Era un mercoledì, era il 29 maggio 1985 quando allo stadio Heysel di Bruxelles, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, successe l’apocalisse dopo lo scontro tra le due tifoserie in cui morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. Le cancellate che cedono, le persone che si ammassano l’una sull’altra e restano schiacciate, il sangue, la paura, il dolore. Stasera l’Italia torna in quello stadio per affrontare il Belgio e i ricordi affiorano tristi.
- L'Heysel si chiama oggi stadio Re Baldovino
- L'omaggio degli azzurri
- La prima volta a Euro 2000, azzurri commossi
L’Heysel si chiama oggi stadio Re Baldovino
Oggi quello stadio non si chiama più Heysel ma stadio Re Baldovino. Un nuovo nome u nel tentativo di cancellare le tracce di un misfatto che grida ancora giustizia. Dal 2000, in occasione della fase finale dell’Europeo, all’interno dell’impianto e in corrispondenza con la famigerata curva Z dove scoppiò la tragedia è stata posta un’anonima targa commemorativa: su una semplice lapide in marmo nero sono rappresentate, come in una riga geometrica, 39 tacche come simbolo delle 39 vittime. Un po’ poco per lavarsi la coscienza.
L’omaggio degli azzurri
Ieri la Nazionale – che domani giocherà col Belgio in Nations League – ha reso omaggio alle vittime della tragedia dell’Heysel. Intorno alle 18.45, l’orario in cui nel 1985 scoppiò l’inferno, il presidente della FIGC Gabriele Gravina, il capodelegazione della Nazionale Gianluigi Buffon e il Ct Luciano Spalletti – insieme allo staff e a tutti gli Azzurri – hanno deposto tre mazzi di fiori (uno rosso, uno bianco e uno verde) davanti alla lapide posta dove si trovava il Settore Z. Nove anni fa, in occasione dell’ultima amichevole con il Belgio disputata dalla Nazionale a Bruxelles il 13 novembre 2015, la FIGC e la Federazione belga, insieme alla Juventus e all’Associazione dei familiari delle vittime dell’Heysel, commemorarono il 30° anniversario della tragedia deponendo dei fiori e una maglia azzurra con il numero 39 sulle spalle.
La prima volta a Euro 2000, azzurri commossi
La prima volta che gli azzurri giocarono nello stadio Re Baldovino fu il 14 Giugno del 2000, Belgio – Italia per gli Europei in Belgio-Olanda. Si seppe dopo che l’UEFA rifiutò la richiesta italiana di apporre la fascia nera al braccio, di una serrata lotta con la FIGC per avere la possibilità di ricordare quanto occorso tre lustri prima. Della richiesta di una commemorazione riservata solamente a Maldini, capitano azzurro, e a Conte, omologo juventino, seguita dal doveroso rifiuto della delegazione azzurra, diretta in massa verso una basica lapide marmorea recitante una data, quella del 29 Maggio 1985, e un generico “in memoriam”.
Prima del match, alle 19.15, tutta la nazionale esce dal suo spogliatoio, entra nello stadio e, invece di dirigersi come al solito sul prato verde, gira a sinistra e s’incammina sul rosso della pista di atletica. Il mazzo di 39 rose bianche lo porta Paolo Maldini ma aspetterà poi Conte per deporre i fiori insieme. Dietro a loro, allargati su tutte le corsie, giocatori e dirigenti mescolati camminano col volto serio, molti con gli occhi bassi. Ci sono tutti: con Zoff, Riva, Nizzola e il resto dello staff ecco Del Piero e Totti, Cannavaro e Ambrosini, Toldo e Abbiati.
Nel minuto che ci mettono ad arrivare lì, il disc-jockey dello stadio non ha nemmeno la sensibilità di spegnere gli altoparlanti, dai quali continua a martellare la disco-music di “American pie”, In molti si fanno il segno della croce, mentre i fiori vengono appoggiati sotto alla lapide, e i pochi tifosi belgi già presenti nella curva corrono ad applaudire la scena. Una breve preghiera, poi il corteo riprende la strada dello spogliatoio.
Stasera si torna lì, in quel luogo della memoria e del dolore. Trentanove anni dopo. Trentanove come quei tifosi che cercavano la gioia e trovarono la morte.