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Carlo Cottarelli celebra l'Inter: “Marotta e Inzaghi sono l’anima. Zhang adesso è uno di noi”. ESCLUSIVA

Intervista esclusiva a Carlo Cottarelli, interista da una vita: la seconda stella, il futuro, i conti del club e Interspac, sogno mai sopito di un azionariato popolare nerazzurro

Pubblicato:

Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Carlo Cottarelli ha scelto che fosse la poetica a restituire il pragmatismo dei numeri. Una manciata di minuti dopo il ventesimo scudetto dell’Inter ha commentato su X:

Le stelle sono tante, milioni di milioni. Ma stasera conta solo la seconda. La più bella di tutte. Grazie Inter

La competenza trasversale, del resto, è un marchio di fabbrica autorevole e riconosciuto. Economista, editorialista, politico, docente.

Tredici scudetti in 69 anni

È a lui che Sergio Mattarella, nel 2018, aveva affidato l’incarico di formare un governo tecnico per l’impossibilità – poi scongiurata – di averne uno politico. Eletto in Parlamento nell’ultima tornata elettorale, poco meno di un anno fa al Senato ha preferito l’Università. Ai senatori, gli studenti. Alla legislatura, la progettualità formativa.

Da sempre interista, Cottarelli in 69 anni ha celebrato il suo tredicesimo scudetto. Due li ha mancati per un pelo: biennio 1952-53 e 1953-54. Giusto una manciata di mesi prima che nascesse. Gli altri cinque li ha recuperati attraverso racconti e resoconti.

L'”interismo” di Cottarelli

Tra un taxi e un treno: c’è la fretta di chi non può perdere una coincidenza ma anche l’entusiasmo di un tifoso vero. Cominciamo da qui.

Cottarelli: a che livello di interismo siamo? Tifoso occasionale o molto di più?

Direi livello elevato. Lo stesso di chi ha fatto i conti con tante sofferenze: il 5 maggio del 2002 ma anche la sconfitta contro il Mantova nel 1967 che consegnò lo scudetto alla Juventus. Avevo 13 anni e una cosa così ti può anche stravolgere la gioventù (ride, ndr). Conservo ancora la bandiera del 1965: non avevamo nemmeno la prima stella.

Come e dove ha festeggiato il 20esimo?

Ero a Roma, ho visto la partita ma non ho potuto prendere parte ai festeggiamenti. A essere sincero, non credevo l’avremmo vinto nel derby, pensavo che il Milan la sudasse di più e che ci evitasse il lusso di conquistare lo scudetto nella stracittadina giocata in trasferta. Sarò allo stadio per Inter-Torino. Di solito frequento molto San Siro, quest’anno non sono riuscito a esserci più di tre o quattro volte.

La fede calcistica unisce dove la politica divide. L’avversario politico al quale ha mandato un messaggio dopo lo scudetto?

Più di uno. Mi capita spesso lo sfottò calcistico con qualche ex collega. Ricordo che, dopo Inter-Milan 5-1 dello scorso anno, incrociai Matteo Salvini (tifoso milanista, ndr). Mi guardò quasi inerme e alzò le braccia. Anche con Matteo Renzi (tifoso della Fiorentina, ndr) c’è un frequente scambio di messaggi in occasione delle sfide tra l’Inter e la Viola.

Interista d’istinto tra i banchi delle elementari

Cosa significa la seconda stella?

Essere competitivi, valorizzare la nostra storia ancora di più. Abbiamo atteso tanto: vuol dire aver messo nel mirino la Juventus, il cui corso complessivo resta di un altro livello ma molto di quanto ottenuto, i bianconeri lo devono a uno dei principali artefici dei nostri successi recenti: Beppe Marotta. Imprescindibile.

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Bastano pochi click

Perché proprio l’Inter?

È stata una scelta casuale, dettata dall’istinto. Mio padre era juventino, da bambino andavo a vedere le partite della Cremonese ma a 9 anni, alle scuole elementari, ero stufo di non tifare per nessuno. Scelsi l’Inter di getto, forse perché nel ’63 la squadra stava facendo bene.

È un ciclo che si è aperto ed è destinato a resistere o percepisce qualche pericolo?

