La loro vita non è mai stata un percorso a sé, separato l’uno dall’altro. In una squadra funziona così, spesso e quei legami costruiti nello spogliatoio si portano anche fuori nella famiglia, nelle relazioni, nelle amicizie. Diventano una condivisione inseparabile. Così Ciro Ferrara non può prescindere da Maradona.
In un’intervista a Repubblica, l’ex difensore di quel Napoli epico e poi della Juventus e della Nazionale ha cercato di mettere insieme quelle emozioni e quell’esistenza fatta di pallone, stadio, sogni e famiglia per ricordare il suo Diego.
Il rapporto tra Ciro Ferrara e Maradona
“Avevo 17 anni e quando giocavo nel Napoli gli davo del lei” ha raccontato Ferrara. “L’ho conosciuto e stimato e ho continuato per trent’anni – ha specificato – amandolo come hanno fatto in tantissimi, impossibile non farlo”.
Ferrara parla di Maradona come di un ragazzo dotato di una straripante umanità: “Era un Dio, ma nessuno è stato più umano di lui”. E se c’era da rimproverare chi aveva sbagliato in campo non abusava mai né del suo talento, né della sua superiorità: “Quando avevi sbagliato e doveva dirtelo, aspettava che uscissero tutti dallo spogliatoio per prenderti da parte e fartelo notare”.
Ferrara su Maradona: “Non si è fatto mancare nulla”
Maradona è stata una presenza immensa nella vita di Ciro Ferrara. Il difensore ha parlato anche della vita di Diego nelle sue sue componenti più scomode: “Non si è fatto mancare nulla, vivendo ogni cosa al massimo, in maniera smodata”.
Tant’è che si è lasciato andare a un ricordo di quegli anni al Napoli sulle notti spericolate di Maradona: “A volte di notte sentivo il rombo della sua Ferrari e ai compagni di squadra dicevo che forse non sarebbe venuto ad allenarsi – ha detto –. Ma poi lo ritrovavo ad allenarsi da solo”.
Il video postato su Instagram da Ciro Ferrara: gli abbracci di Maradona
In mattinata, l’ex difensore e oggi opinionista, ha pubblicato su Instagram un video emozionante accompagnato da un messaggio intenso, vibrante per salutare l’amico di sempre.
“D10S ⚽️ “26 novembre 2020. È l’alba. Lo stomaco è chiuso, la testa è pesante, le ciglia, da diverse ore,non intrappolano altro che lacrime, la luce non filtrerà neanche quando il sole sarà sorto. È calato un buio freddo, spesso, paralizzante. Tutto il mio corpo ti piange. Il cuore, invece, batte la pelle di un tamburo impazzito di dolore. Temeva questo momento; lo temeva e lo rifuggiva, nell’impossibilità di prepararsi a reagire. Il silenzio è una pressione che ronza nelle orecchie. Chiudo gli occhi. Non mi restano che i nostri meravigliosi ricordi a cullare questa pace tormentata, scesa a spegnere per sempre la speranza che nutrivo di poterti nuovamente incontrare e riabbracciare. Lo farei piangendo, lo farei strizzandoti a me. Ma tu lo sai: io, dai tuoi abbracci, non me ne sono mai andato. Buon viaggio, amico mio.”
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