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Errori arbitrali, per Rocchi sono stati solo 12 in tutta la Serie A: le parole su Var, proteste e razzismo

Il bilancio del designatore nella conferenza stampa di fine anno: l'invito a utilizzare meno il Var e la soddisfazione per i progressi su tempo di gioco e razzismo.

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

È stato un campionato disastroso, con un totale di 38 partite falsate – in media una per turno – e con moltissimi altri errori sul groppone, fortunatamente non determinanti. Per Gianluca Rocchi, però, come al solito il bilancio è più che positivo. Gli errori arbitrali determinanti, secondi i conteggi del designatore e dell’AIA, sono stati addirittura soltanto 12. Un terzo, anzi meno, di quelli effettivi. Numeri “snocciolati” quasi con orgoglio nel corso della tradizionale conferenza-bilancio di fine anno sulla stagione dei fischietti.

Rocchi su Open Var e la comunicazione degli arbitri

Rocchi parte dalla maggiore attenzione alla comunicazione da parte della categoria arbitrale: “Vi garantisco che andare davanti a una tv non è proprio semplice, ma ha avuto un grande vantaggio: ci ha costretti a lavorare ancora di più sulla comunicazione. Come esperienza è stata molto bella e ha permesso agli arbitri di far capire fuori dal nostro mondo come lavoriamo”. Quindi sui macro-obiettivi di inizio anno: “Dei cinque che ci siamo posti, uno non è stato raggiunto e siamo lontani. Gli altri sono o raggiunti o in raggiungimento”.

Razzismo: “Bravo Maresca, meglio anche il pubblico”

Grande attenzione da parte del designatore al tema razzismo: “Abbiamo avuto un caso, quello di Maignan a Udine, in cui Maresca è stato bravissimo. E anche Acerbi con Juan Jesus, ma parlo di rapporti tra pubblico e calciatori. Il pubblico come prima cosa si è comportato meglio: se stimolate, sul tema le persone danno risposte. Noi vorremmo avere zero casi, non uno, però possiamo farci un applauso tutti, come sistema calcio”.

Arbitri, le partite di Serie A in media durano 55 minuti

Quindi sugli aspetti legati a fischi, cartellini e tempo di gioco: “Abbiamo fischiato un po’ di più, ma ho detto ai ragazzi che hanno fatto benissimo, nelle ultime giornate si è registrato un abbassamento drastico del tempo di gioco. La media del campionato è stata di 55 minuti e 13 secondi, siamo saliti di quasi 4 minuti rispetto a due anni fa. A inizio stagione ero contentissimo perché stavamo sui 57. Anche sui rigori non abbiamo avuto grandissime problematiche, se si esclude l’episodio di Juve-Bologna. Siamo sotto la soglia europea sia sui rigori sia sui falli, ma anche su ammonizioni ed espulsioni”.

Var, troppe chiamate: per Rocchi bisogna usarlo di meno

Tema spinoso quello del Var: “Gli interventi sono stati meno dell’anno scorso ma possiamo far meglio, ci sono state giornate con nove interventi e non è un bel messaggio. Il mio obiettivo è mandare in campo ragazzi che arbitrino senza l’utilizzo del Var, o comunque che lo usino meno. Devono decidere in campo, il paracadute del Var non è per gli arbitri, ma per le squadre e i tifosi. Abbiamo riparato al 92% degli errori, mi chiedo come faceste a sopportare tanti errori… Penso a Inter-Verona, per esempio: è un episodio importante per un mancato intervento Var, ma forse 15 anni fa sarebbe stato un episodio singolo sul campo, senza il peso di oggi”.

Tutti gli errori ammessi da Rocchi: appena un terzo del totale

Ma in definitiva, quanti errori si riconosce Rocchi a nome della categoria arbitrale? Al termine del girone d’andata erano stati otto: “Nel girone di ritorno ne metto quattro, si è sentita la differenza, il cambio di passo, anche per alcune scelte di stringere la cinghia sulle designazioni. Ingerenze politiche? Le turbolenze ci sono state, anche perché gli arbitri sono esseri umani e come tali risentono delle tensioni. Con fatica, eppure ne siamo venuti fuori: la parte tecnica ha prevalso. Come mondo arbitrale più siamo uniti e meno siamo attaccabili, ci vuole più personalità e un rapporto diretto anche per non subire le proteste di calciatori o allenatori“.

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