Cominciamo col dire che Marotta ancora non va in pensione e già questo è importante. Il corso di questo ciclo dipende solo ed esclusivamente dalla società: per fare un salto, ovvero per essere competitivi in Europa, serve qualche investimento in più. A Istanbul nel 2023 abbiamo giocato una finale europea, è vero, ma lo è altrettanto il fatto che ogni cosa – nella passata Champions – si è messa per il verso giusto. A dirla tutta: avessimo avuto un attaccante in più e di ottimo livello, credo che contro l’Atletico Madrid non avremmo perso.

La Grande Inter e Steven Zhang

L’Inter che ricorda con più affetto?

La Grande Inter degli anni ’60. Angelo Moratti alla presidenza, Helenio Herrera in panchina. Quella del 1965 la ricordo a memoria: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peiró, Suárez, Corso. (Tornano alla mente le parole di Eduardo Galeano. Scriveva così: quale altra formazione, a distanza di tanti lustri, è impressa più di questa nella memoria di ogni tifoso, anche non nerazzurro? ndr)

Ha conosciuto l’attuale presidente, Zhang?

Sì, l’ho incontrato: l’ultima volta prima di Istanbul. È diventato un interista vero, sempre più tifoso e ora ama profondamente l’Inter. Forse inizialmente l’impressione è che la conoscesse meno.

Il calcio che conta in mano ai capitali stranieri. È un punto di non ritorno?

Credo che gli imprenditori italiani siano troppo piccoli per agire a livello individuale e troppo restii a unire le forze. Si opera su livelli di capitale elevati al cui passo un solo imprenditore non può reggere. Solo alla Juventus non è ancora accaduto.

“Simone Inzaghi, senza dubbio”

Milan e Juve, c’è differenza?

Per me che non sono milanese la rivalità principale è quella con la Juventus: il derby d’Italia conta più di quello di Milano.

Chi l’ha entusiasmata di più quest’anno?

Simone Inzaghi, senza dubbio. Ho accolto con gioia il suo passaggio dalla Lazio all’Inter, sono un suo sostenitore della prima ora. Ha mostrato una visione del gioco impressionante: questa squadra si esprime al meglio e produce un calcio piacevole. L’attacco è altamente prolifico sebbene non finalizzi la grande mole di palle gol che costruiamo; la difesa è imperforabile; il centrocampo sa essere di sostanza e tecnico. L’Inter sta entusiasmando: grande merito credo vada riconosciuto proprio al suo allenatore.

Qual è la priorità sul mercato?

Un attaccante di livello. Non faccio nomi perché di forti ce ne sono tanti, anzi. Uno glielo concedo: Scamacca.

Che importanza ha avuto il feeling tra squadra e tifosi?

È stato fondamentale. La curva c’è sempre stata: restituisce un tifo incessante e delle coreografie che sono opere d’arte. La vicinanza dei tifosi è imprescindibile per qualunque club.

I conti in tasca ai nerazzurri

Com’è la situazione finanziaria dell’Inter?

Assolutamente migliorata. Nell’anno del Covid si era arrivati a 250 milioni di perdite, con le entrate di quest’anno siamo vicini al pareggio di bilancio. Che dire: le casse dell’Inter stanno sicuramente meglio di quelle dello Stato italiano.

È tra i principali sostenitori di Interspac che promuove il progetto dell’azionariato popolare nerazzurro. È davvero possibile realizzarlo?

Sarebbe sicuramente un valore aggiunto: le entrate di capitale consentirebbero di estinguere i debiti, 80mila interisti si sono detti disposti a investire nel progetto ma non c’è ancora, da parte del club, l’intenzione di renderlo effettivo.

Dallo scudetto alla Liberazione

Si tratta di uno degli ultimi scudetti celebrato a San Siro?

Spero di no: non tanto per la questione stadio che tiene banco da tempo, quanto piuttosto per il fatto che – in ogni caso – per la realizzazione di uno impianto nuovo servono quattro o cinque anni e spero che l’Inter non ci lasci a digiuno per così tanto tempo. Cosa penso di San Siro? Giocare al Meazza è quel che vorrei ma non può essere una conditio sine qua non per essere interisti.

Dal 22 al 25 aprile. Dalla festa calcistica, più ristretta, a quella nazionale che coinvolge il Paese. Celebrerà il Giorno della Liberazione?

Sempre. È una data fondamentale per l’Italia. È il giorno che simboleggia la liberazione dal fascismo e la conquista della democrazia.

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