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Eurolega e Superlega, due mondi con tante differenze: perché i due modelli non sono coincidenti

La possibilità che nel calcio prenda vita la Superlega ricorda un po' quanto avvenne nel basket nel 2000 con la nascita dell'Eurolega. Ma ci sono molte differenze.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

In qualche modo la strada l’ha aperta l’Eurolega. Che no, non è propriamente simile a ciò che nelle intenzioni dovrebbe manifestarsi agli occhi del mondo del calcio con il nome di Superlega. Le assonanze fonetiche in qualche modo possono traviare, perché al netto dell’idea di base che c’è sullo sfondo (una lega in parte “chiusa” e in parte “aperta”) i due mondi di cui si parla sono diametralmente opposti. Però è facile immaginare che il board della Superlega applicata al calcio in un modo o nell’altro una sbirciata a quel che avvenne nel 2000 in campo cestistico lo abbia dato. E allora è giusto anche provare a tracciare un parallelo, benché i due mondi (questo va rimarcato) di punti in comune ne hanno veramente pochi.

Come nacque l’Eurolega: il “peso” delle leghe europee

La base di partenza è più o meno questa: l’indotto che una competizione del genere può creare e i “danni collaterali” che finirebbe per arrecare alle leghe e ai tornei già esistenti. Nel basket, quando nel 2000 venne fuori l’idea di creare una competizione fuori dall’egida FIBA, le leghe nazionali non avversarono il progetto, anzi cercarono di sfruttarlo per riceverne benefici in cambio.

Non è un dettaglio di poco conto: se oggi l’Eurolega è considerata a tutti gli effetti la competizione regina e non in contrasto con gli altri tornei continentali (la FIBA organizza la Champions League, che pure non è minimamente paragonabile a quella del calcio organizzata dalla UEFA e che quasi mai vede i campioni nazionali al via) è anche grazie a quella lungimiranza di quella scelta.

Di più: grazie all’indotto prodotto, l’Eurolega ha contribuito ad alzare il livello generale anche dei tornei nazionali. Basti pensare alle sfide in Italia tra Olimpia e Virtus, in Spagna tra Real e Barcellona, in Grecia tra Panathinaikos e Olympiakos, e via dicendo. Da minaccia, l’Eurolega è diventata la stella polare, e nessuno si sogna di riportare in auge la “vecchia” Coppa dei Campioni.

La grande differenza: il basket non muove soldi come il calcio

Nel calcio questa operazione sarebbe assai più complessa. Il problema principale è di natura economica: il progetto Eurolega nacque nel 2000 proprio per consentire ai club di monetizzare maggiormente a livello commerciale, specialmente per ciò che riguardava l’aspetto legate ai diritti tv. Ma le cifre generate dal basket non sono minimamente paragonabili a quelle del calcio, e il fatto che a livello televisivo la Superlega abbia promesso di far vedere le partite gratuitamente (la UEFA in questi anni è andata nella direzione opposta) dimostra che il tavolo del contendere è di tutt’altra natura.

C’è poi un altro aspetto di cui tener conto: seppur i contrasti tra Eurolega e FIBA restino ancora striscianti, è altresì vero che tutti gli introiti sperati non sono effettivamente mai arrivati ai club coinvolti nella competizione. Questo di fatto rende i 18 club un po’ più ricchi rispetto a tanti altri, ma non così sfacciatamente da creare una disparità così evidente. Cosa che per esempio già oggi accade nel calcio tra chi partecipa alla Champions League e chi ne resta ai margini (le altre due competizioni continentali a confronto generano briciole).

Il sistema delle licenze pluriennali e le 7 slot “aperte”

Non può passare inosservato un altro aspetto: l’Eurolega è figlia della volontà delle leghe europee dell’epoca di crearsi un torneo che potesse svicolarle dall’egemonia FIBA, e non una volontà dei singoli club. Il sistema a licenze (11 pluriennali, le restanti 7 in base ai risultati conseguiti in alcune competizioni collaterali, vedi l’Eurocup che è una sorta di Eurolega 2) ne ha fatto un torneo in parte chiuso e in parte aperto, ma che non ha inficiato troppo neppure sull’andamento delle competizioni nazionali, dove non sempre le squadre presenti nella massima competizione europea hanno saputo confermarsi al vertice (Milano ha vinto lo scudetto soltanto in 5 delle 16 stagioni in cui ha preso parte all’Eurolega, Bologna una volta su 4, peraltro datata 2001, agli albori del torneo).

E le famose 7 slot “aperte” non sono così appetibili: alcuni club che sono rimaste nella competizione una sola stagione hanno visto lievitare i costi, ma non altrettanto i ritorni. Ergo, a qualcuno nemmeno conviene partecipare all’Eurolega, concentrando le forze sulle competizioni nazionali e le altre europee (a costi inferiori).

Salvaguardare i campionati nazionali: il calcio può farlo?

Se il progetto Eurolega, pur con qualche dettaglio da limare, è risultato vincente, tanto da diventare l’alter ego alla NBA (per qualcuno si vede anche un livello di gioco superiore) è perché ha saputo attrarre i migliori giocatori, rendendo FIBA impotente e incapace di controbattere. Ma le leghe nazionali, che per prime hanno esortato al cambiamento, hanno supportato la novità e hanno saputo sfruttarne anche le ricadute sul proprio suolo.

Il progetto Superlega, al contrario, non è ben visto né dalle leghe, né dai club che ne resterebbero fuori e tantomeno dai tifosi, che già si sono schierati contro la nuova formula della Champions che dal 2024-25 prevede più partite, ma anche più confusione nei calcoli. Il tutto, peraltro, fatto allo scopo di assomigliare a quell’idea di Superlega che avrebbe voluto strutturare la massima competizione europea con un torneo in stile campionato.

Il rischio concreto è che i tornei nazionali potrebbero essere spazzati via sia a livello di interesse mediatico, sia di sproporzione a livello ripartizioni economiche. Questo a riprova del fatto che ciò che per il basket calzava a pennello, probabilmente nel calcio creerebbe maggiore squilibrio e minore competizione. E da guerra alla UEFA rischierebbe di tramutarsi in uno shock dai risvolti imprevedibili.

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