Umile, genuino, ruspante, pragmaticamente ambizioso. In poche parole: un uomo di San Benedetto, uno del popolo. Tutto questo è Vittorio Massi, personaggio che emerge dal mondo del dilettantismo ed è pronto a recitare un ruolo da protagonista in Serie C, una volta conquistata l’agognata promozione. Figura da decifrare, ma non troppo, quella del presidente della Sambenedettese, una delle nove sorelle che hanno centrato il salto di categoria e adesso si godono il rito di passaggio, consapevoli di doversi adattare al nuovo palcoscenico. E con un presidente così, non divertirsi è davvero complicato.
Vittorio Massi a Virgilio Sport: “Umiltà e serietà i miei valori. E ora in C ci divertiamo”
A tutto Vittorio Massi. Dalla voglia di portare avanti un “calcio popolare” alla possibilità di avvicinare tante famiglie al mitico “Riviera delle Palme”, da sempre casa della Sambenedettese e ora presa d’assalto dai più piccoli. C’è una Serie C da affrontare al meglio, senza voli pindarici ma con l’auspicio di non essere una mera comparsa. San Benedetto, del resto, non lo merita dopo anni di sofferenza. E il “pres” ne sa qualcosa.
Presidente, impossibile non ripartire da due concetti a lei molto cari: tra interviste e discorsi fatti nell’arco della stagione, riemergono costantemente umiltà e serietà. Per lei, non possono essere due semplici parole.
“Il mio principio, umiltà e serietà. Me l’ha insegnato mio padre. Sull’educazione che ho avuto, ho impostato la mia vita e la mia vita di imprenditore e padre di famiglia. Cose che riporto anche nel calcio e nella Sambenedettese, nei valori del club e dell’ambiente”.
Il percorso a San Benedetto del Tronto non è stato privo di ostacoli, anzi. È una promozione che ha radici profonde ed è anche figlia degli errori del passato.
“Il primo anno siamo partiti con una velocità immane e quando si fanno le cose veloci qualcosa si tralascia. Abbiamo fatto degli errori e ce ne siamo accorti, correggendoli l’anno successivo. L’importante è la programmazione e avere gli uomini giusti al posto giusto. Questa è una mia prerogativa, ho trovato le persone adatte per ogni ruolo e siamo stati tutti vincenti alla fine.
Questa è la vittoria della gente del posto, della passione che covava in ogni abitante di San Benedetto e dintorni. La passione con cui sono cresciuto io, che viene trasmessa di padre in figlio e oggi ci sono solo famiglie allo stadio”.
Una cavalcata trionfale che l’ha portata a toccare con mano l’amore e la passione della gente. Un amore trasversale, che investe tutte le generazioni. C’è un gesto o un dettaglio che porterà nel cuore più di altri?
“Durante l’anno ho ricevuto tante persone che mi incontravano e mi ringraziavano. In tanti, mi dicevano che dopo tanti anni erano tornati allo stadio. Tantissimi davvero. Questa è la vittoria più bella. Ma la cosa più bella di tutte sono le lettere che mi hanno scritto i ragazzini, le conservo con grande passione, perché hanno trasmesso il loro amore su un foglio. Me le conservo gelosamente, perché ai tempi di oggi è cosa rara, non hanno usato tablet o computer. Hanno scritto le loro emozioni su un foglio, con la loro calligrafia da ragazzini, questa per me è la cosa più bella”.
È proprio questo il segreto della sua Sambenedettese?
“Noi siamo la grande passione, è la gente del posto, la gente del mare, la gente del porto. La gente che fa tanti sacrifici, grandi sacrifici, ma quando arriva allo stadio dimentica tutte le difficoltà. In uno stadio che è un monumento per noi, dove rimbomba tutta la passione. Il complimento più bello me lo fece un Sindaco una volta: quando gioca la Sambenedettese, trovo tre ore per stare con mio figlio e per vivere qualcosa con lui, dopo tanto tempo. Mi dicono anche che i vicini di casa non litigano più… I piccoli screzi non ci sono più, questo mi fa piacere”.
