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Di Francesco (Palermo): “A Palermo con ambizione. Il City Football Group vuole crescere"

La storia di Federico Di Francesco parte da Pisa e arriva fino a Palermo, intrecciandosi con la carriera del padre

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Marco Pino

Marco Pino

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Di Francesco (Palermo): “A Palermo con ambizione. Il City Football Group vuole crescere" Fonte: Facebook: @PalermoFC

Uno dei colpi di mercato più importanti dell’ultima sessione di calciomercato della Serie BKT, Federico Di Francesco, è arrivato a Palermo per dare il suo contributo a raggiungere l’obiettivo dichiarato da società e squadra: la promozione in Serie A.

Ai microfoni di Virgilio Sport, il figlio d’arte ci ha raccontato come sta vivendo questa nuova esperienza in maglia rosanero, l’impatto con la città siciliana, le sliding doors del passato e il rapporto con l’Eusebio Di Francesco padre e allenatore.

Nato a Pisa, negli anni in cui il papà militava nella Lucchese, e cresciuto calcisticamente nel Pescara, si fa notare con la maglia del Delfino quando l’allenatore Christian Bucchi lo getta nella mischia in Serie A a 19 anni.

La stagione dell’esplosione definitiva arriva però a Cremona con la maglia della Cremonese in Lega Pro. Ed è qui che c’è la sliding doors più importante della sua carriera.

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Bastano pochi click

Tra gli allenatori che ho avuto in passato forse è ingiusto fare solo un nome però io se mi guardo indietro devo ringraziare Marco Giampaolo. Quando arrivò a Cremona avevo vent’anni e non giocavo. Lui appena arrivato mi diede subito grande fiducia facendomi giocare titolare. Da lì iniziai a fare bene, a giocare, a fare gol. L’anno dopo andai in B e poi la stagione successiva in Serie A, se ripenso un po’ al mio passato Marco Giampaolo è stato importante per la mia carriera e averlo trovato alla Cremonese in quel momento è stato importante perché mi ha permesso comunque di crescere e migliorare”.

L’arrivo a Palermo negli ultimi giorni di mercato ha sorpreso alcuni per il fatto di aver “perso” una categoria come la Serie A dopo, tra l’altro, un grande inizio in maglia Lecce (gol vittoria contro la Lazio alla prima giornata).

Per Federico, invece, la scelta di Palermo è una scelta ambiziosa e ragionata.

Sicuramente il primo impatto con la piazza è stato subito positivo per tanti motivi: l’accoglienza di una piazza calorosa e bella che vive per il calcio. Mi ha aiutato anche il fatto di conoscere già diversi compagni e questo ha facilitato il mio inserimento.

Io sono sempre per mettere il <> davanti all’io e questo aspetto sarà importante anche in questa stagione per raggiungere il risultato che il Palermo vuole conseguire. Ho sempre messo al primo posto il gruppo, come l’anno scorso a Lecce o come ad Empoli. Per me la cosa più importante è la squadra: poi nel momento in cui c’è competizione e c’è questa voglia di migliorarsi ogni giorno aumenta il livello generale della squadra stessa”.

Una scelta sospinta come detto dall’ambizione e dalla volontà di assecondare la visione a lungo termine di una proprietà come il City Football Group che ha grandi piani per il Palermo.

Lo percepisci sia dalla presenza di figure importanti del City Football Group che ci seguono costantemente, come Brian Marwood (direttore responsabile dell’area sportiva del CFG [ndr.]), e da come è strutturato tutto l’aspetto organizzativo del club. Qui non manca davvero nulla. Sono arrivato più o meno in concomitanza con l’apertura del nuovo centro sportivo di Torretta, un posto veramente bello e funzionale nonostante sia ancora in fase di costruzione. Anche da questi aspetti si percepisce la voglia del City Football Group di aiutare il Palermo a crescere e la voglia dello staff di metterci nelle migliori condizioni”.

Senza perdere di vista l’equilibrio, aspetto fondamentale da mantenere sempre bene a mente in questa avventura.

Alla fine, penso che l’equilibrio è la cosa importante. Ogni anno è fatto di momenti belli, momenti meno belli, ma bisogna essere bravi ad affrontarli mantenendo un equilibrio nell’atteggiamento, nel modo di essere. Penso che questo aiuti ad avere sempre un certo tipo di atteggiamento nei confronti del proprio lavoro: mantenere sempre lo stesso impegno, la stessa voglia di fare nella maniera corretta. Noi sappiamo che abbiamo l’ambizione di fare un campionato per essere competitivi, per stare lì davanti ma sappiamo che è dura perché la Serie B è un campionato difficile e imprevedibile.

Ci sono tante squadre forti come Parma, Cremonese, ma anche Sampdoria e Spezia hanno giocatori importanti anche se sono partite un po’ a rilento.

Noi siamo in un percorso e dobbiamo mantenere equilibrio. La cosa bella, e importante, è che comunque lavoriamo tutti per crescere, dalla società ai giocatori fino allo staff. Si respira un’area di gente che comunque vuole migliorarsi e vuole dare il meglio per il Palermo”.

Tornando a parlare del Di Francesco uomo-squadra, si riflette sul concetto del “noi davanti all’io” come punto di partenza per creare un gruppo vincente.

Quando sei ragazzo, un calciatore di 20-21 anni, sei forse più focalizzato su te stesso. Il calciatore è anche normale che sia orientato spesso a sé stesso.

Io però credo che il calciatore cresca e migliori insieme alla squadra e se la squadra raggiunge gli obiettivi che si prefissa. Il calcio è un gioco di collettivo e quindi bisogna mettere al primo posto il gruppo. Quando ero ad Empoli abbiamo raggiunto un obiettivo importante come la salvezza con un gruppo fatto di persone con valori importanti e un mister che ha saputo valorizzare tutti. Penso che tutte le squadre debbano ragionare in questa direzione e anche questo Palermo deve avere questa mentalità”.

