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Che fine ha fatto Macellari: Inter, la droga, il pane, la D'Urso

La storia calcistica dell'ex terzino che ha raccontato i suoi errori a Non è la D'Urso

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Ha deciso di raccontare la sua storia mettendoci la faccia in diretta televisiva. Fuori dal campo giocato, nella settimana di Champions, ha fatto molto eco la testimonianza di Fabio Macellari ospite di Barbara d’Urso, lunedì scorso, nella sua trasmissione Non è la D’Urso in prima serata su Canale5.

In quell’occasione l’ex terzino di Cagliari e Inter ha raccontato la sua triste parabola passata dalle luci del mondo del calcio, con tanto di sfarzo e bella vita, ai problemi della droga e poi quelli di tutti i giorni dovendo ripartire da zero per guadagnarsi da vivere come panettiere. Una storia come tante, purtroppo, di chi non riesce a gestire le luci della ribalta e finisce per perdersi nei meandri del vizio.

Fabio Macellari è nato a Sesto San Giovanni il 23 agosto 1974. Lui stesso in una vecchia intervista alla Gazzetta dello Sport si definì «un esterno di sinistra che difende e che attacca. Nel mio gioco, quando sono nelle migliori condizioni, esprimo dinamismo, progressione, velocità, potenza e cross al centro».

E a dire il vero la sua buona carriera Macellari l’ha fatta. Vince un Viareggio con la primavera della Fiorentina nel ‘92. Si svezza nel calcio dei grandi con la Pro Sesto quindi va al Lecce in serie B dove trova come allenatore Ventura che lo farà rendere al meglio. Tanto che dopo la promozione in serie A conquistata con i salentini, proprio Ventura lo porterà con se al Cagliari, di nuovo in serie B. L’escalation delle buone prestazioni di Macellari continua, conquista un’altra promozione e finalmente gioca in serie A. Sarà uno dei migliori di quel Cagliari tanto da riuscire a guadagnarsi la chiamata addirittura dell’Inter.

Macellari arriva in una big con la “B” maiuscola che ha in rosa gente come Vieri e Ronaldo ed è allenata da Marcello Lippi. Ma quella che poteva essere una grande stagione diventa un calvario per l’Inter e per lo stesso Macellari. Nerazzurri fuori subito al preliminare di Champions contro i modesti svedesi dell’Helsingborg. Per Fabio la magra soddisfazione dell’esordio nel grande palcoscenico europeo: 2 presenze di cui una da titolare. Inter ko anche in finale di Supercoppa Italiana. Poi comincia il campionato ed è subito caos: ko alla prima giornata a Reggio Calabria c’è la famosa sfuriata di Lippi in conferenza che sancisce la fine della sua esperienza sulla panchina nerazzurra. Arriva Tardelli. Macellari vedrà sempre meno il campo, alla fine solo 7 presenze.

L’Inter lo cede al Bologna e qui ha inizio la parabola discendente di Macellari che proprio a Bologna, dove peraltro si rompe il crociato, comincerà, per sua stessa ammissione a fare uso di droga. Lo dirà a chiare lettere alla D’Urso: “Ho fatto degli scivoloni e uso di droga. In questi casi o capisci che devi ricominciare da zero oppure muori“. Ha dichiarato Macellari durante l’ultima puntata di “Live – Non è la d’Urso“.

Lo sliding doors di Macellari sarà pesante. Rescinde col Bologna e torna al Cagliari dove però non ritroverà la magia di un tempo. Di fatti non ritroverà più se stesso. Di anno in anno rimbalza da una squadra all’altra scendendo sempre più di categoria: Pavia, Triestina, Lucchese, Sangiovannese fino all’Eccellenza, la Prima Categoria e la Promozione svolgendo anche il ruolo di allenatore giocatore.

Lascia il calcio giocato definitivamente nel 2015, ancora qualche esperienza in panchina nelle serie minori quindi la decisione drastica. “Divertirmi mi è costato carissimo – ha detto Fabio l’altra sera – In un attimo ho buttato via tutto. Soldi e carriera. Quando sei giovane non ti rendi conto della fortuna che hai perché i guadagni sono tanti. Quando smetti di giocare i soldi finiscono cercando di mantenere quello stile di vita. Poi ho fatto uso di droga e la droga porta a questo”.

Ed oggi Macellari lavora a Bobbio nel piacentino, una delle ultime città in cui ha giocato. Fa il panettiere all’alba presso un forno gestito da amici. Distribuisce il pane ai panifici e quando finisce il suo turno fa il taglialegna nel bosco. “Purtroppo ci ho sbattuto la testa ma ho avuto il sostegno della mia famiglia e ho ricominciato a lavorare. O fai così o muori”. Macellari ha chiesto una seconda possibilità nel mondo del calcio, magari a contatto dei giovani, per insegnare loro come evitare di fare certi errori.

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