Poi c’è il campo e ci sono i due grandi protagonisti di questa stagione: mister Palladini, simbolo di San Benedetto, e il ds De Angelis. Com’è nato questo rapporto?
“Io ho sempre fatto un calcio dilettantistico, non conoscevo i personaggi. Palladini era famoso, uno degli ultimi giocatori ad uscire da San Benedetto, è stato anche capitano del Pescara, quindi era conosciuto e ho avuto modo di apprezzare le sue capacità. Lo abbiamo confermato perché è uno del posto e ha dimostrato di tenerci come noi e gli ha voluto bene anche la città. De Angelis l’ho conosciuto tramite Max Fanesi, altra persona di San Benedetto, e siamo andati subito d’accordo. Di solito, a pelle, non mi sbaglio. Dall’uomo al grande direttore sportivo, perché poi è tutta merito suo anche l’importante cessione di Lonardo all’Atalanta. E poi ci sono i giovani, quelli su cui bisogna lavorare e con cui bisogna crescere. Ne sta cercando altri in vista del prossimo campionato, sono quelli che mancano all’Italia calcistica, ma ha costruito una grande squadra lo scorso anno e si è visto”.
La Samba è in Serie C. E ora, che si fa?
“Beh, ora ci divertiamo, vediamo che succede. Il tifoso sambenedettese non è mai sazio, ma dopo tutte le annate che hanno passato, ricche di problemi, sono due anni che viviamo tranquillamente il calciomercato e il momento dell’iscrizione. Fino a poco tempo fa non era così scontato, hanno sofferto tanto. Adesso abbiamo preso il Riviera, stiamo cercando di organizzare degli eventi, per valorizzare questo mostro sacro”.
Lega Pro reduce da settimane turbolente, che hanno visto cadere società blasonate del calcio italiano. Il calcio sostenibile è utopia?
“L’importante è circondarsi di persone perbene e competenti. Stiamo cercando di fare questo per non farci male. La paura della novità c’è sempre, ma l’importante è fare le cose perbene e con passione. Poi, sì, il fatturato, i soldi, sono importanti, ma ci sono cose che vanno oltre e che alla lunga ti premiano. Si torna al concetto di umiltà e serietà, per fare le cose sempre in una certa maniera”.
A 39 anni dall’ultima volta, tornerà a giocarsi il sentitissimo derby tra Sambenedettese ed Ascoli, due squadre divise da un’antica rivalità.
“Questa è la bellezza delle cose. Sono il presidente che riesce a riportare il derby dopo 40 anni. Dev’essere un derby di festa, una giornata di festa, perché ci incontriamo tutti i giorni con i tifosi dell’Ascoli, sono anche miei clienti… È uno sfottò goliardico che ci portiamo dietro e alla partita ci possiamo dire di tutto, ma sogno sempre il giovane tifoso con la sciarpa rossoblù che va allo stadio con l’amico di giochi, anche con la sciarpa bianconera. Questo è il vero calcio. Sarà sicuramente un derby molto molto atteso, ma ci saranno altre partite importanti nell’arco del campionato. Speriamo che le autorità ci diano una mano affinché sia una festa di sport con entrambe le tifoserie. Derby atteso anche da tutta Italia, non solo dalle nostre parti”.
Nel futuro di Vittorio Massi non sembra esserci altro che la Sambenedettese. Ma una promozione così importante merita anche una dedica altrettanto speciale.
“Fra cinque anni mi vedo sempre qui, anche fra cinque anni, spero di rimanere qui, fuori dal Riviera delle Palme, in ottima salute e con un’ottima salute della Sambenedettese. La dedica va a mia moglie, che ci ha affiancato, che è un notaio della zona, una grande professionista, a cui ci siamo totalmente appoggiati e ci ha risolto tante castagne del fuoco. Ci ha messo la passione e non conosceva il calcio. Ora è una delle tante donne che si sono appassionate quando vengono al campo. Prima non sapeva nemmeno quale fosse il nostro portiere… Ora, quelle due ore allo stadio, anche per lei sono una seduta utile a staccare da tutto il resto e dagli impegni del resto della giornata. Serve a risparmiare una seduta da uno psicologo o uno psichiatra… Ti rilassa e ti appassiona, questo è il calcio”.