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Jan Ullrich, docuserie shock su Prime Video: “Droga e whisky fino a sfiorare la morte”

Arriverà solo a novembre, ma è bastato il trailer per attirare l'attenzione. "The Hunted", la serie tv sulla vita dell'ex campione di ciclismo, Jan Ullrich, ha già scioccato il mondo

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The Hunted, la docuserie in quattro puntate sulla vita personale e professionale di Jan Ullrich trasmessa su Prime Video dal prossimo novembre, non è ancora in onda ma è destinata a far parlare per giorni e giorni. Perché quelle dell’ex ciclista, vincitore del Tour de France 1997 e della Vuelta due anni più tardi, principale antagonista di Marco Pantani nei tempi d’oro del grande e rimpianto Pirata – uno degli ultimi atleti verso il quale il Paese intero aveva allargato le braccia e aperto il cuore –, sono confessioni pesanti, profonde, intrise di dolore e altrettanto liberatorie.

Abituati a coglierne imprese e gesta, viene spesso difficile captare il dietro le quinte, quelle vere, negli anfratti dell’anima o nel buio di una stanza in cui le telecamere restano spente e il personaggio sportivo torna a essere persona. Il cognome, ritorna nome. La folla si tramuta in silenzio.

Ullrich e la dipendenza da cocaina e whisky

Mi sono sentito molto male. Ho fatto un uso smodato di cocaina. Ho bevuto whisky come fosse acqua. Fino a sfiorare la morte.

Parole che sono un macigno: non solo perché Ullrich è stato considerato per molti anni astro nascente e figura di punta del ciclismo mondiale – destinato a raccogliere l’eredita di un certo Miguel Indurain che, nell’Olimpo dei grandi campioni su due ruote e negli stessi pensieri di Ullrich, occupa un posto di rilievo – ma anche per il fatto che il tedesco è spesso stato catalogato nella schiera di quelli del “genio e sregolatezza”. Di lui s’è frequentemente pensato che fosse uno dall’enorme talento (sprecato): erano note da tempo le inclinazioni al bere tanto. Si è parlato a più riprese di una vita che poco somigliava, anche da atleta, a quella dell’atleta.

“Venti anni dopo riconosci gli errori che hai commesso”

Nessuna necessità di nascondersi, non più: sacrificio e gioia, parecchie lacrime e più di un dubbio – circostanziato – hanno costellato la carriera del classe 1973. Oggi 49enne, Ullrich non deve più celarsi e decide di raccontare la sua storia con un carico di verità che va anche oltre l’immaginazione.

Era un gigante in bici: 183 cm di altezza e 80 chili di peso, una muscolatura scolpita. Saliva in montagna, andava forte a crono, stava a ruota con scioltezza in pianura: tre ori ai Mondiali (Oslo 1993, Verona 1999, Lisbona 2001), un oro e un argento Olimpico (Sidney 2000 corsa in line, a crono vinse l’argento). Dodici anni di professionismo ad alti livelli, dal 1995 al 2007, e una serie di primati che ne hanno impresso il nome a perpetua memoria.

Ullrich, i successi e le (tante) cadute

Ha vinto almeno una tappa in ciascuno dei grandi giri: Tour de France, Giro d’Italia e Vuelta; un Tour vinto in otto edizioni partecipate: nelle altre sette ha messo a referto sei podi (secondo nel 1996, 1998, 2000, 2001 e 2003; terzo nel 2005). Già, il 2005. Capitolo a parte: quel terzo piazzamento, in realtà, gli venne revocato perché coinvolto direttamente nella cosiddetta Operación Puerto. Una di quelle vicende che lega a doppio filo il mondo del ciclismo con quello del doping. Accadde che, nel 2006, Eufemiano Fuentes, medico sportivo, e Manolo Saiz, Ds della Liberty Seguros, vennero accusati di gestire una organizzazione che gestiva un giro di autoemotrasfusioni e vendita di numerose sostanze dopanti ovviamente vietate.

Vennero loro sequestrati numerosi elenchi cifrati di presunti clienti la cui decifrazione portò alla individuazione di 58 ciclisti professionisti. Tra essi, Ullrich, condannato il 9 febbraio 2012 dal TAS di Losanna: due anni di squalifica con formula retroattiva. Dopo aver negato per anni, il tedesco confessò nel 2013 di aver fatto ricorso a pratiche illecite dopanti. Arrivarono, poi, ulteriori problemi con la giustizia e le dipendenze, le risse e i ricoveri per sconfiggere le dipendenze da cui non riusciva a liberarsi. Una battaglia vinta solo di recente, con l’ammissione di aver rischiato la vita. Una vita che il prossimo novembre, grazie a The Hunted, svelerà i suoi lati più oscuri, illuminati dalla voglia di un uomo di liberarsi di un peso troppo grande, anche per un campione, un Kaiser, come Jan Ullrich.

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