La squadra davanti a tutto è un concetto che anche i nuovi compagni di Federico sposano a pieno in questa nuova avventura e hanno sposato nelle esperienze passate, come Insigne e Lucioni.

Fabio l’ho visto alcune volte a Lecce l’anno scorso e abbiamo parlato. È una persona super positiva, un calciatore che sa come si vincono le partite. E quando ci sono personaggi di questa esperienza bisogna ascoltarli e seguirli. Lo stesso vale per Insigne, che ha vinto l’anno scorso e ha vinto in passato a Benevento. In questa squadra ci sono ci sono tanti giocatori che hanno qualità ed esperienza, calciatori che hanno mentalità. Penso che nel momento in cui poi si traccia una strada che è fatta di valori, di impegno, di voglia di fare le cose in una certa maniera, quella diventa la cosa più importante da perseguire”.

Non solo nuovi arrivi ma anche due pilastri già presenti nella scorsa stagione come il Mister Eugenio Corini e il Capitano-Bomber Matteo Brunori.

Il mister è una persona veramente a modo. Una persona molto rispettosa che comunque sa gestire bene il gruppo: riesce a trasmetterci tranquillità e le sue idee di gioco. È un allenatore che vuole sempre giocare a calcio, che vuole impostare l’azione da dietro e quindi cercare anche un calcio bello da vedere oltre che concreto.

Matteo lo conoscevo già perché l’anno scorso ho visto il campionato e mi ha sempre fatto una una grande impressione. Parliamo di un giocatore fondamentale per noi: un attaccante con grande senso del gol, che ha che ha colpi importante ed è bravo a legare il gioco. Tutte caratteristiche importanti per la squadra che fanno di Matteo un valore aggiunto”.

Un valore aggiunto importante lo sono certamente anche i tifosi, che stanno battento record su record in termini di presenze allo stadio anche in questa stagione.

24mila spettatori medi nelle 3 partite casalinghe giocate fino ad ora, dopo i 20.400 circa di media della scorsa stagione.

L’ambiente è qualcosa di unico perché comunque giocare davanti a 25mila persone e percepire questo entusiasmo da parte della piazza per un giocatore penso sia molto importante e gratificante.

Io ero stato a giocare a Palermo nel 2016 in Serie A però era un Palermo dove c’erano tanti problemi societari e avevo giocato in un Barbera semivuoto. Ritornarci a giocare dopo anni e vederlo così pieno con quei colori, con quel rumore è incredibile.

Alla fine è quello che ti impressiona, il il fatto di avere 25.000-30.000 lì tutti vicini che ti caricano e ti spingono dal primo all’ultimo minuto: penso che per un giocatore sia qualcosa di unico giocare in stadi così”.

Per chiudere l’intervista un pensiero e una battuta su due allenatori speciali per Federico. Uno lo ha avuto nella sua esperienza in A mentre l’altro lo conosce benissimo pur non avendolo mai avuto come allenatore: Roberto De Zerbi ed Eusebio Di Francesco.

Mister De Zerbi l’ho avuto come allenatore a Sassuolo e sapevo che sarebbe potuto arrivare a questo livello e per certi versi posso definirlo geniale. È un allenatore che pretende tanto ma che ha un modo di vedere calcio che è unico, e infatti lo sta dimostrando in Premier League.

Aveva già fatto capire a Sassuolo di essere un precursore perché ha portato avanti un’idea di calcio, già 5-6 anni fa, che io non avevo mai visto nelle esperienze che avevo avuto e questo mi ha anche permesso di aprire la mia testa e avere una visione diversa di alcune situazioni della partita. L’ho avuto solo un anno, e per certi versi può essere poco tempo, ma conservo un gran ricordo di lui sia umanamente che calcisticamente”.

L’ultima curiosità è sul padre Eusebio che, dopo qualche anno di difficoltà, si è rimesso in corsa sulla panchina del Frosinone.

Sicuramente stare a casa e non sul campo per un allenatore non è mai semplice, però io non avevo dubbi sul fatto che mio padre potesse rimettersi in corsa.

Molti si dimenticano comunque il percorso che ha fatto, ma più che da allenatore da uomo: ha ottenuto dei risultati importanti, prima da giocatore e poi da allenatore. I momenti di difficoltà capitano e comunque lui è stato bravo in questi due anni a capire i suoi errori, ad aggiornarsi, a mantenere la fiammella della passione sempre accesa.

Adesso ho avuto questa possibilità a Frosinone ed è partito molto bene. Sa che è comunque un campionato lungo e difficile però sicuramente a mio padre auguro il meglio perché se lo merita. Io sono il figlio e sono di parte però se lo merita come uomo e io faccio il tifo per lui”.

Ma c’è mai stato un momento in cui hai “rischiato” di essere allenatore da papà Eusebio?

Quando ero a Lanciano feci una bella annata in B e avevo avuto la possibilità di andare a Sassuolo, dove allenava mio padre. Alla fine andai a Bologna, però diciamo che non sarebbe stata cosa semplice gestire il rapporto padre-figlio in una situazione di allenatore-giocatore.

Ci sono alcune dinamiche della squadra non facili da gestire però lo vedo già tanto a casa e questo mi basta

Diciamo che incontrarvi in Serie A il prossimo anno sarebbe il massimo per entrambi? “Non dico nulla e non sbilancio (ride, ndr)”.

L’ultima giocata di questa intervista in cui Federico Di Francesco si trasforma in un attimo da attaccante a difensore.

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