Adesso che c’è una data, e pure un ring sul quale salire, Oleksandr Usyk e Tyson Fury non possono più nascondersi. E il mondo della boxe ha di che essere felice: pioveranno milioni di dollari il prossimo 23 dicembre, quando tutti gli occhi del pianeta saranno rivolti verso quel che accadrà a Riad, con l’Arabia Saudita che sta progressivamente (e rapidamente) sostituendosi a Las Vegas come nuova Mecca del pugilato che conta.
A poche ora dall’ufficializzazione della sfida che riunirà tutti i titoli dei pesi massimi, come non accadeva da oltre 20 anni (l’ultimo ad avere tutte le cinture nello stesso momento fu Lennox Lewis nel 1999), l’eccitazione è già salita a dismisura: Usyk metterà in palio le sigle Wbo, Wba e Ibf, Fury quella Wbc. Il match sarà “undisputed”, appunto valido per la riunificazione della categoria. L’evento dell’anno, o come qualcuno ha già avuto l’ardire di affermare, l’ennesimo match del secolo.
- Usyk e Fury, due mondi all'opposto
- Non solo Usyk-Fury: l'altro match
- La clamorosa minaccia di Gipsy King
Usyk e Fury, due mondi all’opposto
Segni particolari di una sfida che tutto il mondo del pugilato bramava a mani giunte? Mettere sullo stesso ring due pugili imbattuti, con Usyk che ha vinto tutti e 21 i match disputati da professionista (non che da dilettante avesse una media tanto peggiore…), mentre Fury dei 34 incontri sostenuti ne ha vinti 33 e pareggiato uno, contro Deontay Wilder, nel 2018, al primo assalto alla cintura Wbc (gliel’avrebbe comunque strappata poco più di un anno più tardi).
Usyk che combatte non tanto per se stesso, quanto per la madrepatria ucraina, della quale ha difeso anche i confini all’inizio del conflitto bellico con la Russia, prima di essere esentato da compiti militari proprio per “servire la nazione” attraverso la boxe, con tutta l’eco mediatica che ne consegue.
Fury che è il classico “guascone”, pugile ante litteram, sbocciato anche tardi pensando alle abitudini dei suoi colleghi, ma divenuto nel tempo grande tanto quanto lo è il suo ego e il suo modo di approcciare le sfide, sempre con toni sopra le righe che sfociano talvolta nell’insulto gratuito, oltre a un’esistenza segnata anche da eccessi (per un periodo è stato dipendente dalla cocaina, anche se quei tempi oggi appaiono davvero lontani). Fury che a detta di qualcuno s’è sottratto per troppo tempo alla sfida, e che prima del 23 dicembre ne dovrà affrontare un’altra che rientra nei canoni del personaggio alternativo, lontanissimo dai classici cliché.
Non solo Usyk-Fury: l’altro match
Il 29 ottobre Gipsy King, come viene soprannominato il pugile britannico per via delle sue origini nomadi, affronterà proprio a Riad Francis Ngannou, atleta camerunense nonché campione del mondo UFC dei massimi, in quello che è (o almeno sarebbe) un incontro esibizione, da disputare con le regole della boxe. Occasione buona per rimpinguare il conto in banca (l’altro Tyson, cioè Mike, sarà all’angolo di Ngannou per dargli qualche consiglio: showbiz, cosa non faremmo per te..) e per mostrare al mondo chissà quale presunta superiorità dell’una o dell’altra arte, come se boxe o arti marziali dovessero per forza di cose entrare in collisione.
L’unico timore del clan dei due pugili è quello che in questa occasione Fury possa incappare in una ferita o in un infortunio tale da precludergli poi la possibilità di sfidare entro l’anno Usyk, obbligando i promoter dell’evento a posticipare il match al 2024. Difficile però immaginare che la sfida possa saltare, magari alimentando i timori di chi, sino all’annuncio avvenuto poche ore fa, ha sempre temuto che il britannico volesse sottrarsi per paura di veder scalfito il suo ruolino da professionista: stavolta Usyk-Fury si farà, semmai bisognerà solo attendere un po’ più di tempo.
La clamorosa minaccia di Gipsy King
E Tyson ha già provveduto incendiare l’aria: “Io faccio quel che dico. Io faccio quel che faccio. Undisputed. Questa è l’era del Gipsy King. La tua fuga di coniglio sta terminando, Usyk. Grazie al regno dell’Arabia Saudita”, ha scritto sui propri profili social, confermando l’avvenuta firma sul contratto stipulata dai procuratori Frank Warren e Alex Krassyuk. Che il loro compito l’hanno fatto, e che attendono solo di assistere come il resto del mondo alla sfida più attesa da decenni a questa parte. Che vedrà sul ring due atleti non di primo pelo (35 anni per Fury, 37 per Usyk), ma che ora come ora rappresentano il meglio che l’universo dei massimi possa offrire.