magic Johnson e Jerry West gli altri tre ad esserci riusciti: bella compagnia, non vi pare?). E adesso tutti cominciano a pensare che buttar giù LeBron e compagni dalla torre rischia di rivelarsi impresa complicatissima: ai play-off manca poco più di un mese, ma questa versione di Los Angeles promette bene come non mai.

Specialmente se James dovesse continuare a mantenere questa rotta di crociera: nella stagione in cui ha compiuto 40 anni (lo scorso 30 dicembre) viaggia a 25 punti di media a partita, conditi da 8,5 assist e 8 rimbalzi. Numeri che farebbero gola anche a un 25enne in piena forma fisica, impensabili su un corpo che pure biologicamente non dimostra l’età che effettivamente sta scritta sulla carta d’identità.

Dallas, è un incubo: stagione compromessa

È incredibile come in poco più di un mese gli scenari si sono ribaltati. L’arrivo di Doncic a LA è stata una sferzata clamorosa, e chi aveva storto il naso di fronte alla scelta dei Dallas Mavericks di privarsene adesso se la ride di gusto.

Perché Dallas è entrata in una spirale dalla quale potrebbe faticare enormemente a riprendersi: Anthony Davis, la pedina di scambio di Doncic, s’è infortunato all’esordio e non mette piede sul parquet da 12 partite. Kyrie Irving, colui che avrebbe dovuto in qualche modo sopperire alla mancanza di un terminale offensivo come lo sloveno, s’è infortunato gravemente al ginocchio destro, lesionando il crociato (operazione e 8 mesi di stop: una mattanza). E la squadra chiaramente ha risentito delle tante assenze, inclusa quella dell’altro centro Daniel Gafford, scivolando ai bordi della zona play-in, l’ultima che garantisce un posto per accedere ai play-off.

La nefasta profezia di Nico Harrison

Il paradosso in tutta questa storia è dato dal fatto che Nico Harrison, l’artefice dello scambio più discusso (e discutibile) della storia dell’NBA, non più tardi di un mese fa s’era detto convinto che con quella mossa Dallas avrebbe avuto l’opportunità di puntare subito al titolo, ipotecando parte del suo futuro (Doncic ha 26 anni, Davis va per i 32, Irving per i 33).

In realtà è successo l’esatto opposto: i Mavs sono sprofondati (6 vittorie e 7 ko. da dopo la trade), i Lakers hanno spiccato il volo, risalendo fino al secondo posto nella conference e ponendo le basi per cercare di affondare le corazzate rivali ai play-off. Perché la combo LeBron-Doncic funziona, a dispetto di chi sosteneva che si sarebbero pestati i piedi.

Questo spiega il motivo di tutta la rabbia accumulata dai tifosi di Dallas, peraltro vessati anche da un insensato e quanto mai intempestivo aumento del prezzo dei biglietti delle gare casalinghe. Insomma, in Texas hanno fatto tutto al contrario, e il campo ha parlato. A LA invece sognano ad occhi aperti: merito di Doncic, ma anche di quel giovanotto di “belle speranze” che ne ha ancora di inchiostro per scrivere sui libri di storia, ritoccando record su record.

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